La moda politica e il Met Gala

Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per provare a mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia. Oggi parliamo del Met Gala 2021 e del ruolo politico della moda.

Dal titolo ufficiale Costume Institute Gala, l’annuale raccolta fondi a favore del Metropolitan Museum of Art (The Met) di New York è stata anche quest’anno un evento centrale per la moda. Alcune delle persone che vi hanno partecipato, inoltre, hanno deciso di sfruttare l’occasione per portare in scena anche un messaggio politico e sociale.

Ha colpito notevolmente l’attenzione la deputata democratica Alexandria Ocasio-Cortez, che ha indossato «l’abito manifesto che fa discutere», come lo definisce il titolo de La Repubblica. Si tratta di un vestito completamente bianco, preso a noleggio e disegnato dalla stilista Aurora James, su cui domina la scritta rossa a caratteri cubitali “Tax the rich”, tassate i ricchi. La testata riporta anche le parole con cui AOC spiega la scelta: «Il mezzo è il messaggio. Ora è il momento per l’assistenza all’infanzia, l’assistenza sanitaria e l’azione per il clima per tutti. Tassa i ricchi». Un tema non casuale in un evento dove i tavoli vengono venduti a 300 mila dollari e i biglietti a 35 mila. E il tutto mentre viene presentata la bozza del piano fiscale democratico pensato per finanziare le riforme del presidente Biden.

Proseguendo nell’articolo si legge: «L’evento più importante del mondo del fashion è una vetrina privilegiata per mostrare lo stato dell’arte della moda, ma AOC lo ha adoperato per diffondere un messaggio politico che divide». Eppure, considerando il significato storicamente attribuito alla moda, non si può nascondere che da sempre all’elemento estetico si unisce un intento comunicativo che più volte è stato socialmente impegnato.

AOC durante il Met Gala. Credits: Ray Tamarra/GC Image

Anche Il Corriere della Sera sceglie l’abito di James indossato da Ocasio-Cortez come immagine di apertura dell’articolo, ma estende il suo focus d’interesse con una panoramica dei messaggi lanciati «sulle diseguaglianze, sul femminismo, sui diritti degli animali e sulla sessualità […] tutto lo spettro delle battaglie progressiste». La testata descrive, in poche righe, il contesto attorno al Gala: «un’America sempre più politica e polarizzata» e le contestazioni contro l’evento sulla Quinta strada organizzate dai manifestanti per la giustizia sociale, alcuni dei quali arrestati dalla polizia.

L’analisi del contenuto politico della moda messa in mostra al Gala non si limita agli abiti, ma alla scelta dei brand e dei designer che li hanno prodotti. Il Corriere spiega quindi che Billie Eilish ha scelto Oscar de la Renta per l’impegno contro le pellicce, mentre Ocasio-Cortez si è avvalsa del lavoro di Aurora James, attiva nelle lotte per la giustizia sociale e fondatrice di 15 Percent Pledge, un’associazione che sprona i rivenditori ad avere in stock almeno il 15% di prodotti realizzati da brand afroamericani.

Poi è il caso di Carolyn Maloney, che indossava un abito con i colori delle suffragiste (viola, bianco e ora), con la scritta “Equal Rights for Women” e la borsa che recita “Era Yes”, lo slogan usato nella campagna per il diritto di voto nel 1919. Anche Megan Rapinoe, capitana della nazionale di calcio femminile e attivista, sceglie la pochette come canale comunicativo: “In Gay We Trust” è la frase riportata, una rilettura del motto statunitense “In God We Trust”.

Passiamo poi a Cara Delevingne, che si è rivolta a Maria Grazia Chiusi – direttrice creativa di Christian Dior e abituata a intessere i suoi abiti di femminismo – per il top che recita “Peg the Patriarchy”. Infine Versha Sharma completa il quadro delle borse con slogan scegliendo “Protect Roe”, la sentenza della Corte Suprema che garantisce il diritto all’aborto negli USA, un chiaro riferimento alla legge recentemente approvata in Texas.

In ordine: Carolyn Maloney, Megan Rapinoe, Cara Delevingne, Versha Sharma.
Credits: John Shearer/WireImage, Sean Zanni/Patrick McMullan, Gotham/GC Images, Taylor Hill/WireImage

Il Sole 24 Ore sceglie invece di fare una breve sintesi del Met Gala nella sezione Video. Anche in questo caso non ci si sofferma solo sull’ormai già iconico abito di AOC, ma si considerano anche altre partecipanti all’evento, come Maloney e Rapinoe. L’articolo si apre con alcune riprese del red carpet, accompagnate da una spiegazione degli outfit e dei loro significati più o meno manifesti.

Infine con Il Fatto Quotidiano torniamo all’abito indossato da Ocasio-Cortez, la quale viene definita nella prima riga dell’articolo «l’ex cameriera 31enne di origine portoricana eletta per la prima volta al Congresso nel 2018». Una lunga perifrasi che toglie credibilità al ruolo politico di quella che a oggi è considerata una leader delle frange democratiche più giovani? Oppure un tentativo di sottolineare la sua provenienza dalla classe lavoratrice? La dichiarazione della deputata che conclude l’articolo potrebbe rispondere a queste domande: «Ci siamo confrontate [AOC e James] a lungo sul cosa significhi essere una donna di colore e proveniente dalla classe operaia sul red carpet del Met. Ci siamo dette che non potevamo solo stare al gioco, ma dovevamo sfidare le istituzioni».

I titoli delle testate considerate: Il Fatto Quotidiano, La Repubblica, Il Sole 24 Ore e Il Corriere della Sera

In conclusione, gli esempi riportati dalle principali testate mostrano come l’occasione di avere gli occhi del mondo puntati su di sé sia stata sfruttata per enfatizzare i messaggi sociali e politici ritenuti più importanti. Tutto ciò è stato possibile attraverso la moda, perché gli slogan e i riferimenti impegnati sono stati letteralmente cuciti sugli abiti e sugli accessori indossati. La moda, che da sempre è veicolo per la trasmissione di messaggi molteplici, si è fatta strumento per non dimenticare – nemmeno durante una serata mondana – i temi caldi della politica.

Leggo, scrivo e ne parlo. Sono una giornalista, un'insegnante. Mi occupo di diritti e conduco il podcast Cristianə a chi?

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