L’Argentina dipinge il mondo di verde

Dopo anni di lotte e manifestazioni femministe, lo donne hanno vinto!

Le attiviste Pro-choice sono scese in piazza per la de-criminalizzazione dell’aborto, manifestando vestite di verde fuori dal Palazzo del Congresso di Buoenos Aires, nel febbraio del 2019 – AP Photo/Tomas F. Cuesta

La Polonia si dipinge di rosso. L’Argentina di verde. Migliaia di donne colorano le piazze in tutto il mondo per difendere il diritto all’aborto. Mentre la strada delle donne polacche sembra essere sempre più impervia, le Argentine ottengono una storica vittoria dimostrando che le categorie di persone se unite possono davvero lottare e vincere per i propri diritti.

Il primo traguardo argentino viene raggiunto l’11 dicembre 2020, quando la Camera dei Deputati approva il progetto di legge che autorizza l’aborto volontario e gratuito entro la quattordicesima settimana di gestazione. Ma la meta finale viene raggiunta il 29 dicembre. Già nel 2018 la proposta di legge era passata alla Camera ma non al Senato. L’Argentina non era ancora pronta ad affrontare uno dei più discussi ma fondamentali diritti civili. 

Dopo due anni e con l’appoggio del presidente Albert Fernandez, anche il Senato approva la norma: il 2021 si è aperto con il diritto di abortire per le donne argentine in modo legale e sicuro entro la 14esima settimana. Con la nuova legge, l’Argentina raggiunge la lista dei paesi del Sud America che godono del diritto ad interrompere la gravidanza, insieme a Uruguay, Cuba, Guyana e lo Stato di Città del Messico.

Mappa sul diritto all’aborto nel mondo. Foto da: Center for Reproductive Rights

Ma prima?

La resistenza di nonne e nipoti della Plaza de Mayo, luogo simbolo delle rivendicazioni per i desaparecidos, ha per anni cercato di combattere contro un struttura politica e sociale che trascurava e abbandonava milioni di donne. La vita di molte argentine era ancora in mano a una legge degli anni Venti: l’aborto era consentito solo in caso di stupro o di pericolo per la vita di una donna. Anzi, nonostante questo, spesso la norma veniva ostacolata o addirittura negata.

La segreteria tecnica del presidente Alberto Fernandez ha pubblicato dati preoccupanti. Si tratta di ben 520 mila aborti clandestini all’anno. Abortire in tali condizioni significa rischio di infezioni o addirittura morte. Come risolveva il problema lo Stato? La giovani donne che decidevano di intraprendere un tale percorso pieno di pericoli e discriminazioni rischiavano, in aggiunta, una condanna di carcere fino a 15 anni. 

Il pañuelo verde, il famoso fazzoletto verde, rappresenta il nuovo simbolo del movimento a favore dei diritti delle donne, scelto dalle nuove generazioni che in questi mesi hanno lottato al fianco delle madri e delle nonne di Plaza de Mayo che, da sempre, armate delle loro voci e di fazzoletti bianchi, hanno combattuto durante la dittatura militare tra gli anni Settanta e Ottanta. Questo è il risultato di 15 anni di battaglie da parte delle associazioni pro-aborto, che hanno ottenuto sempre più consensi fino a diventare una vera e propria marea verde. 

Numeri impressionanti e sconcertanti

Questa nuova legge crea un argine al fiume sempre più in piena di morti dovute ad aborti clandestini che spesso ha costretto donne disperate ad andare in ospedale per complicazioni. Nel 1921 in Argentina, l’interruzione volontaria di gravidanza diventò illegale, con l’eccezione, ufficialmente, di stupro o di pericolo per la salute della madre. 
Eppure, i dati diffusi dalla Rete argentina di accesso all’aborto sicuro ci dicono che, tra il 2016 e il 2018, hanno partorito 7.000 ragazze di età compresa tra 10 e 14 anni, spesso a seguito di stupro.

Anche le Nazioni Unite riferiscono dati agghiaccianti: ogni anno 670 mila giovani ragazze tra i 15 e i 19 anni abortiscono attraverso operatori illegali, senza alcuna sicurezza e con un altissimo rischio per le pazienti.
Da queste statistiche, non dovremmo stupirci se, secondo l’inchiesta del Guardian, sul territorio argentino, nel 2016, 40.000 donne sono state ricoverate negli ospedali pubblici in seguito a complicanze durante aborti illegali. Fra loro c’erano 6.400 giovani ragazze tra i 10 e i 19 anni. Tra il 2016 e il 2018, aborti gestiti da persone incompetenti e senza adeguati strumenti hanno condotto almeno 65 ragazze alla morte. Dal 2012 ad oggi, oltre a medici e a infermieri, sono state arrestate 73 donne, accusate per aver abortito illegalmente. 

UNICEF ha dichiarato che l’America Latina è uno dei paesi più pericolosi, soprattutto nei confronti dei più giovani, la fascia più debole e vulnerabile della società. Molte bambine e adolescenti latinoamericane sono vittime di abusi e violenza. Ogni anno sono stimati circa 180 mila abusi; il 70% di questi vengono commessi verso bambine e adolescenti. Le conseguenze? Oltre alla violenza subita, le giovani ragazze sono costrette a gravidanze precoci e unioni forzate. Di fronte a tali numeri dunque non ci stupiamo se un terzo delle gravidanze in America latina riguardano ragazzine con meno di 18 anni. 

È una questione di soldi?

Martin Luther King © Facebook

Come disse Martin Luther King, la povertà è uno dei tre grandi mali (insieme a razzismo e guerra) del genere umano. La povertà porta spesso dietro di sé una scia di violenze e ingiustizie. Le giovani sudamericane più a rischio di tali violenze, infatti, appartengono agli strati più poveri della società; spesso vivono nelle zone rurali, lontane dalle città e con un livello educativo inferiore. Le gravidanze precoci, oltre ad essere il risultato di atti di violenza che distruggono l’integrità e l’identità delle vittime, contribuiscono ad incrementare e a sostenere il circolo vizioso della povertà. In questo modo, le giovani madri sono costrette ad abbandonare gli studi, limitando così la possibilità di ottenere un lavoro ben retribuito e, di conseguenza, avere una maggior autonomia economica e sociale. 

L’aborto illegale nasconde un’altra realtà altrettanto significativa legata alla violenza sessuale. In Sudamerica, come in molti altri paesi del mondo, vengono ancora praticati matrimoni o unioni precoci. Le bambine e adolescenti sono costrette a sposare uomini adulti spesso attraverso matrimoni combinati. Il fenomeno dei matrimoni precoci è attuale e globale. Infatti, in contrasto con l’opinione comune, questo problema non riguarda solo le regioni meridionali del mondo ma è presente anche nei paesi occidentali come Stati Uniti e UE, compresa l’Italia (secondo i dati rilevati nell’ inchiesta del 2017 dall’ ONG Associazione 21 Luglio).

Queste unioni forzate non sono mai una scelta libera da parte della bambina o ragazza, ancora troppo piccola per avere una propria consapevolezza e soprattutto libertà di giudizio. Spesso le giovani sono alla totale mercé della scelta dei loro genitori e, ancora più spesso, a quella della povertà. Di conseguenza, il loro consenso è forzato e manipolato e quindi si possono considerare veri e propri abusi e violenze, fisiche e psicologiche. 

Scarpe rosse: simbolo globale della lotta contro la violenza sulle donne © Twitter

L’interruzione di gravidanza è una delle maggiori cause di morte materna in tutto il mondo, soprattutto tra le ragazze delle classi più povere. Infatti l’accesso all’interruzione di gravidanza è molto costoso e rafforza le forti disuguaglianze di molti paesi. Per questo le Socorristas en Red (SenR) lottano affinché il diritto di decidere per la propria vita non sia più un privilegio di poche. 

Le SenR nascono dalla rete di 54 collettivi femministi e più di 500 volontarie che accompagnano l’interruzione volontaria di gravidanza di molte donne argentine. In particolare, il gruppo offre informazioni sui medicinali da utilizzare per abortire in modo sicuro secondo i protocolli stabiliti dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). 
Come si può leggere nella loro pagina ufficiale: 

Di fronte all’abbandono dello Stato, le reti di informazione e sostegno sono una risposta al maltempo che genera insicurezza, danni e disprezzo che cerchiamo di evitare.

Uno dei medicinali abortivi più utilizzato illegalmente è il misoprostolo. Dopo l’assunzione del medicinale ci possono essere gravi complicazioni che costringono le donne, che non possono permettersi un medico privato, a rivolgersi ad un ospedale pubblico esponendole al rischio di essere denunciate. A questo punto le Socoritas hanno un ruolo cruciale. 

Queste comunità femministe e abortiste sono nate insieme a governi che ufficialmente si definivano liberali ma che alla fine lo sono stati solo in ambito economico e non hanno avuto la forza e il coraggio di imporsi contro le politiche conservatrici che impedivano di considerare l’aborto un diritto. 

© Twitter

L’influenza della Chiesa

La vittoria delle donne argentine è stata a lungo contrastata anche dalla Chiesa argentina, luogo natale di Papa Francesco, che ha ancora una forte influenza, soprattutto nelle zone rurali dove lavora per assistere i più poveri. Lo Stato è totalmente assente e le chiese fondamentaliste continuano a penalizzare l’aborto sostenute da potenti e ricchissime lobby ben radicate nelle istituzioni. In molte regioni dell’America Latina molte ragazze costrette a portare avanti la gravidanza e a partorire muoiono nell’indifferenza di quelle stesse chiese che piangono per i feti. 

Secondo la Chiesa non è giusto “eliminare una vita umana per risolvere un problema”. Interessante la scelta di vocabolario: “il problema”. Quale sarebbe questo “problema”? Detto così sembrerebbe semplicemente la volontà di sbarazzarsi di un bambino indesiderato. Ma il “problema” è un altro, ben più profondo e radicato nella nostra cultura e società. Dietro la volontà di abortire ci sono un’infinità di motivazioni e sofferenze che milioni di donne devono affrontare come violenza, povertà, totale dipendenza da qualcun altro, maltrattamento, pregiudizio e la lista è lunga.

Qui si parla della sicurezza di milioni di donne. Se vogliamo parlare del valore della vita dovremmo prima pensare alla vita di coloro che sono già “in vita” e che per lottare per questa rischiano anche di non averla più. Qui si tratta di valori come libertà e integrità del proprio corpo e delle proprie scelte che legislativamente chiamiamo diritti. 

Se vogliamo risolvere “il problema” non dovremmo vietare l’aborto ma creare le condizioni adeguate affinché le donne non si sentano costrette ad abortire. La Chiesa appoggia la lotta delle “Mujeres de las villas”, una rete di donne che lotta contro l’aborto. Secondo queste attiviste l’aborto rappresenterebbe l’idea che le ragazze

Non hanno il diritto di avere figli perché sono povere.

Ancora una volta, la soluzione sarebbe dunque vietar loro di abortire? combattere la povertà con maggiore povertà e minor difesa dei diritti? 

Forse non dovremmo cercare di risolvere la facciata di un problema ma risolverlo alla radice. Quindi anziché vietare l’aborto forse sarebbe meglio dar loro le possibilità economiche per offrire una vita dignitosa a sé e al proprio figlio. 

La decisione dell’Argentina è così importante perché rappresenta un barlume di speranza anche per gli altri Paesi e per accrescere la consapevolezza delle masse riguardo ai diritti delle donne e del diritto di ogni essere umano di poter essere libero di scegliere per se stesso e di poterlo fare in condizioni di sicurezza. Le donne argentine hanno dimostrato che l’unione fa la forza e che è possibile rompere le catene che immobilizzano la società. 

Movimenti giovanili in Sud America

Il Collettivo Las Tesis alla manifestazione per la Giornata nazionale contro il femminicidio nel dicembre 2019, al Museo della memoria e dei diritti umani a Santiago © Twitter

In questi ultimi anni l’America Latina ha conosciuto un crescendo di manifestazioni organizzate da giovani che sono stufi di una società immobile di fronte a corruzione e disuguaglianza. Come, per esempio, il collettivo femminista Las Tesis che utilizza l’arte come forma di protesta contro le violenza sulle donne. In particolare è diventato famoso nel 2019 con la celebre canzone “A Rapist in Your Path” che ha rappresentato fin da subito la voce per i diritti delle donne. Infatti, milioni di persone di ogni genere ed età si sono riunite nelle principali piazze di tutto il mondo, seguendo la stessa coreografia e gridando: “El violador eres tu”, lo stupratore sei tu. 

Si fa sempre più strada tra le ragazze delle nuove generazioni, la volontà e la forza di uscire dallo stato di accettazione e rassegnazione contro una società patriarcale che vuole imporre sul gentil sesso, che tanto gentil ora non è più, dei vincoli sulla libertà delle donne. Dietro la penalizzazione dell’aborto, c’era anche il controllo patriarcale, ben radicato nella cultura del paese Argentino, di dominare i corpi e le scelte delle donne.

Un sistema sociale così fondato porta inevitabilmente a discriminazione e sottomissione delle fasce escluse e crea un ambiente che anziché difendere e proteggere le rende più vulnerabili ad atti di violenza. La cronaca ci mostra sempre maschi che continuano a uccidere mogli, fidanzate, ex mogli e figlie. Vengono sempre raccontati come se fossero eventi inconsueti e inspiegabili.
Invece il collettivo femminista Non una di meno ha riassunto tale condizione in uno dei suoi celebri slogan: 

Lo stupratore non è malato, ma figlio sano del patriarcato.

Non sono mine vaganti che lo Stato non può controllare, bensì sono i figli di una società che minimizza tali violenze e che non mette in atto leggi abbastanza persuasive e, soprattutto, che non lavora per plasmare le coscienze dei suoi cittadini creando consapevolezza. È necessario uscire da questo stato di inerzia e cambiare una cultura e modo di pensare che privilegia un rapporto squilibrato di poteri. 

Il salto nel buio della Polonia

© Twitter

Se l’Argentina può festeggiare un grande passo avanti, la Polonia è costretta ad un salto nel buio. Nonostante le grandi manifestazioni che si sono riversate in molte città polacche è entrato in vigore il divieto quasi totale dell’aborto. La legge fondamentale sulla protezione della vita del nascituro prevede il divieto di aborto, eccetto per gravidanze a seguito di incesto o stupro o nel caso di pericolo per la madre. È ora illegale anche l’interruzione di gravidanza nel caso di gravi malformazioni del feto

Le manifestazioni di massa nei mesi precedenti erano riuscite a rallentare l’approvazione della legge ma poche ore dopo l’annuncio ufficiale la norma è entrata in vigore. A seguito della sentenza, tutto il mondo ha ammirato con stupore l’ondata di proteste contro politiche di stampo tradizionalista e ultracattolico. 

Nei mesi precedenti e successivi l’emanazione della legge, il più grande movimento per i diritti delle donne della Polonia: Strajk Kobiet (che significa Sciopero delle donne della Polonia) ha guidato e incitato milioni di donne affinché lottassero per la propria vita.

E l’Italia?

© Facebook

Oggi in Italia la donna può ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza (IGV) entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici sociali o familiari. Nell’agosto 2020, il Ministero della Salute ha annunciato che è possibile accedere alla pillola abortiva RU486 fino alla nona settimana e senza ricovero ospedaliero. Nonostante ciò il diritto di decidere per il proprio corpo è ancora molto contestato.

Alcune regioni come Umbria, Piemonte e Marche continuano a negare questo diritto permettendo manifestazioni come quella avvenuta poche settimane fa ad Ancona. Anche Verona si è distinta all’opposizione esponendo per la città cartelloni con slogan antiaborto, ma il movimento transfemminista ha subito provveduto e ha risposto:

L’aborto non è una sconfitta, ma un diritto conquistato con la lotta!

Anche il collettivo Non una di meno Verona si è fatto sentire e ha incitato a lottare affinché gli obiettori di coscienza vengano cacciati dagli ospedali e dai consultori, la pillola sia veramente accessibile a tutte e che la maternità e sia davvero una scelta libera:

Il corpo è mio, non decide ProVita!

Nonostante la norma in vigore, in Italia 7 ginecologi su 10 sono obiettori di coscienza rendendo difficile per una donna ottenere la pillola abortiva. Infatti, il Ministero della Salute ha registrato nel 2018 che le presenza di obiettori di coscienza nelle Regioni ha raggiunto il 69% dei ginecologi, il 46,3% degli anestesisti e il 42,2% del personale non medico.

Negli ultimi mesi partiti e movimenti conservatori stanno prendendo sempre più spazio in tutta Europa e il diritto di scegliere per il proprio corpo è sempre più in bilico. Poter decidere per la vita è un diritto che le donne hanno acquisito con la lotta, ma devono essere coscienti che non è ancora finita e devono continuare a lottare e far sentire la loro voce affinché questo venga rispettato. 

Conclusione

Il grande successo argentino, dopo anni di lotte e manifestazioni, ha dimostrato che i cittadini uniti possono cambiare i loro destini e opporsi a società immobiliste e discriminatorie. Secondo la World Health Organization gli aborti sono sicuri quando sono eseguiti da persone competenti e utilizzando il metodo raccomandato dall’OMS durante la gravidanza. 

Offrire un aborto legale, sicuro e gratuito significa salvare milioni di vite e offrir loro la libertà di scegliere per il proprio corpo e la propria vita. Ma la legge non basta, è fondamentale accompagnarla con educazione alla sessualità, con guide all’uso della contraccezione efficace e a cure efficienti in caso di possibili complicazioni. È importante, inoltre, che lo Stato metta in atto delle strategie per affrontare le violenze di genere che spingono molte donne ad abortire. 

Negli ultimi anni singoli individui e gruppi organizzati hanno lottato per la giustizia sociale e per i diritti di genere e delle minoranze, mostrando a tutto il mondo che le persone possono davvero fare la differenza. Così le nuove generazioni hanno sperimentato per la prima volta cosa significhi contribuire a plasmare le politiche nazionali e le coscienze dei cittadini portando un’ondata di trasformismo e progresso di idee. Le idee scorrono veloci, soprattutto con le nuove piattaforme dei social media che contribuiscono a unire le persone da ogni parte del pianeta, e così dovrebbe essere anche il progresso dei diritti dei cittadini. 

Ogni essere umano dovrebbe godere della libertà di scegliere per la propria vita e del proprio corpo e merita di farlo legalmente e in totale sicurezza. L’augurio è che l’Argentina possa essere l’inizio del cambiamento e del progresso affinché i diritti e l’autodeterminazione delle persone non vengano più minacciati. 

Milanese di zona Città Studi. Laureata in Lettere Moderne e studentessa di Scienze Politiche. Mi piace definirmi ragazza sportiva appassionata di calcio femminile, snowboard e novellina kiter.  Adoro coltivare ortaggi nel mio terrazzo e credo nel potere delle parole.

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