Il Grande Gioco Mediterraneo

Le operazioni militari della Seconda Guerra Mondiale misero in risalto l’importanza del mar Mediterraneo in un conflitto su vasta scala. Il controllo del mar Mediterraneo portava con sé importanti sviluppi strategici. Londra poteva riprendere il Grande Gioco per il controllo delle rotte attraverso il canale di Suez, gli interessi petroliferi in Medio Oriente e la creazione di basi militari che potessero essere usate per intervenire nell’area europea e mediorientale.

GLI ATTORI PRINCIPALI E LA POSTA IN GIOCO
LA GRAN BRETAGNA

I più sensibili alla sistemazione del Mediterraneo e della libertà di navigazione dopo la Seconda Guerra Mondiale, furono i britannici. Londra era uscita dal conflitto piegata economicamente, mentre il grande sistema imperiale iniziava a scricchiolare. Per questo motivo occorreva rimettere in moto il Grande Gioco, ma questa volta per il Mediterraneo.

Il nazionalismo arabo che fino ad allora era stato utilizzato come instrumentum regni iniziava a rivoltarsi contro i sudditi di sua maestà e la nascita della Lega Araba – il 22 marzo 1945 – fu il suggello delle nuove istanze. La Lega nasceva per favorire l’indipendenza dei paesi arabi ancora sotto il controllo straniero e per impedire la creazione dello Stato ebraico in Palestina. Le richieste arabe trovavano nella Carta di San Francisco un supporto fondamentale. Questa prevedeva, per i mandati della Prima Guerra Mondiale, una transizione verso l’indipendenza oppure un regime di Amministrazione Fiduciaria.

La crisi in Egitto rendeva fondamentale la revisione dell’assetto del Mediterraneo centro-orientale per mantenere sotto controllo la libertà di navigazione del naviglio britannico.

GLI OBIETTIVI STRATEGICI

Il disegno strategico di Londra prevedeva uno spostamento del baricentro imperiale dal Medio Oriente all’Africa, spostando il quartier generale dalla Palestina al Kenia. Londra avrebbe voluto creare nel Corno d’Africa una Grande Somalia mentre in Libia avrebbe voluto mantenere le posizioni in Tripolitania e Cirenaica, lasciando il Fezzan alla Francia.

In questo disegno strategico risultava fondamentale sistemare i territori coloniali italiani.

Colonie Italiane: Il Grande Gioco Mediterraneo

La Gran Bretagna voleva ingabbiare la Russia attraverso una serie di posizioni privilegiate. Occupava già Cipro e aveva una presenza militare in Grecia. Strategicamente, anche grazie ai mezzi aereo-navali, avrebbe potuto contrastare agevolmente le unità sovietiche in uscita dagli stretti del Bosforo e dei Dardanelli. Per questo motivo la politica britannica era molto attiva negli affari politici di Atene. Oltre alla Grecia, la politica britannica si affidava all’Iran, anche per l’approvvigionamento energetico e alla Turchia, la cui stabilità era fondamentale per il contrasto alla Russia, in particolare nell’area del Mar Nero. Londra cercava di ripetere il Grande Gioco anche tra le acque del Mediterraneo.

Il Grande Gioco Mediterraneo in Libia

L’UNIONE SOVIETICA

Dal canto suo l’Unione Sovietica premeva per ottenere delle posizioni nel centro nel Mediterraneo Orientale. Le sue richieste arrivavano a chiedere di potersi installare in Tripolitania e nelle isole del Dodecaneso per bilanciare il Grande Gioco mediterraneo. I russi adducevano come motivo di aver contribuito pesantemente alla vittoria nella Seconda Guerra Mondiale, per questo chiedevano a pieno titolo un posto nei mari caldi.

La soluzione del problema coloniale italiano, in particolare la Tripolitania e le isole del Dodecaneso, era strettamente connessa con la sistemazione della penisola Balcanica. Mosca poteva vantare la presenza diretta o indiretta in Jugoslavia e Albania, dove poteva sfruttare le basi di Valona e Cattaro. La politica sovietica aveva come obiettivo quello di stabilizzare la propria area di influenza dalla Romania e Bulgaria fino all’Adriatico, motivo per cui rimaneva ancora aperta anche la questione di Trieste – importante anche per gli aspetti commerciali – a cui bisognava aggiungere i porti di Pola e Monfalcone.

LE RICHIESTE TERRITORIALI RUSSE

La rivendicazione sovietica delle isole del Dodecaneso avrebbe agevolato il controllo del traffico verso gli stretti, consentendo anche di piazzare dei capisaldi nel controllo aereo-navale dell’area. Questo aspetto confermava quanto già proposto da Mosca a Yalta con la revisione della convenzione di Montreux sulla libera navigazione degli stretti del Bosforo e dei Dardanelli. Le richieste sovietiche erano collegate alla tensione con la Turchia per il transito da e verso il Mar Nero. Per questo motivo vi fu anche uno scambio acceso di note diplomatiche nell’agosto del 1946.

Divisione dell’Europa in blocchi di influenza
LE LUNGHE TRATTATIVE
TRA COLLOQUI DIPLOMATICI E LA COMMISSIONE INTERNAZIONALE

La firma del trattato di pace con l’Italia non risolse il problema. La cosiddetta Dottrina Truman non fece altro che complicare la situazione. Gli Stati Uniti cercavano di tutelare i propri interessi, soprattutto petroliferi, senza mai avanzare richieste territoriali, fedeli al loro formale anticolonialismo.

Le principali nazioni vincitrici della Seconda Guerra Mondiale (USA, URSS, Regno Unito e Francia) non trovarono un accordo. Tra il marzo 1947 e il settembre 1948, i ministri degli esteri e i loro sostituti tennero diversi incontri per cercare di risolvere la questione. Venne costituita una Commissione d’inchiesta, voluta anche dalla Lega Araba, volta a saggiare le intenzioni delle popolazioni. Fu durante l’inchiesta della commissione che si verificarono i fatti noti come “Eccidio di Mogadiscio” dell’11 gennaio 1948.

Il 1948 fu importante anche per via delle elezioni politiche italiane, spostando il Grande Gioco negli affari interni di Roma. La vittoria della Democrazia Cristiana diede sollievo alle potenze occidentali che iniziarono a vedere un’Italia sempre più integrata nel sistema che una serie di iniziative diplomatiche e politiche andavano costituendo: colloqui per ingresso nel Patto di Bruxelles, Consiglio d’Europa, Patto Atlantico.

Il fallimento della Conferenza di Parigi dei Ministri degli esteri (13-15 settembre 1948) portò la questione coloniale italiana all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. In tale consesso iniziarono a delinearsi anche i blocchi dei paesi filo occidentali e quelli filo sovietici.

VERSO LA SOLUZIONE

La Gran Bretagna provò a guidare le decisioni dell’Assemblea nella sessione primaverile del 1949, attraverso l’accordo segreto Bevin-Sforza (ministri degli esteri di Gran Bretagna e Italia). Questo accordo prevedeva per la Libia una sparizione a tre, suddivisa in mandati su base geografica, tutti sottoposti alla supervisione del Trusteeship Council delle Nazioni unite. Il piano prevedeva la Cirenaica amministrata dalla Gran Bretagna, il Fezzan dalla Francia e la Tripolitania dall’Italia. A questa proposta si contrapponeva quella dell’ Unione Sovietica che ipotizzava la Libia divisa in tre amministrazioni mandatarie sotto controllo di Mosca, Londra e Parigi.

L’Italia iniziava a credere seriamente di poter tornare in Africa, sicura anche del buon lavoro di propaganda con i paesi sudamericani, ma vide fallire la proposta, così come la Gran Bretagna, sponsor principale dell’accordo. L’assemblea venne così riaggiornata nell’autunno del 1949.

Il fallimento dell’accordo fece emerge per la prima volta il movimento della decolonizzazione, supportato dalla Lega Araba e da Paesi di recente affrancamento e dal blocco sovietico.

LO SCONTRO PER IL CONTROLLO DELLA LIBIA

Con la risoluzione 289 del 21 novembre 1949, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite assegnò la Somalia all’Italia in Amministrazione Fiduciaria Internazionale; dichiarò la Libia indipendente non più tardi del 1° gennaio 1952 e l’Eritrea federata all’Etiopia.

Nella fase di transizione l’amministrazione della Libia fu affidata ad un Consiglio di dieci membri. Il consiglio era composto dai rappresentanti di Cirenaica, Tripolitania e Fezzan, oltre che da un rappresentante per le minoranze libiche. Ai libici nel Consiglio vennero affiancati dei rappresentanti dei governi di Italia, Egitto, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Pakistan. Al fine di monitorare il processo di transizione verso un governo autonomo libico, l’Assemblea generale delle Nazioni unite nominò l’olandese Adrian Pelt come commissario internazionale.

L’INDIPENDENZA LIBICA

Il nuovo stato libico venne affidato alla confraternita senussita, che proclamò Idris I re della Libia il 24 dicembre 1951. Ciò mantenne così fede alle promesse fatte dalla Gran Bretagna fin dal 1942 al capo della Senussia diventato Re. Il carattere della politica estera di Idris si dimostrò subito allineata alla Lega Araba dove entrò nel 1953; verso l’occidente fu molto aperta, fornendo persino alcune basi militari a USA e Gran Bretagna, mentre si mantenne defilato nei confronti dell’Unione Sovietica.

Si concludeva così una delle ultime partite del Grande Gioco mediterraneo dell’Impero Britannico che aveva ormai ceduto il passo a quello Informale Americano.

PER APPROFONDIRE

  • Saul KELLY, Cold war in the desert. Britain, the United States and the Italian colonies, 1945-52, London, Macmillan press LDT, 2000;
  • Roger LOUIS, The British Empire in the Middle East. Arab nationalism, The United States, an post war imperialism, Oxford, Clearendon Press, 1998 (2^ed.)

Emanuele Di Muro. Si diletta a correre maratone attraverso i sentieri della storia.Il suo anno di nascita ha irrimediabilmente condizionato la sua propensione a elaborare strampalate previsioni geopolitiche.#Runninginhistory

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