Il Videogioco, il podcast

Se parliamo di attualità non possiamo non prendere in considerazione l’importanza del videogioco, l’unico medium di intrattenimento che riesce ancora oggi a pretendere l’esclusività d’azione da parte del nostro cervello, impedendogli di trovare distrazioni o attività parallele. Un mercato in continua espansione, che in Italia da anni ha superato la somma di musica e home video, oltre ad aver dimostrato di essere uno dei pochi a non essere colpito dalla recente crisi economica che ha investito l’intero globo. Un’industria di tale portata non può non condizionare la nostra attualità, diventando in alcuni casi un viatico o un mezzo per raccontare la politica, le ideologie e un mondo che non sempre riusciamo a comprendere, per lontananza e per differenze culturali.

Per questo motivo spesso il videogioco si presta ad analisi e approfondimenti tali da dare libero sfogo alla creatività di chi non solo si lascia intrattenere, ma si fa anche incuriosire dal dietro le quinte del mercato. Gasser Aly e Federico Matteo Carozzi, i due autori dietro “Il Videogioco“, il podcast disponibile su Spreaker e su Spotify, hanno deciso di raccontarci la storia del videogioco, accompagnandoci in un viaggio settimanale composto da 42 puntate, della durata di poco più di dieci minuti l’una. Li abbiamo intervistati per scoprire da dove nasce il loro progetto e che cosa si nasconde dietro “Il Videogioco”.

Gasser Aly

The Pitch: “Ci raccontate come è nato il duo e soprattutto in che modo avete deciso di realizzare un podcast sui videogiochi?”

Gasser: “Il nostro è un duo nato un po’ per caso. Personalmente sono un collaboratore di Radio Popolare da anni, lavoro nel settore da quindici anni oramai. Ho un amore spropositato per quel mezzo di comunicazione che è la radio e considerato anche l’aspetto della mia passione per i videogiochi ho pensato di unire i due aspetti creando un podcast. D’altronde, perché non raccontare il mondo videoludico in maniera un po’ diversa dal solito? Non parliamo soltanto di un mezzo di intrattenimento, ma di un medium che ha anche un impatto sociale e culturale, oltre che comunicativo. L’idea di base era quella di andare oltre al videogioco in sé e cercare di capire in che modo questo può impattare sulla nostra società. Se io ho un background molto radiofonico, dall’altro lato avevo bisogno di un paroliere che mi aiutasse a rintracciare delle storie da mettere in piedi. D’altronde ci sono delle differenze importanti tra radio e podcast, che vanno tenute in considerazione. Il podcast ti permette di essere fruito in qualsiasi momento e in maniera indipendente dall’asse temporale, ma devi anche rispettare dei tempi ed evitare di andare troppo di improvvisazione”.

Federico: “Sono uno studente di comunicazione alla IULM e spero di fare in modo che un domani la scrittura possa diventare il mio lavoro. Così come Gasser, ho una grande passione per i videogiochi. Avevo quattro anni quando ho avuto il primo GameBoy e mi sono reso conto, in questi mesi di collaborazione, di essere una persona complementare a Gasser. Entrambi crediamo tantissimo nel podcast e sappiamo di cosa stiamo parlando, senza dover per forza fare ricerche che ci debbano portare a consultare persone esterne: siamo molto coinvolti e conosciamo bene la materia trattata. Puoi informarti quanto vuoi, ma alla fine è importante conoscere il videogioco per esperienza diretta e devi amarlo anche come argomento per parlarne in questi termini. Avere dieci anni di differenza ci aiuta anche a vedere il mondo videoludico in maniera diversa, perché non giochiamo agli stessi titoli e soprattutto non li approcciamo nello stesso modo”.

The Pitch: “Il vostro è un podcast che nasce su Spreaker e arriva sulle varie piattaforme di distribuzione. Avete ragionato in chiave futura, anche per quanto riguarda l’aspetto della monetizzazione?”

Gasser: “Il nostro podcast non può essere un progetto a sé stante, perché arriveremo sì alle 42 puntate, abbiamo seguito la tabella di marcia in maniera costante e senza perderci alcun pezzo, ma l’idea è di arrivare a costruire qualcosa di più grande. Non soltanto per noi, ma anche per chi farà parte di questo progetto: è da poco ricominciata una collaborazione Chiara D., la grafica che ci ha disegnato la copertina, che ci aiuta anche a comunicare in maniera visiva i nostri contenuti. Vorremmo andare a ricompensare anche chi sta credendo nel nostro progetto dedicandoci tempo e risorse. Ci servono poi delle variabili che ci aiutino a farci conoscere anche fuori dall’Italia: abbiamo provato a realizzare delle puntate anche in inglese, ma potremmo pensare anche all’arabo”.

Federico: “Si tratta anche di un biglietto da visita per noi, perché prima di questo eravamo due sconosciuti, quindi anche se avessimo voluto proporre il podcast a delle aziende per avere delle sponsorizzazioni non avremmo mai avuto un riscontro positivo: adesso invece siamo quelli de “Il Videogioco”. Abbiamo un progetto che chiunque può andare ad ascoltare e seguire. Sta facendo anche buoni numeri e io ne vado fiero. Secondo me è un valore aggiunto: non ci darà un grande ritorno economico, almeno non questo progetto specifico, ma ci inserisce nel contesto e si spera che così facendo si possa arrivare a qualcosa di più concreto in futuro”.

The Pitch: “Esistono già altri podcast sui videogiochi, ma li avete ascoltati? In cosa vi sentite differenti?”

Gasser: “Siamo molto diversi da quello che c’è in giro. Noi non raccontiamo per forza di cose l’attualità del videogioco: se lo facciamo è solo attraverso la storia che proponiamo. Dall’altra parte non raccontiamo senza un filo conduttore. Spesso altri podcast a tema parlano di giochi che vengono suggeriti o che riescono a ottenere il consenso della community, noi invece preferiamo recuperare le icone di un anno specifico e seguire un filo ben preciso, che ci siamo già prefissati”.

The Pitch: “Cosa c’è oltre il podcast de “Il Videogioco”?”

Federico: “La mia più grande aspirazione sarebbe di diventare un romanziere, vorrei poter vivere la mia vita scrivendo e non posso limitarmi solo ai romanzi. Per esempio la via del podcast mi è piaciuta. Ero scettico inizialmente anche perché io non ascolto podcast e nemmeno audiolibri: finisco per distrarmi. Scrivendo le puntate ho capito che anche questa modalità di scrittura è molto valida e mi piacerebbe continuare in futuro per avere altre entrate. Il mio sogno sarebbe questo, di continuare su questo percorso, anche in vie diverse. Uno la parola la pensa sempre scritta, ma come dimostra il nostro podcast e anche altri, la parola riesce a esprimersi anche in un modo diverso”.

Gasser: “Ho in mente altri progetti che vorrei far partire quanto prima, soprattutto perché pur avendo 30 anni mi sento ancora come se fossi nel decennio dei 20, senza voler fare per forza il Peter Pan di turno. Il podcast sulla storia egizia è un’idea, perché vorrei spiegare i motivi per i quali parliamo dell’Egitto come la madre del mondo, rispetto a quella romana e quella greca: parliamo di una popolazione che era molto attenta alla figura femminile ed era molto vicina anche al tema della gender equality, della quale si parla molto oggi. Speriamo che non se ne debba parlare più come aspetto critico, ma come un aspetto normale della società. Un’altra idea sui videogiochi è quello di raccontare lo sviluppo dietro i prodotti, perché abbiamo delle menti davvero geniali che andrebbero valorizzate”.

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