Anfibi sul campo, le missioni militari italiane all’estero

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” recita l’articolo 11 della nostra Costituzione. Negli ultimi anni l’impegno dell’Italia a “promuovere la pace” – come sancito sempre dal medesimo articolo della nostra Suprema Carta – ha visto le forze armate italiane ampliare sempre di più i propri compiti in diverse aree del mondo.
In base ad accordi internazionali e nel rispetto dell’interpretazione del dettame costituzionale, il nostro paese consente alle Forze armate, di polizia ed ai corpi civili di prendere parte ad interventi umanitari, organizzazioni internazionali, operazioni militari e civili.

Tre sono le tipologie principali di intervento dei nostri militari in terra straniera: operazioni di peacekeeping; di formazione del personale di polizia e militare di altri paesi; e infine di lotta al terrorismo e contrasto all’immigrazione irregolare.

Oltre alla cooperazione l’impiego dello strumento militare è volto a fronteggiare le sfide regionali che incombono sui confini del nostro Paese. Così, lo il 17 luglio scorso è stato votato dal Parlamento l’atto di proroga delle missioni internazionali che si rifà ad alcuni documenti precedenti, quali il n° XXV n°3 ed il XXVI n°3 con delibera del Consiglio dei Ministri del 21 maggio 2020.

Con la cosiddetta “legge quadro sulle missioni internazionali”, quattro anni fa sono state apportate modifiche al quadro operativo delle missioni internazionali. L’articolo 4 della legge n°145 del 2016 stabilisce sia l’instaurazione di nuove cooperazioni e sia la proroga di altre, già in corso di validità. Al suo interno è stata inserita la creazione di un fondo di finanziamento per i contingenti nei vari teatri operativi. Ogni anno vengono individuati, tramite una relazione tecnica, gli oneri finanziari da destinare a tali attività.
La legge sulle missioni internazionali adotta una scheda illustrativa che, in base ad ogni operazione in programma, stabilisce l’area geografica di intervento, gli obiettivi della missione, la base giuridica di riferimento, la composizione degli assetti da inviare e la durata programmata.

©Limesonline

Nel 2019 il Parlamento italiano aveva votato il rifinanziamento delle missioni all’estero, riconfermando sostanzialmente tutte quelle già in corso nel 2018, attuando però una redistribuzione delle forze in campo nei vari teatri operativi. Lo scorso anno il nostro paese è stato impegnato in 43 missioni in 23 Paesi, con il coinvolgimento di 6.290 soldati permanenti nelle varie missioni, più un altro migliaio per un tempo limitato per una consistenza massima di circa 7.400 unità per il 2019.

Ben 18 sono le missioni che coinvolgono truppe italiane nel continente africano, ma il maggior numero di truppe è destinato all’Asia, dove è stanziato il 46% dei nostri militari all’estero – il 34 in Europa e in Africa il 20%. Quasi il 40% dei soldati italiani coinvolti in missioni internazionali opera solamente in tre paesi: Libano – dove l’Italia ha il comando generale dell’intera missione ONU, con 1.200 soldati – Iraq ed Afghanistan – la missione che dura dal 2001.

Nel 2019 le missioni militari italiane nel mondo sono costate in totale 1 miliardo e 428 milioni di euro, di cui 1 miliardo e 56 milioni di costi per le missioni e 372 milioni di spese generali di supporto. Si tratta di una cifra record in un trend in continua crescita negli ultimi anni (nel 2014 si era ancora sotto il miliardo di euro). A queste cifre si sommano i 514 milioni di euro che l’Italia destina al budget per la cooperazione allo sviluppo. In pratica l’Italia per l’anno in corso ha stanziato 2 miliardi di euro, di cui il 75% per perseguire una serie di missioni militari e il restante 25% in attività di cooperazione e sviluppo. Occorre ricordare che il nostro paese spende per la Difesa circa l’1,15% del Pil, decisamente al di sotto della soglia del 2 per cento fissata dalla Nato per la difesa comune.

LE NUOVE MISSIONI 

Per l’anno 2020, è stato stabilito che, il nostro Paese parteciperà a ben cinque nuove cooperazioni di livello internazionale, suddivise in base al continente dell’area di impiego.

Mediterraneo: “EUNAVFOR MED Irini”
L’acronimo sta per European Union Military Operation in the Mediterranean e, oltre a subentrare alla precedente missione che veniva indicata con il nome “Sophia”, si pone l’obiettivo di contribuire all’attuazione dell’embargo sulle armi, imposto dall’ONU, nei confronti della Libia. L’impegno verrà fronteggiato con mezzi aerei, marittimi e dispositivi satellitari. Rispetto a “Sophia”, l’area di interesse sarà solamente la Cirenaica, che secondo fonti intelligence è la principale zona di concentrazione dei traffici di armi. I limiti sono il fatto di non poter operare all’interno delle acque territoriali libiche: le famose 12 miglia dalla costa.
Il contingente avrà al suo interno la Francia e la Grecia, per la parte navale, mentre la Germania, il Lussemburgo e la Polonia, per la parte aerea. Il nostro Paese garantirà entrambi gli assetti ma, in riferimento alla situazione Covid-19 ed in caso di operazioni di salvataggio, non sarà in grado ospitare persone salvate in mare, che verranno destinati ad altre nazioni.

Asia: “EUAM Iraq”
European Union Advisory Mission in support of Security Sector Reform in Iraq, una missione consultiva dell’UE a sostegno della riforma del settore della sicurezza civile. L’area di impiego è tra le più difficili della regione.
L’obiettivo è quello di garantire consulenza e competenze alle autorità irachene, per quanto riguarda gli aspetti relativi alla strategia di sicurezza nazionale per contrastare e prevenire il terrorismo, l’estremismo violento e la criminalità organizzata. Il focus principale è indirizzato al controllo ed alla gestione delle frontiere, ai reati finanziari, quali corruzione, riciclaggio di denaro sporco e traffico illecito di beni culturali.

Africa: “Task Force TAKUBA”
L’obiettivo prioritario di questa missione militare è quello di contrastare la minaccia terroristica nell’area del Sahel. L’Italia fornirà uomini, mezzi aerei e terrestri.
Il nostro contingente, già impegnato in Niger, partecipa anche ad altre cooperazioni in Mali ma, questa delicata area è una regione da cui hanno origine la maggior parte dei traffici e dei flussi migratori illegali, della violenza diffusa e del terrorismo, che impatta, successivamente, sul continente europeo. Ulteriori minacce sono rappresentate dai molteplici fattori che insistono nel Sahel, quali attivismo di gruppi armati di ispirazione salafita-jihadista ed aumento di conflitti comunitari dovuti a tensioni interetniche. Tra i numerosi insurgent terroristici emergono i JNIM, Jama’a Nusrat ul-Islam wa al-Muslim, connessi ad Al Qaeda e lo Stato Islamico, e ISGS, Islamic State in the Greater Sahara.
Questo ulteriore sforzo, si inserisce all’interno della “Coalizione per il Sahel” di cui fanno parte gli Stati aderenti al G5 (Mali, Burkina Faso, Niger, Ciad e Mauritania). La direzione di comando è a guida francese, con l’”Operazione Barkhane”, da cui Takuba dipende, e verrà espressa principalmente nell’area del Liptako Gourma, ma interesserà anche le nazioni interessate nell’area sahariana, con azioni di controllo dei confini.
Il mandato si estrinsecherà oltretutto con azioni di consulenza, supporto, assistenza ed addestramento delle forze armate locali e delle forze speciali locali.

Due missioni NATO:
1 – L’Impiego di un dispositivo aeronavale nazionale per attività di presenza, sorveglianza e sicurezza nel Golfo di Guinea.
L’obbiettivo è quello di tutelare gli interessi strategici nazionali nell’area, supportando il naviglio mercantile nazionale in transito, oltre che a rafforzare la cooperazione, il coordinamento e l’interoperabilità con la Nigeria e gli altri Stati rivieraschi. L’interesse nazionale, in questo caso coincide con attività di estrazione e sfruttamento di idrocarburi effettuate da ENI in piattaforme offshore. La minaccia principale è rappresentata dalla pirateria che conduce rapine a mano armata in mare.

2 – La Partecipazione di personale militare all’iniziativa della NATO Implementation of the Enhancement of the Framework for the South.
Questa missione si caratterizza con attività di formazione, consulenza, tutoraggio e supporto nello sviluppo di capacità per quanto concerne la sicurezza e la difesa del territorio ed è rivolta ai Paesi partner, situati lungo il fianco Sud dell’Alleanza, che richiedano sostegno.
L’obiettivo principale è la stabilità delle regioni interessate, contrastare le minacce alla sicurezza.

LE CONFERME

Diventano dunque in totale 48 le missioni, dislocate in aree di impiego e con obiettivi differenti: dall’Europa all’Asia, dall’America Latina e centrale all’Africa. Si passa dalla sorveglianza e pattugliamento alla formazione delle truppe locali, dal contrasto alla prevenzione di fenomeni terroristici al controllo dello spazio aereo e marittimo, fino alla cooperazione o il potenziamento dei vari dispositivi. Gli attori incaricati di garantire tutto ciò sono militari, civili, forze di polizia ma anche volontari impegnati nelle varie organizzazioni di promozione sociale, quali la Croce Rossa, ad esempio.

I TAGLI

Non hanno avuto esito positivo i rinnovi di due missioni, ossia quella multilaterale TIPH2 (Temporary Internation Presence) a Hebron, in Cisgiordania, e quella in cui veniva schierato un dispositivo NATO Support to Turkey, a difesa dei confini sud orientali dell’Alleanza, vicino alla frontiera con la Siria.
Quest’ultima si concretizzava per un supporto di assetti di artiglieria nella base militare turca di Kahramanmaraş.

Il dispiego di forze, sicuramente, non è di poco conto, in quanto la consistenza massima annuale complessiva dei contingenti delle Forze armate impiegati nei teatri operativi è di quasi 7.500 unità, con un aumento rispetto allo scorso anno.
Il fabbisogno finanziario, per la durata programmata, è pari complessivamente a euro 1 miliardo 113 milioni, nettamente inferiore a quello riferito all’anno precedente. Il budget stanziato è destinato alle Forze armate, che detengono la fetta maggiore, ma annovera anche forze di polizia, guardia di finanza e servizi segreti.

Considerando il punto di vista che il nostro Paese occupa nel palcoscenico internazionale, l’esborso non sembra essere eccessivo. L’Italia ha un ruolo di fondamentale importanza all’interno del Mediterraneo, oltretutto gli accordi con i vari attori internazionali cercano di collocare il Paese nella posizione tale da poter agire sui diversi tavoli strategici per l’interesse nazionale.

Data la situazione odierna, è impensabile chiudersi in sé stessi o isolarsi, non collaborando con altre potenze, in quanto si rischierebbe di compiere un dietrofront che potrebbe rivelarsi fatale. L’essere considerato ed interpellato a più riprese da attori, quali gli USA che – malgrado recenti revisioni – ricoprono da sempre un ruolo di primissimo piano in tutti i campi, è ragione di orgoglio e ci conferisce quel rispetto degno della nostra caratura.
Essere presenti in molte operazioni sparse per il mondo serve al Paese per orientare salvaguardare i propri interessi e tracciare una linea di politica estera, che piaccia o no deve comunque esistere.

Classe 1990, per tutti Scugnizzo, fin dalla nascita. Ho interessi che spaziano su vari argomenti: storia, sport, geografia, diritto, sociologia, psicologia, lingue, medicina, economia ed arte culinaria. Sono in possesso di due lauree, mi piacciono molto le lingue e parlo fluentamente inglese, spagnolo e portoghese. Amo viaggiare, leggere, scrivere e fare sport, infatti nel tempo libero mi diletto con il pugilato e seguo la mia squadra del cuore, il Napoli, sia in televisione che allo stadio: solo curva, il resto non conta.

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