Classico VS virale

Sono i giorni più tristi dell’anno, se diamo retta alla teoria del Blue Monday. L’umore è ai minimi storici. Vorremmo solo rilassarci davanti alla tv, o leggendo un buon libro. C’è solo un problema: non ne abbiamo nessuna voglia.

Siamo stressati da una grandinata incessante di cattive notizie, COVID, politica, cambiamento climatico, “le cavallette” (cit.). Il nostro bisogno di evadere è sempre più alto. Ma scegliere un prodotto di intrattenimento, spesso, è l’ennesima fonte di stress. Per non parlare del fatto che non riusciamo quasi più a immergerci completamente in una storia, a dimenticare il mondo esterno. Vorremmo mollare tutto, lanciare il pc dalla finestra, staccare la spina alla tv, lasciare che i libri prendano polvere sul comodino. E lo faremmo, se non fosse per la FOMO.

Una scena di “La Casa di Carta” – Credits: Antena3, Netflix, IMDB

La “fear of missing out”, cioè la paura di farsi sfuggire qualcosa di culturalmente rilevante, ci porta a credere che nulla sia peggio di non sapere di che parla l’hashtag più usato su Twitter. Perdersi la stagione di finale de La casa di carta equivale a uno stigma sociale. Con che coraggio possiamo ignorare l’ultima, acclamatissima puntata di Succession? O i nuovi romanzi di Sally Rooney e Hanya Yanagihara, accolti come capolavori prima ancora della pubblicazione? Riusciremo a capire il mondo, domani, se oggi ignoriamo la lista dei titoli più visti su Netflix?

Ho una notizia per voi: stare appresso a tutto questo non è possibile. Per fortuna, però, non è neanche necessario. “Staccare” leggendo un romanzo o guardando un film è ancora possibile. Semplicemente, basta che sia vecchio. Quando il presente è caotico, il futuro minaccioso e non riusciamo più a goderci nessuna novità culturale, possiamo trovare rassicurazione nelle storie del passato.

Vi piacciono il fantasy o l’horror? I Mostri della Universal e della Hammer Productions, tra gli altri Dracula, Frankenstein e l’Uomo Lupo, vi aspettano in tutta la loro gloria vintage. L’ultima serie che vi ha tenuto incollati allo schermo per tutto il giorno era Bridgerton? Forse recuperare le opere di Jane Austen o delle Sorelle Brontë potrebbe essere una buona idea. Se vi piace la docu-fiction su temi politici e sociali, i romanzi ottocenteschi russi e francesi come Germinale e Delitto e Castigo fanno al caso vostro. La fantascienza è più il vostro genere? Sarà anche futuristica ma ha una lunga storia, e qui potete leggere qualche buon esempio.

Christofer Lee nei panni del Conte Dracula – Credits: Hammer Film Productions

Non importa che di queste storie tutti conoscano la trama. Maggiore è la familiarità, maggiore è il senso di conforto che ci trasmettono. Sono pilastri della cultura popolare: sappiamo già come vanno a finire. Ma sono comunque in grado di sorprenderci, perché non corrispondono alle dinamiche narrative a cui ormai siamo tutti assuefatti: quelle che ci fanno indovinare sempre cosa sta per succedere, alla faccia di tutti i colpi di scena.

Certo, i tomi ottocenteschi e le pellicole in bianco e nero possono essere un po’ troppo per in nostri palati moderni. Ma a quanto pare, anche scrittori e cineasti a volte si stancano di inseguire la novità e preferiscono tornare ai classici. Molti di questi ultimi, se proposti al giorno d’oggi in una casa editrice o a un produttore cinematografico, non vedrebbero mai la luce del sole. Sfuggono ai rigidi canoni di “vendibilità” moderni, almeno sulla carta. Eppure funzionano ancora dopo centinaia, a volte migliaia di anni. Proprio per questo, agli occhi degli artisti di oggi, rappresentano sia una sfida con cui cimentarsi che una comfort zone, proprio come per noi semplici “consumatori”.

Negli anni, ci hanno regalato adattamenti, remake e riletture dei capolavori del passato. Alcune così iconiche da essere ormai classici a loro volta. Se per esempio amiamo i miti greci ma ci spaventa riprendere in mano l’Iliade, i romanzi di Madeline Miller sono un buon compromesso: dopo Achille e la maga Circe, sarà Persefone il prossimo personaggio rivisitato dalla scrittrice americana. Un personaggio così popolare, anche dopo migliaia di anni, da comparire ancora in graphic novels come Lore Olympus e musical teatrali come Hadestown.

Denzel Washington in “Macbeth” – Credits: A24, Apple Tv

Le opere di William Shakespeare, dalla loro prima stesura, non hanno mai smesso di ispirare nuovi adattamenti come il recentissimo Macbeth di Joel Coen. Oppure, per chi non ha paura di mescolare generi, epoche e una buona dose di sano trash, 10 cose che odio di te, commedia cult anni ’90 liberamente tratta da La bisbetica domata.

Persino le leggende del Ciclo Arturiano ritornano sempre, come nel bellissimo The Green Knight di David Lowery. Sembrano quasi frutto di una civiltà aliena ai nostri occhi, ma erano pop quando sono state scritte e possono esserlo ancora, nel senso migliore del termine. Questo è il pregio dei classici: non appartengono a una sola epoca, come molti prodotti virali che consumiamo oggi, che intrattengono per un giorno e poi si dimenticano facilmente. I capolavori del passato non sono mai “passati”: basta quel pizzico di novità, l’adattamento moderno, il miscuglio di stili, per rispolverarli e riportarli alla nostra attenzione. Dove li accogliamo a braccia aperte, felici, per un momento, di mollare la presa sul presente.

Post Scriptum

Non vi ritrovate nei classici a cui si accenna in questo articolo? Nemmeno uno dei titoli citati ha catturato il vostro interesse? Certo, perché questi sono i miei classici preferiti. Ma so che tutti hanno una lista di “classici nel cassetto”. Quel libro che avete sempre avuto intenzione di leggere ma ogni volta avete rimandato; quel vecchio film che tutti dicono sia un capolavoro, eppure ancora non vi decidete a vederlo. È la vostra occasione. Ignorate le novità, tornate indietro nel tempo, che sia di pochi anni o di mille. Le vostre povere menti stressate vi ringrazieranno.

Maria Antonietta Carroni (31), sarda nostalgica, romana per colpa di un master in cinema e tv. Inventa storie ma le piace anche commentare quelle degli altri. E usarle come occhiali per vedere meglio la realtà. “Siamo tutti storie, alla fine”.

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