Il problema droga nell’esercito di leva

A cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, all’interno delle Forze Armate italiane si accese un dibattito relativo all’ uso di sostanze stupefacenti.
L’analisi militare era focalizzata sulla necessità di mantenere la struttura militare efficiente, pertanto l’alterazione dello stato d’animo e della percezione del pericolo poteva mettere a repentaglio il compimento del dovere primario del soldato. 

Di fronte a questa prima e importante motivazione, si ricorreva spesso alla mistificazione del fenomeno, facendolo rientrare nell’eterna sfida generazionale, adducendo alla sempiterna “perdita di valori da parte dei giovani”. La narrazione delle motivazioni che inducevano al consumo di droga era ancora legato ad aspetti della personalità, quali la fragilità dell’individuo di fronte al soddisfa­cimento delle sue esigenze primarie attraverso esperienze sostitutive caratte­rizzate da artificiosità e provvisorietà, lasciandosi andare a un edonismo su­perficiale e fittizio.

Tralasciando gli aspetti psicologici, è opportuno descrivere come l’organizzazione militare abbia cercato di limitare e sradicare il consumo di stupefacenti da parte dei militari.

GLI ASPETTI OPERATIVI

Come già accennato, l’obiettivo principale era il mantenimento dell’efficienza dello strumento militare, un’efficienza del servizio fortemente intaccata anche dallo stato di ebbrezza. 
Il primo controllo sull’assunzione di sostanze illecite veniva effettuato durante le visite di selezione, ma molto spesso, alcuni soggetti superavano tale selezione e venivano inseriti nelle liste di leva per l’incorporamento. Venne così individuato come principale strumento di controllo l’attività di prevenzione, attraverso una serie di misure e informative.

Servizio militare obbligatorio, i tre giorni della visita di leva, distretto militare di Como 1992

I primi modelli di intervento consistevano nella ricerca dei fattori di rischio al disagio giovanile e dei gradienti di vicinanza alla droga, attraverso l’attività di consultorio.
Un secondo momento andava ad agire nell’attività di repressione allo spaccio di sostanze stupefacenti. 
L’attività principale rimaneva quella informativa volta a rendere consapevole il giovane militare sui rischi nell’assunzione di sostanze stupefacenti, soprattutto in relazione al compito che stava per svolgere nella salvaguardia dell’unità e dei propri commilitoni. 
La normativa militare sanzionava e tutt’ora sanziona il militare che svolge le sue funzioni in stato di alterazione: siano esse dovute all’assunzione di sostanze stupefacenti o alcoliche.

LE MISURE DI PREVENZIONE

Per mitigare il fenomeno vennero presi in considerazione i fattori di rischio per monitorare l’andamento del fenomeno. La prevenzione si fondava su moduli informativi rivolti alla popolazione giovane in procinto di essere chiamata per il servizio militare, al fine di illustrare il fenomeno e le dinamiche relative all’uso e abuso di sostanze stupefacenti.   

L’approccio militare oscillava tra il paternalismo e la necessità dell’organizzazione di mantenere i ranghi efficienti e coesi. Di fatto, l’azione prevedeva l’individuazione di soggetti potenzialmente inclini all’uso di stupefacenti per motivazioni varie, che venivano analizzate in sede di valutazione dei rischi. 

Il fatto di entrare in una comunità ampia era considerato un fattore di rischio a cui veniva aggiunto l’ambiente sociale di provenienza e il substrato culturale. Questo rendeva l’esercito un ambito di studio e ricerca, in quanto costituito da elementi variegati e differenti, di fatto molto spesso il fenomeno droga si evidenziava già al momento dell’ingresso al corpo.

Minimizzare i fattori di rischio divenne il compito della linea di comando che era deputata a controllare e seguire le reclute durante tutta la giornata. L’azione dei comandanti era quella di individuare i giovani “problematici” già vicini al fenomeno della tossicodipendenza. Questa attività era utile per il monitoraggio, ma non sempre poteva ottenere i risultati sperati quando si doveva passare all’azione di limitazione e repressione. 

Di fatto, il controllo e la necessità di mantenere uno strumento efficiente non era spesso in linea con i metodi clinici per l’approccio alla lotta alla tossicodipendenza. L’atteggiamento autoritario poteva essere considerato un fattore di rischio, ma non poteva essere mitigato in quanto parte essenziale dell’attività di comando. L’unico ambito in cui si poteva agire era la programmazione e strutturazione del tempo libero, in quanto alcuni fattori di rischio non erano espressamente legati alla vita in caserma ma al senso di isolamento avvertito dai giovani militari che si trovavano in ambienti nuovi che non erano in grado di soddisfare i propri bisogni. 

Immagine di una visita di leva tratta da Corriere.it
INFORMARE E NON REPRIMERE

Oltre all’attività interna ai corpi, mediante seminari, lezioni e attività pratiche, vennero anche messe in atto misure informative attraverso gli organi di pubblicistica quale la Rivista Militare, strumento informativo ad ampia diffusione, che affrontò la tematica, dedicando nel 1984 un fascicolo speciale al problema della droga.

Le campagne informative sono state il punto cardine dell’azione militare in campo di stupefacenti e tossicodipendenza. Basate sulle differenze dell’uditorio e proposta in maniera “orizzontale” escludendo la linea gerarchica, la campagna informativa avrebbe raggiunto lo scopo prefissato e informato il giovane militare sui rischi relativi all’assunzione e all’eccesso di sostanze stupefacenti.    

Accanto all’informazione vennero istituiti dei consultori psicologici che, a contatto con il mondo “civile”, avrebbero aiutato nella sensibilizzazione sulla problematica. 

I metodi delle Forze Armate nel limitare il fenomeno attraverso controlli sanitari non si ponevano quali sostituti del Servizio Sanitario Nazionale, ma costituivano un utile strumento per arricchire l’esperienza e la metodologia per il controllo e la gestione del fenomeno nel più ampio campo di intervento.

Lo strumento militare ha sempre orientato la propria azione a mantenere l’efficienza e la prontezza operativa e in questo il controllo dell’assunzione e spaccio di sostanze stupefacenti rientravano nelle misure preventive.

Emanuele Di Muro. Si diletta a correre maratone attraverso i sentieri della storia.Il suo anno di nascita ha irrimediabilmente condizionato la sua propensione a elaborare strampalate previsioni geopolitiche.#Runninginhistory

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