A Chernobyl senza corrente

Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per provare a mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia. Oggi parliamo dell’intervento dell’esercito russo a Chernobyl e della scelta di lasciare la centrale nucleare senza corrente elettrica.

Chernobyl è sotto il controllo russo dal 24 febbraio, il giorno stesso dell’invasione dell’Ucraina. Da pochi giorni, però, si trova senza energia elettrica e questo fatto potrebbe impedire il raffreddamento del combustibile nucleare esaurito. Sono bloccate anche le informazioni relative alla centrale che non sorpassano i confini dello Stato. Ciò causa grandi preoccupazioni per le possibili conseguenze sul piano nucleare.

Il Sole 24 Ore riporta subito le dichiarazioni dell’AIEA (Agenzia internazionale per l’energia atomica): «Nessun impatto critico sulla sicurezza» in quanto, vista la distanza temporale dall’incidente avvenuto a Chernobyl nel 1986, «il carico termico della vasca di stoccaggio del combustibile esaurito e il volume dell’acqua di raffreddamento sono sufficienti per garantire un’efficiente evacuazione del calore senza elettricità». Di tutt’altro tono la presa di posizione del ministro degli Esteri Ucraino Dmitry Kuleba riportata in seguito: «[l’interruzione della corrente] causerà a breve il blocco dei sistemi di raffreddamento dell’impianto di stoccaggio del combustibile nucleare, rendendo imminente la fuoriuscita di radiazioni».

Le diverse posizioni vengono riportate e confrontate, ma senza perdere di vista la gravità della situazione. Resta il fatto che l’interruzione dell’elettricità, che garantiva una fornitura ininterrotta all’impianto, «viola un pilastro fondamentale della sicurezza» nucleare.

Un taglio simile è presente nell’articolo di Tgcom24, che racchiude tutte le posizioni nel titolo: «La Russia prende Chernobyl (e la scollega), gli ucraini lanciano allarme fuga radioattiva ma l’Aiea rassicura: “Nessun pericolo”».

Viene riportato anche l’allarme di Energoatom, l’azienda di Stato ucraina che si occupa della gestione delle quattro centrali nucleari sul territorio ucraino. Accanto a ciò è di nuovo presente il ministro degli Esteri Kuleba. Su Twitter stabilisce il lasso di tempo prima che si verifichino – dalla sua prospettiva – danni irreparabili: 48 ore.

È presente anche la prospettiva tramite la portavoce del Ministero degli esteri di Mosca Maria Zakharova: «Stiamo prendendo tutte le misure necessarie per assicurare la sicurezza dei siti nucleari in Ucraina». Secondo questa fonte lo scopo della presa di Chernobyl e del blocco della corrente è evitare che i “nazionalisti ucraini” possano attingervi. Un modo di presentare gli eventi non lontano dalla linea comunicativa che i media russi stanno mantenendo in queste settimane. L’articolo si chiude con le già citate dichiarazioni dell’AIEA.

Emergono dei toni diversi leggendo Sky Tg24: «Ucraina, Kuleba: “Chernobyl è ferma, entro 48 ore potenziali perdite radioattive”». Si dà grande attenzione alle dichiarazioni di Energoatom e delle affermazioni dell’AIEA vengono riportate solo quelle più allarmistiche. I toni sono dunque accesi e si parla di un disastro imminente. La porzione finale del testo si concentra sul controllo di Chernobyl da parte dell’esercito russo, che risale al 24 febbraio, il giorno dell’invasione.

È allarmistico anche Il Corriere della Sera: «Chernobyl, la centrale nucleare “non comunica più”: “Si rischia il rilascio di materiali radioattivi”». La narrazione presente in tutto l’articolo è ricca di pathos. Si usano espressioni come «Un blackout militare, voluto. Un vuoto di comunicazioni che non può non mettere ansia», «terra malata, morta per secoli». e «Non era destino che ieri ci potessimo dimenticare di Chernobyl». I danni provocati dall’assenza di energia elettrica sono spiegati abbastanza nel dettaglio ma con grande enfasi: «Cosa significa? Non era già tutto fermo? Spento? Sepolto?».

In conclusione sono due le narrazioni dominanti, una più allarmistica e una più cauta. La prima dà grande spazio al pathos e alle dichiarazioni, provenienti dall’Ucraina, che denunciano all’attenzione internazionale un disastro imminente. La seconda riporta quasi tutti i punti di vista sui fatti e cerca di comprendere i possibili esiti nucleari senza abbandonarsi troppo alla sfera emotiva.

Leggo, scrivo e ne parlo. Sono una giornalista, un'insegnante. Mi occupo di diritti e conduco il podcast Cristianə a chi?

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