Cilento: Aspetti sociali nella prima metà dell’ottocento

Il Cilento è un terra ricca di cultura e natura. Sin dai tempi antichi è stato abitato da popolazioni che hanno partecipato alla creazione del mondo Mediterraneo. Nel corso del Risorgimento ha contribuito a portare il sud nella storia dell’Unità italiana, ma qual era la reale condizione del popolo cilentano?

Il Cilento oggi

L’ otto dicembre 1816,  a seguito del riordino europeo dopo il congresso di Vienna, il regno di Napoli mutò denominazione in regno delle due Sicilie; ciò comportò la chiusura dell’antico parlamento siciliano, affermando così il primato di Napoli e della sua classe dirigente a danno di quella   siciliana.

Queste aspetti  vanno ad innestarsi con la situazione della società meridionale, per noi, in particolare del Cilento.

PRINCIPATO DI CITRA
Il Cilento nella carta amministrativa del Regno delle Due Sicilie

L’economia di questa remota zona della provincia di Salerno era prevalentemente agricola. La terra era l’unico bene che veniva anelato dalla popolazione cafona (L’accezione del termine è quello meridionale di contadino). 

Il periodo murattiano aveva creato delle aspettative non indifferenti. L’atto che animava i cuori dei cafoni fu quell’ abolizione dei feudi, data 2 agosto 1806,  che avrebbe garantito la  distribuzione delle terre.

Questo provvedimento fu accolto: con entusiasmo da parte dei contadini; con il timore di perdere i propri privilegi da parte della classe dominante. Il ceto dirigente fece di tutto affinché restasse solamente un enunciato all’interno di un codice!

Infatti, eliminando il baronato, per la logica  della circolazione delle élites, l’abolizione dei feudi favorì l’ascesa di una borghesia agraria, che manteneva  verso i contadini gli stessi atteggiamenti tenuti in precedenza dai baroni.

L’ascesa della borghesia  agraria creò un nuovo binomio estremo tra la variegata società meridionale: galantuomo/cafone, che sostituì l’antico barone/cafone. 

MOVIMENTI POPOLARI

L’estrema povertà era la condizione di tutta la popolazione contadina del principato di Citra a cui apparteneva il Cilento. Non esisteva uno sbocco economico al di fuori dell’auto sussistenza. 

Questo contesto alimentò il malcontento dei contadini, e la forma più comune di protesta fu l’occupazione delle terre. 

Le proteste più violente scoppiarono nel dicembre  1820 a Vallo della Lucania dove i contadini versavano in una situazione di esasperazione.

Queste proteste rivendicavano l’antico uso delle terre demaniali, lamentando il mancato uso da circa dieci anni. La notizia della rivolta vallese rieccheggiò per tutto il Cilento e l’occupazione dei demani si estese a macchia d’olio da Cannalonga, Ceraso e Novi fino a Torre Orsaia.

Simile fu l’introduzione di animali da pascolo in una tenuta di un nobile di Casalvelino, rivendicando l’antico diritto all’erbatico. 

A queste seguirono le più famose rivolte del 1828.

Canonico De Luca
QUALE RISORGIMENTO?

Si pone a questo punto per il lettore attento il dubbio su come questi eventi possano essere inseriti nell’alveo  della storia del Risorgimento?

Ogni classe sociale ha delle aspirazioni e dei bisogni da soddisfare. Mentre le classi definite liberali lottavano per sostituire l’ordine istituzionale, anche per fini meno nobili della creazione di uno stato unitario, attraverso le società segrete, i cafoni lottavano per portare a casa il tozzo di pane. 

Le sollevazioni del Cilento del 1848 hanno degli aspetti sociali e politici comuni a quelli delle grandi capitali europee, condizionate dalla politica austriaca continentale, baluardo dell’assolutismo monarchico. Le motivazioni che portarono all’insurrezione sono molteplici, talvolta connesse, talvolta indipendenti, ma tutte avevano come obiettivo la limitazione del potere assoluto del sovrano. Occorre sottolineare che le rivolte politiche  furono organizzate e propagandate da classi benestanti ed istruite, gli umili e ultimi furono talvolta strumenti, talvolta fedeli servitori dei loro padroni anche in campo politico. 

L’ANIMUS DEL POPOLO

Si evince che sussistono due livelli di analisi, a seconda della prospettiva della classe sociale presa in esame.

La media borghesia, la bassa ufficialità ed il piccolo Clero che anelavano la costituzione francese. I contadini che aspiravano a condizioni di esistenza più dignitose.

Spesso le reazioni al potere si sovrapponevano, spesso erano parallele: ai contadini poco interessava  chi fosse seduto sul trono di Napoli, loro sarebbero stati leali al re, lo dimostra l’attaccamento alla nuova dinastia dopo il 1861 culminata con i risultati del referendum istituzionale del 2 giugno 1946. 

La protesta contadina  non era mai diretta all’ordine istituzionale costituito, ma contro i soprusi della borghesia agraria, la quale tentò in tutti i modi di far passare  le proteste per la sussistenza come proteste politiche che avrebbero sovvertito l’ordine dello stato. Se fosse passata la linea dei contadini, essi avrebbero potuto ricevere il supporto dell’autorità, invece andarono a popolare le celle delle carceri di Vallo e di Salerno.  

Per approfondire:

Domenico Chieffalo, Cilento. Contadini, galantuomini, briganti.

Emanuele Di Muro. Si diletta a correre maratone attraverso i sentieri della storia.Il suo anno di nascita ha irrimediabilmente condizionato la sua propensione a elaborare strampalate previsioni geopolitiche.#Runninginhistory

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