Il valore dei soldi – 9. Euro sì, Euro no? Questo è il trilemma

a cura di Diego Begnozzi e Andrea Sciotto

Il valore dei soldi si chiude con una discussione sull’euro, da quasi vent’anni la nostra moneta. Quali sono le ragioni della sua nascita, e quali i risultati ottenuti? Ma soprattutto, oggi la moneta unica è in pericolo?
In questa puntata parliamo delle basi teoriche dietro la nascita dell’euro. Nella prossima verranno analizzati i problemi e le critche principali alla Moneta unica.

Il tempo delle congetture è finito. Nel World Economic Outlook di aprile, il Fondo Monetario Internazionale ha previsto che il Grande Lockdown causerà per il 2020 una riduzione del Pil globale del 3%. Per l’Unione Europea il calo previsto è del 7%, per l’Italia del 9,1%. Se i numeri non rendono l’idea, stiamo parlando di un disastro: basti pensare che nel 2009, l’anno peggiore della Grande Recessione, la riduzione del Prodotto interno lordo mondiale era stata poco più di metà di questa (-1,7% per il Pil mondiale e -5,5% per quello italiano).

Senza essere ancora uscita da quella vecchia, l’UE si trova ad affrontare la peggiore crisi della sua storia. Sanitaria prima, economica e sociale poi. Ma soprattutto, ovviamente, una gravissima crisi politica che vede riproporsi per l’ennesima volta lo stallo tra Paesi del Nord e del Sud su quali siano le soluzioni da adottare.

Il problema fondamentale, che più di tutti limita le possibilità di intervento, è l’impostazione stessa che l’Unione si è data fin dall’origine: uno spazio in cui gli stati hanno scelto di condividere in primis la politica monetaria, gestita dalla BCE anziché dalle Banche Nazionali, e di rimandare l’integrazione delle politiche fiscali a data da destinarsi. Certo, l’Unione Europea è oggi molto più di una semplice accozzaglia di Paesi uniti solo dal fatto di condividere una moneta, ma il Bilancio comunitario – quello che si forma con il contributo di tutti i Paesi membri – è davvero esiguo (160 miliardi di euro, appena l’1,2% del Pil dell’Unione).

Le manovre messe in campo per fronteggiare la pandemia – Commissione Europea.
Nota: per oltre il 70% si tratta di manovre adottate dai singoli Stati.

A cosa si deve questo assetto? Si tratta del disegno istituzionale migliore per gestire situazioni così gravi, oppure l’emergenza rischia di metterne a dura prova la tenuta?

In origine, l’euro era nato con l’obiettivo di fare dell’Europa una cosiddetta Area Valutaria Ottimale, ovvero un ampio spazio economico fortemente integrato che garantisse il rafforzamento di un Mercato unico a beneficio di tutti. Il sito dell’Unione europea cita infatti, come principali vantaggi dell’euro, maggiori possibilità di scelta e stabilità dei prezzi, maggiore sicurezza e maggiori opportunità per imprese e mercati, stabilità economica e crescita, mercati finanziari più integrati, oltre che una maggiore presenza dell’UE nell’economia mondiale. Per gli ideatori della moneta unica, la priorità assoluta era porre fine alla grave instabilità economica degli anni ’70, con i mercati valutari impazziti dopo la fine del sistema di Bretton Woods e l’inflazione galoppante a causa delle crisi petrolifere. In un simile marasma, la crescita stabile del volume del commercio internazionale era vista come una missione impossibile.

D’altronde, maneggiare valute diverse può risultare parecchio scomodo.

Cosa rendeva l’Unione Europea un’Area Valutaria Ottimale? Secondo la teoria, inaugurata dagli studi di Robert Mundell negli anni ’60, un’area geopolitica (sia essa una regione, una nazione o un insieme di nazioni) trae il massimo beneficio dall’uso di una valuta comune in presenza di una forte apertura commerciale, elevata mobilità di lavoro e capitali, flessibilità di prezzi e salari e consistenti trasferimenti fiscali all’interno dell’area. Già nel 1961, in A Theory of Optimum Currency Areas (qui in versione italiana), Mundell metteva a confronto valutazioni contrastanti sull’opportunità di istituire una moneta unica in Europa. Alcuni studiosi ritenevano inapplicabile una moneta unica in un’area con le differenze economiche, linguistiche e culturali dell’Europa. Altri invece ipotizzavano che l’introduzione di una moneta unica potesse già da sola spingere in direzione di un’Area Valutaria Ottimale, facendo da apripista per tutte le altre riforme necessarie.

Robert Mundell, premio Nobel per l’Economia nel 1999, principale teorico delle Aree Valutarie Ottimali – Wikipedia

È quest’ultimo scenario quello che descrive meglio il corso degli eventi in Europa: fino alla metà degli anni Ottanta, la Comunità Europea vantava una buona integrazione commerciale ma non una elevata mobilità dei fattori produttivi, ed è con l’Accordo di Schengen prima e il Trattato di Maastricht poi che è aumentata la libertà di movimento di lavoratori e capitali nel continente. Inoltre, è stata la costruzione del Mercato e della Moneta comune a dare impulso alla flessibilizzazione del mercato del lavoro, e non viceversa. Sul lato dei trasferimenti fiscali, invece, meglio stendere un velo pietoso: a quasi trent’anni dalla nascita dell’Unione, la Commissione europea dispone ancora di un bilancio esiguo, e se pare lontana persino l’introduzione di un debito comune, figurarsi un sistema di trasferimenti dalle aree più ricche a quelle più in difficoltà.

L’aspetto più interessante dell’impianto teorico di Mundell, e dell’architettura monetaria europea, è però il cosiddetto trio inconciliabile, o trilemma (noto come Modello Mundell-Fleming), secondo cui non è possibile adottare contemporaneamente:

  • Perfetta mobilità dei capitali
  • Regime di cambi fissi
  • Politica monetaria indipendente.

L’unica possibilità è di sceglierne due sacrificandone uno: se ci si pone come primo obiettivo la libera circolazione dei capitali, la scelta è tra l’autonomia della politica monetaria (adottando un regime di cambi flessibili) o il mantenimento dei cambi fissi (sacrificando l’indipendenza della politica monetaria). Il trauma delle fluttuazioni valutarie negli anni Settanta ha spinto nella seconda direzione, anche grazie all’impulso di un altro teorico del Trilemma: l’italiano Tommaso Padoa Schioppa, Direttore generale per l’Economia e la Finanza della Commissione Europea dal 1979 al 1983.

Tommaso Padoa-Schioppa (1940-2010). Oltre che nella Commissione Europea, ha svolto ruoli di primo piano in Banca d’Italia (1984-1997) e BCE (1998-2006), prima di diventare Ministro dell’Economia del secondo Governo Prodi (2006-2008).

La stabilizzazione dei cambi e dei prezzi è tra gli obiettivi più importanti raggiunti dall’Euro, ma la creazione di un’autorità monetaria europea in mancanza di una politica fiscale comune è tra i più gravi problemi oggi irrisolti dell’Unione. Una crisi dopo l’altra, rischia di arrivare il momento in cui i nodi irrisolti verranno al pettine, ma questo è l’argomento del prossimo capitolo.

Ecco la lista delle puntate di Il valore dei soldi:
1. Parole
2. Il lavoro di Draghi
3. Il prezzo del movimento dei prezzi
4. Un’incompetente alla guida della BCE
5. Blocca i contagi, close the spreads!
6. Chi siete? Dove andate? Un fiorino!
7. In marcia verso un’economia di guera?
8. MESsage in a bottle
9. Euro sì, Euro no? Questo è il trilemma.

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