Da Shatila all’Europa contro barriere e pregiudizi

Majdi percorre i vicoli laterali del campo di Shatila con una racchetta da tennis sotto braccio e il passo sicuro di chi ha deciso di combattere le ingiustizie e difendere i diritti della propria comunità. Lo incontro di fronte alla sede di Beit Atfal Assumoud, una delle principali ONG palestinesi in Libano, e da lì ci spostiamo all’ufficio della sua organizzazione. Di fronte a un caffè, mi racconta dei progetti che porta avanti, dai corsi di arte e di lingua alla distribuzione di medicine in collaborazione con Un Ponte Per e Mediterranean Hope.

Da oltre dieci anni, Majdi Majzoub è l’allenatore del Palestine Youth Club, una polisportiva rivolta ai giovani di Sabra e Shatila . La squadra maschile si dedica al calcio mentre le ragazze hanno scelto il basket. Majdi crede fortemente nel valore dello sport come aspetto essenziale nella vita di ognuno. “Fare sport significa sconfiggere la negatività e l’inerzia. Ho sempre pensato che fosse importante fare qualcosa per i giovani e soprattutto per le ragazze di Shatila. Nelle nostre squadre non conta la religione e uno degli obiettivi è sconfiggere il razzismo”.

A quasi quarant’anni dall’orrendo massacro perpetrato dalle falangi libanesi con la complicità dell’esercito israeliano, il campo palestinese di Shatila, nella periferia meridionale di Beirut, resta un luogo dimenticato in cui il tempo viene scandito dalle giornate di commemorazione che tengono in vita l’orgoglio e la resistenza del popolo palestinese. Sorto nel 1949 in seguito alla Nakba e all’esodo palestinese, negli anni il campo ha visto una crescita demografica incontrollata. Lo spazio a disposizione è limitato e per far fronte all’arrivo di nuovi rifugiati gli edifici si sono sviluppati verso l’alto, creando un fitto dedalo di vicoli in cui è spesso difficile scorgere il cielo. Lo scoppio della guerra in Siria, nel 2011, ha causato un nuovo esodo e oggi la presenza di siriani a Shatila è molto consistente.

Nel campo mancano i servizi essenziali e le condizioni sanitarie sono tuttora gravissime. La situazione è resa ancor più drammatica dalla crisi economica che da più di due anni ha colpito il Libano. La lira libanese ha perso più del 90% del proprio valore e accedere a cibo, gas e acqua potabile è ormai difficile per gran parte delle famiglie. Molte medicine, a Shatila come nel resto del paese, sono pressoché introvabili.

Ancora oggi, la mancanza di diritti civili e il divieto di accedere a decine di professioni proiettano gli abitanti del campo in un vortice di emarginazione e isolamento con cui si è costretti a fare i conti fin dalla giovane età. L’assenza di spazi sociali e l’impossibilità di trovare valvole di sfogo sono uno dei tanti problemi che affliggono gli abitanti di Shatila, a partire dai più giovani. Per le donne del campo, in particolare, gli stereotipi e i pregiudizi rimangono parte di una cultura che si inasprisce per la chiusura fisica e le condizioni vita oltre il limite.

Nel 2016, per donare positività e entusiasmo alle ragazze di Shatila, è nato Basket Beats Borders, un progetto transnazionale che lega la squadra femminile del Palestine Youth Club a realtà europee di sport popolare. Il progetto è nato grazie all’incontro tra Majdi e un gruppo di cooperanti italiani, e dal 2016 ha permesso alle ragazze di viaggiare in Italia, Irlanda e Spagna. L’entusiasmo e le conoscenze messe a disposizione dagli ideatori del progetto aiutano le ragazze a fare conoscere la propria realtà e a rompere l’isolamento e il pregiudizio che da sempre segnano la vita degli abitanti dei campi.

“Stiamo costruendo legami che dureranno per sempre e vanno oltre lo sport”, mi confida Marwa Hamdan, 21 anni, una delle giocatrici della squadra che incontro sul campo di basket di Qasqas, a pochi metri da Shatila. Marwa porta l’hijab, e giocando è riuscita a vincere la diffidenza di chi non la considerava adatta a fare sport. “Il basket mi aiuta nelle relazioni sociali, e mi ha reso una persona più sicura e consapevole. Viaggiando speriamo di far conoscere il più possibile la nostra realtà all’estero e in Europa. Crediamo di poter essere un esempio per tante realtà rimaste ai margini ”.

Le ragazze si allenano due pomeriggi a settimana a Qasqas, prima che, al calar del sole, il buio riprenda possesso di una Beirut stremata da più di due anni di crisi economica, sociale e politica. Dalla periferia della martoriata capitale del paese dei Cedri, dal 16 all 27 giugno le giocatrici del Palestine Youth Club si trovano a Madrid per incontrare diverse realtà di sport popolare e far conoscere al mondo esterno la propria storia di riscatto. Il programma della rassegna prevede la partecipazione di diverse squadre locali, con partite amichevoli e non, iniziative aperte al pubblico e vari momenti di condivisione su temi che vanno oltre lo sport.

Il viaggio è stato reso possibile da un crowdfunding che ha superato i 4000 euro e ha visto il coinvolgimento di associazioni di diverse nazionalità. In un paese come il Libano, dove corruzione e clientelismo sono realtà consolidate da decenni, il lavoro delle organizzazioni e degli attivisti resta come ultimo argine all’oblio e all’isolamento. A settembre, come ogni anno, si terranno le commemorazioni per l’anniversario del massacro di Sabra e Shatila, che vedranno la partecipazione di realtà italiane ed europee.

L’auspicio è che il viaggio delle ragazze del Palestine Youth Club possa aiutare consolidare i legami di solidarietà internazionale e contribuire a riportare i riflettori su una periferia del mondo che da troppi anni è condannata all’isolamento.

Classe 1989. Ho studiato scienze politiche e cooperazione internazionale. Appassionato di montagna e di sport, seguo e studio la realtà mediorientale

Post a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

la tua finestra sul mondo

Iscriviti alla newsletter:

    SEGUICI: