La partita della lattina. Inter-Mönchengladbach

L’Inter di Antonio Conte si trova potenzialmente a tre soli punti (considerando la partita da recuperare contro la Sampdoria) dalla Juventus capolista del campionato. L’imminente scontro diretto è quindi per l’Inter una ghiotta occasione per recuperare terreno e rimontare lo svantaggio in classifica e negli scontri diretti (l’andata a Milano finì 2 a 1 per la squadra di Maurizio Sarri).

I nerazzurri non sono nuovi a simili imprese, proprio grazie alle tante rimonte compiute tra campionato e coppe ha conquistato il soprannome di “Pazza Inter”. Ce n’è una in particolare, da molti dimenticata, che di diritto va inserita tra i più importanti comebacks della storia del calcio. Si tratta di una sfida avvenuta quasi cinquant’anni fa, con l’Inter che riuscì nell’incredibile impresa di recuperare ben sei gol di scarto. A segnare il gol della vittoria però non ci pensò un giocatore, ma forse il più conosciuto avvocato sportivo del nostro calcio: Giuseppe ‘Peppino’ Prisco.

L’Inter campione d’Italia nel 1970-71 – Wikipedia

Il 20 ottobre del 1971 a Mönchengladbach, nell’allora Germania Ovest, si giocava l’andata degli ottavi di finale di Coppa dei Campioni tra il Borussia Mönchengladbach, reduce dalla seconda conquista della Bundesliga, e l’Inter di Jair, Corso e Mazzola, fresco vincitore del suo undicesimo titolo nazionale. La Beneamata aveva superato i sedicesimi dopo aver vinto 4 a 1 a Milano contro l’Aek, per poi perdere il ritorno di Atene con un 3 a 2 indolore. I “Fohlen” (i Puledri) di Mönchengladbach avevano invece sconfitto con estrema facilità gli irlandesi del Cork Hibernians per due volte (5-0 l’andata, 2-1 il ritorno).

Nonostante questi presupposti i giocatori dell’Inter si presentarono alla partita di andata al Bökelbergstadion di Mönchengladbach convinti di poter superare agilmente il turno. Il Borussia era agli albori del suo periodo d’oro, i giovani della rosa che durante tutti gli anni ’70 avrebbero fatto le fortune della squadra vestfaliana, come Berti Vogts e Jupp Heynckes, erano ancora perlopiù sconosciuti nel nostro Paese. I nerazzurri venivano da una grande stagione. L’esonero di Heriberto Herrera, avallato dai senatori della squadra, portò sulla panchina l’allenatore delle giovanili Giovanni Invernizzi, il quale lavorò in simbiosi con i giocatori per raggiungere un’impensabile vittoria in campionato, conquistando lo “scudetto del sorpasso” ai danni dei cugini milanisti e tornando in Coppa dei Campioni dopo cinque anni di assenza.

Quel 20 ottobre quattro vicecampioni del mondo (Burgnich, Facchetti, Mazzola e Boninsegna) e un giovanissimo e promettente Oriali formavano, insieme alle altre stelle della squadra, una corazzata che puntava a una facile vittoria in Germania. Gli italiani alloggiarono a Colonia (50 km da Mönchengladbach) e visitarono la città e il piccolo e rudimentale stadio dove si sarebbe tenuto l’incontro solo alla vigilia dell’incontro, rafforzando la sensazione di avere di fronte una sfida dall’esito scontato. Fin dai primi minuti però si resero conto di aver fatto i conti troppo presto.

Dopo soli sette minuti dal fischio d’inizio dell’arbitro olandese Jef Dorpmans, l’attaccante tedesco Heynckes superò con uno scatto Giubertoni per poi metterlo a sedere con una finta e siglare il primo gol dell’incontro, facendo passare la palla sotto il braccio di Lido Vieri in uscita bassa.

L’Inter reagì prontamente dopo lo schiaffo iniziale, pareggiando i conti al 19’ con Roberto ‘Bonimba’ Boninsegna, per poi tornare in svantaggio dopo soli due minuti a causa del colpo di testa del danese Le Fevre. I tedeschi si spingevano in attacco ma alla mezz’ora successe qualcosa che cambiò le sorti dell’incontro: mentre era intento a battere una rimessa laterale, Boninsegna si accasciò improvvisamente al suolo portandosi le mani alla testa dopo essere stato colpito da un oggetto lanciato dalle gradinate a ridosso del campo da gioco.

Tutti si accorsero immediatamente dell’accaduto. I giocatori dell’Inter accerchiarono l’arbitro e Invernizzi faticò non poco a evitare venissero espulsi. Lo staff medico accorse in soccorso di Bonimba mentre Mazzola corse diretto verso gli spalti. Notò due tifosi italiani, uno dei due stava bevendo da una lattina di Coca-Cola. Con un’astuzia non inferiore al suo talento si fece passare la bibita e la consegnò all’arbitro, fingendo che fosse l’oggetto che aveva atterrato il suo compagno (confermerà questa versione anni dopo, aggiungendo che la lattina consegnata all’arbitro era vuota, a differenza di quella lanciata dalle tribune). E mentre Boninsegna restava semi-incosciente sul prato, intorno a lui i giocatori delle due squadre erano scatenati. I tedeschi urlavano alla farsa, gli italiani chiedevano la sospensione dell’incontro. Il difensore del Borussia Ludwig “Luggi” Müller dopo l’incontro dichiarò:

«Ho visto la lattina colpire la spalla di Boninsegna. All’inizio sembrava piuttosto perplesso. Quindi il capitano dell’Inter Mazzola gli ha urlato qualcosa e giù, cadde a terra come colpito da un fulmine. La lattina era tanto buona quanto vuota. L’ho notato quando l’ho presa a calci in direzione della linea. Boninsegna voleva alzarsi, ma un massaggiatore lo spinse ancora e ancora. Quindi si lasciò trasportare su una barella. Ma abbiamo visto che ha ammiccato ai suoi compagni di squadra. È stata una grande recitazione». 

Dopo sette minuti di sospensione e l’intervento del capo della Polizia di Mönchengladbach, spaventato dalla presenza di migliaia di italiani sugli spalti, la partita riprese con i nerazzurri convinti di ottenere una vittoria a tavolino per 3 a 0, come da regolamento italiano. Boninsegna venne sostituito e i suoi compagni si fecero asfaltare dalla furia del Borussia. 5 a 1 il parziale al primo tempo, 7 a 1 il risultato finale con doppiette di Heynckes, Le Fevre e Netze e il rigore trasformato da Sieloff. Un rigore (pare) talmente dubbio da far arrabbiare Mario Corso al punto da fargli prendere a calci l’arbitro, rimediando un cartellino rosso.

Un autista di 29 anni, Manfred Kristein, venne arrestato per il lancio e i tifosi locali, convinti di aver assistito a una messincena indegna, assediarono lo spogliatoio nerazzurro costringendo la squadra a lasciare lo stadio solo diverse ore dopo. Incredibilmente, entrambe le formazioni erano convinte di aver vinto la partita.

L’arresto di Manfred Kristein – Horstmüller

La vera batosta per l’Inter arrivò poche ore dopo il termine dell’incontro. Dopo aver a più riprese sfogliato il regolamento, il DS Franco Manni raggiunse trafelato l’avvocato Giuseppe ‘Peppino’ Prisco, vicepresidente dei nerazzurri, avendo realizzato che i regolamenti dell’UEFA non prevedevano il principio della responsabilità oggettiva, ovvero una società non rispondeva del comportamento dei propri tifosi.

A peggiorare le cose ci si mise il signor Dorpmans il quale, oltre a non aver visto il famigerato lancio e ad aver considerato la reazione di Boninsegna a dir poco plateale (pur non avendone prove), d’accordo con il delegato UEFA di quell’incontro, l’inglese Matt Busby, giudicò l’evento della lattina come assolutamente ininfluente sul risultato finale, riferendolo alla Commissione Disciplinare dell’UEFA. Il delegato non inserì neanche l’evento nel referto.

Nonostante tutti questi elementi a sfavore l’avvocato Prisco decise di presentare reclamo, chiedendo la vittoria a tavolino.

L’avvocato Peppino Prisco – SkySport

L’incontro non venne trasmesso dalla televisione tedesca a causa di problemi contrattuali (a parte pochi spezzoni di gara) quindi la Commissione dovette basarsi sui racconti radiofonici, giornalistici e dei testimoni oculari. I legali del Mönchengladbach tentarono di dimostrare la colpevolezza di un italiano interista ma la polizia tedesca fu costretta a divulgare l’identità del ragazzo fermato, un olandese naturalizzato tedesco, tifoso del Borussia.

Prisco non si lasciò scappare l’opportunità e, dopo un’incredibile arringa e una battaglia legale terminata solo di notte, il 30 ottobre ottenne l’annullamento dell’incontro e la ripetizione in campo neutro. Tentò anche, con una mossa a dir poco azzardata, di salvare Corso dalla probabile squalifica facendo passare come autore del gesto contro l’arbitro il sacrificabile Ghio. Non ci riuscì, il centrocampista venne squalificato dalle competizioni europee fino alla fine dell’anno.

L’indimenticabile folklore dell’avvocato Prisco

Il ritorno a San Siro si giocò il 3 novembre 1971 e l’Inter travolse i tedeschi per 4-2. La ripetizione dell’incontro di andata si disputò a Berlino il 1º dicembre 1971. Gli italiani si chiusero in difesa e l’incontrò terminò sullo 0 a 0, col portiere Bordon autore di una prodigiosa prestazione.

A proposito dell’avvenimento, il protagonista Boninsegna ha dichiarato in un’intervista di pochi anni fa:

«A Berlino ci fu caccia all’uomo, nel senso che i tedeschi non hanno mai creduto io avessi preso in testa la lattina. Invece fu tutto vero, compreso il bernoccolo che mi rimase in testa, tant’è vero che il commissario UEFA poté constatare che l’infortunio era vero».

La gara di ritorno del 3 novembre 1971

I legali del Borussia fecero inutilmente ricorso. L’Inter proseguì il suo cammino europeo fino alla finale contro l’Ajax di Johan Cruijff, che schiantò la compagine italiana con una doppietta regalando ai lancieri la seconda (di tre) Coppa dei Campioni consecutiva. Interrogato sulla sconfitta del primo incontrò, Boninsegna dirà:

«I miei colleghi mi raccontarono che l’arbitro disse che per lui la partita era finita, perciò il 7 a 1 non vale niente, perché l’abbiamo dimostrato, a San Siro gli abbiam dato quattro pere e al ritorno a Berllino abbiamo fatto 0 a 0, perciò non c’era quel divario tra le due squadre».

La voglia di rivincita del Borussia Mönchengladbach fu talmente forte da permettergli di dominare le scene per tutto il decennio, conquistando tre campionati, una coppa e una supercoppa nazionale, oltre a due Coppe UEFA e diversi record ancora intatti (uno su tutti, una storica vittoria per 12 a 0 sul Borussia Dortmund). Diversi giocatori diventeranno poi campioni del mondo pochi anni più tardi, nei Mondiali di casa del 1974.

La “partita della lattina” ha lasciato strascichi per molto tempo, ricevendo un notevole clamore mediatico. Gianni Brera scrisse:

«L’Inter ha eliminato il Borussia Mönchengladbach. A tanto è pervenuta dopo tre incontri: ha disastrosamente perso il primo in Germania 7 a 1, ma per sua immeritata fortuna uno spettatore ubriaco ha avuto il ticchio di scagliare una lattina di Coca-Cola sulla capa di Boninsegna, in azione presso l’out. Subito Mazzola gli ha gridato qualcosa che poteva anche essere ‘Buttati giù’. Boninsegna è franato perdendo i sensi e forse anche la faccia. I legali dell’Inter hanno sporto reclamo e l’UEFA ha annullato la partita. Il Borussia è poi venuto a San Siro e vi ha perso 4 a 2. Il ritorno in Germania ha avuto luogo a Berlino. I tedeschi non sono riusciti a segnare e gli interisti pure».

L’arbitro olandese Jef Dorpmans con la lattina del delitto – Jan van Leeuwen

A incontro finito il commissario di Mönchengladbach consegnò la lattina all’arbitro Dorpmans, che l’ha gelosamente custodita per poi donarla al museo del calcio del Vitesse, dov’è rimasta fino al 2012, anno nel quale la lattina è stata finalmente acquisita dal Borussia Moenchengladbach. Con una grande festa, è stato proprio Dorpmans a consegnare il corpo del reato a un rappresentante del club tedesco.

Ora, il pezzo di latta più famoso del calcio è conservato nel museo dei Puledri, come eterno ricordo dell’inizio del più bel periodo della loro storia.

Classe '88 ma lo nascondo bene. Scrivo perché adoravo il suono della Olivetti di mio nonno e perché, a causa della mia pessima educazione, mi chiedo ancora oggi i perché delle cose. Ho una Laurea in Comunicazione, un Master in Drammaturgia e Sceneggiatura e non so ancora cosa voglio diventare da grande.

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