Il caso Depp-Heard: l’esposizione mediatica per vendicarsi del Me Too

Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per provare a mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia. Oggi parliamo del processo per diffamazione che ha coinvolto Johnny Depp e Amber Heard. Il tribunale non si è mai espresso sulla violenza domestica.

Mercoledì 1° giugno si è concluso il processo per diffamazione tra l’attore Johnny Depp e l’attrice Amber Heard. I due sono stati sposati e il loro scontro in tribunale è iniziato dopo un articolo firmato da Heard sul Washington Post in cui l’attrice afferma in modo velato di aver subito violenza da parte di Depp, di cui non viene fatto il nome. L’ex marito sostenne subito di essere lui la vittima di violenza e che l’articolo gli avesse rovinato la carriera. Il processo è stato estremamente seguito negli USA e in tutto il mondo, anche grazie all’enorme copertura mediatica. Ampie porzioni sono state infatti trasmesse su YouTube e in TV.

Heard chiese il divorzio da Depp nel 2016, con l’aggiunta di un’ordinanza restrittiva e accusandolo di violenza domestica. Il processo, però, venne sospeso. Sempre nel 2016 i due trovarono un accordo di divorzio e Heard ritirò le accuse con la clausola che non le avrebbe più potute ripresentare.

I due tornano in tribunale nel 2018 quando Depp accusò di diffamazione la News Group Newspaper, l’azienda che possiede la testata The Sun, la quale aveva definito l’attore wife beater. Il processo si concluse nel 2020 con la vittoria del giornale. Nel frattempo, però, Depp accusò Heard di diffamazione per quell’articolo uscito nel 2018 sul Washington Post. Proprio quest’ultimo è il processo appena conclusosi con la vittoria dell’attore.

Come ne ha parlato la stampa italiana?

L’articolo dell’Ansa si apre con un titolo chiaro e riassuntivo: “Johnny Depp ha vinto, Amber Heard lo ha diffamato”. L’apertura viene lasciata alle dichiarazioni di Heard dopo la lettura della sentenza: “È un passo indietro per tutte le donne. Un ritorno all’epoca in cui una donna che avesse osato denunciare violenze veniva messa alla gogna”. E subito dopo l’attenzione torna a Depp, definito “l’ex Pirata dei Caraibi”.

La testata si concentra sulla cifra stabilita dal tribunale per la diffamazione per poi passare alle vicende matrimoniali e legali tra i due attori, chiamati unicamente con il nome proprio. L’articolo si conclude con la descrizione di Heard e della folla contenuta in attesa del verdetto. Tra i presenti “una donna ha in mano un cartellone decorato con cuoricini e la scritta ‘Giustizia per Johnny’”.

La Repubblica, invece, inserisce nel titolo le parole con cui Depp ha accolto la vittoria: “Mi è stata restituita la vita”. L’articolo si apre poi con “i primi commenti di Johnny e Amber”, chiamati nuovamente con il nome proprio. Viene inoltre ricordato che anche Depp deve un compenso a Heard e sempre per diffamazione. “Dunque, a conti fatti, a Depp andranno 8 milioni e 350mila euro”. La testata ripercorre inoltre gli eventi antecedenti al processo, il licenziamento dell’attore dal cast di Animali fantastici e il sostegno datogli dai fan durante l’iter legale.

Domani sceglie un altro punto di vista, racchiudendolo con il titolo: “L’assoluzione di Johnny Depp non ci assolve. Dobbiamo prevenire la violenza”. Evidenziando l’impatto mediatico dello scontro in tribunale tra i due ex coniugi, si ricorda che “la sentenza è stata recepita come la prova provata che anche le donne talvolta mentono. […] Ma anche un duro colpo alla certezza per le donne di essere ascoltate e credute quando denunciano le violenze subite”.

Viene sottolineato un aspetto centrale e spesso dimenticato quando si osserva il processo Depp-Heard. Il tribunale si è espresso unicamente sulla diffamazione, non sulla violenza domestica. E questo perché l’attrice non ha mai denunciato. Ha consegnato le sue accuse al già citato articolo del Washington Post senza poterle corroborare con delle prove ed esponendosi così alla denuncia per diffamazione.

L’articolo si interroga sulle ragioni per cui non c’è stata una denuncia: “perché la violenza domestica non è facilmente dimostrabile e i tribunali si sono mostrati incapaci di affrontare il fenomeno. Perché […] temeva di non essere creduta, non voleva imbarcarsi in un estenuante processo e subodorava quale fosse il potere finanziario contro cui andava a scontrarsi”. Questo dovrebbe permettere di accogliere la sentenza definitiva in cui si condanna Heard per diffamazione. Allo stesso tempo, però, la vicenda non andrebbe utilizzata come un terribile precedente per togliere validità a tutte le donne che d’ora in avanti racconteranno di aver subito abusi.

Infine Fanpage.it pone in risalto l’inchiesta realizzata da Vice News, che dimostra l’impiego di decine di migliaia di dollari per una propaganda anti-Heard da parte di piattaforme conservatrici come The Daily Wire. L’obiettivo era diffondere contenuti negativi sull’attrice anche attraverso l’uso di bot. Non la vicenda di per sé, ma la sua esposizione mediatica è diventata, infatti, una sorta di vendetta post Me Too, essendo Heard vista come una rappresentante del movimento. Da una parte dell’opinione pubblica la sua sconfitta è stata preannunciata e accolta come la sconfitta dell’intero Me Too.

Proprio per questa ragione il racconto che i media e i social hanno fatto del processo è stato estremamente parziale. “Che si parteggi per Depp o per Heard, sembra che a contare non siano le testimonianze o le carte, ma il linguaggio del corpo di tutti, dagli imputati agli avvocati. Si sta costruendo un’impalcatura sui non detti che ricorda, e non a caso, certe teorie cospirazioniste in cui c’è una realtà dei fatti che viene totalmente ignorata per insistere su congetture costruite sul nulla. […] Nessuno sembra in grado di riconoscere le uniche verità che emergono con chiarezza da questo processo: che tutti possono mettere in atto comportamenti violenti e abusanti, che le relazioni possono diventare tossiche e dannose, che la spettacolarizzazione della sofferenza altrui è atroce”.

Infine si sottolinea come Heard sia diventata una perfetta trainwreck, una donna di successo che cade in disgrazia e di cui al pubblico piace guardare la rovina. Questa è la ragione per cui talvolta l’astio nei suoi confronti non si cela sono nei contenuti di stampo conservatore, ma anche in quelli progressisti e che addirittura si dichiarano femministi.

Leggo, scrivo e ne parlo. Sono una giornalista, un'insegnante. Mi occupo di diritti e conduco il podcast Cristianə a chi?

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