La Russia ha invaso l’Ucraina

Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per provare a mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia. Oggi parliamo dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

Visto il rapido procedere degli eventi, questa edizione di Rassegnati sarà leggermente diversa dal solito. Al posto di concentrarsi unicamente sulla stampa italiana, prenderà in esame le pagine di apertura dei quotidiani internazionali (cartacei) per capire come, nel mondo, è stata raccontata l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Non ci saranno breaking news (per cui si rimanda ad altre fonti verificate) ma un’analisi di come questo evento è stato percepito nei diversi Paesi e dalle diverse testate.

I fatti essenziali sono chiari e noti. Nelle prime ore di giovedì 24 febbraio è iniziata l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. L’esercito sta bombardando e assediando diverse città, avanzando verso il centro del Paese con una strategia a tenaglia: da nord, sud ed est. Ufficialmente Putin ha dichiarato di essere intervenuto a sostegno delle autodichiarate repubbliche del Donbass e di colpire solo obiettivi militari. Chi si trova in Ucraina, però, riporta numerosi attacchi anche alle infrastrutture civili. Gli Stati Uniti e i Paesi europei hanno reagito, per ora, con delle aspre sanzioni volte a colpire l’economia russa.

Come hanno annunciato l’invasione e, dunque, lo scoppio del conflitto i quotidiani italiani e internazionali? Partiamo dal contesto italiano. I giornali cartacei usciti giovedì 24 febbraio, nella maggior parte dei casi, sono stati stampati e distribuiti prima dell’attacco russo. Di conseguenza le aperture mostrano un’Ucraina in attesa, in una situazione di stasi prima del conflitto militare.

La Stampa dedica metà della prima pagina al tema e sceglie come titolo «Kiev pronta alla guerra». Ad accompagnare il tutto, vediamo i carri armati russi nella regione di Rostov al confine con l’Ucraina. Toni simili si leggono sul Corriere, che al centro dell’apertura pone un virgolettato «“L’Ucraina sarà invasa fra poche ore”». L’origine di queste parole viene poi spiegata all’interno dell’articolo: è l’allarme lanciato dalla Casa Bianca.

Anche La Repubblica ritrae un’Ucraina che «aspetta l’invasione» e, già in prima pagina, inserisce anche alcune reazioni a livello internazionale: «Washington, Parigi e Roma annullano i bilaterali con Mosca. Draghi: no ai soprusi». Il Sole 24 Ore si concentra su un possibile attacco informatico scatenato da Mosca a Kiev, mentre Il Messaggero dedica alla notizia un trafiletto molto breve, incastonato tra titoli che si concentrano sul contesto italiano. Infine sulla pagina di apertura del Manifesto prevale un’immagine militare di repertorio con il messaggio, a chiare lettere, «No war».

Se passiamo alle prime pagine del giorno successivo, venerdì 25 febbraio, notiamo un cambio di toni: una maggiore concentrazione sul conflitto in Ucraina e la presenza di titoli allarmanti. Le questioni più strettamente italiane (la situazione sanitaria, la prossima fine dello stato di emergenza, etc.) sono lasciate in secondo piano.

Il Corriere sceglie come titolo «Putin scatena la guerra» e La Repubblica «La guerra di Putin». In entrambi i casi ad accompagnare gli strilli abbiamo la fotografia di una donna – circolata molto anche sui social – con il volto ferito dopo un bombardamento russo nella città di Chuhuiv.

Sul Fatto quotidiano si legge «Putin marcia su Kiev. Usa e UE sparano a salve», mentre Domani riporta una fotografia dalle tinte cupe dei carri armati russi e il titolo «L’ora più buia». Il Sole 24 Ore si distacca in parte da questa tendenza concentrandosi – come sempre – più sugli aspetti economici. Il titolo è infatti «Russi verso Kiev, il gas alle stelle. Sanzioni: colpite finanza e hi tech». Molto in linea con il taglio della testata.

Infine Il Foglio, che in apertura riporta «Contro Putin costi quel che costi», inserisce in alcune pagine centrali la bandiera dell’Ucraina rappresentata dall’artista Luca Vitone in versione rovesciata.

Sul piano internazionale osserviamo innanzitutto una costante per quanto riguarda le immagini riportate. Oltre alle fotografie dei bombardamenti, ricorre spesso quella della donna ferita al volto a Chuhuiv presente anche sul Corriere e sulla Repubblica.

Anche spostandoci al di fuori dell’Italia i titoli sono per lo più allarmistici e densi di preoccupazione. Il francese Libéracion si apre con «L’impensable», il portoghese Diário de Notícias con la parola guerra a caratteri cubitali e in rosso su sfondo nero e con una rappresentazione di Putin coperta da una macchia di sangue. Il New York Times parla di «War in Ukraine» e il The Guardian sintetizza il tutto in «Putin invades». Non c’è bisogno di dire quale Paese tanto è noto l’evento. Anche il tedesco Süddeutsche Zeitung la definisce una «Krieg in Europa», cioè guerra in Europa, e lo spagnolo ABC spiega che «Putin toma Ucraina a sangre y fuego» (Putin mette l’Ucraina a ferro e fuoco).

Se ci allontaniamo dal contesto europeo-statunitense vediamo che il Clarín argentino riporta in prima pagina l’immagine di un soldato deceduto. Il quotidiano marocchino Alahdath Almaghrebia mostra una notevole preoccupazione per le persone marocchine in Ucraina (titolo originale «ذعر وسط مغاربة أوكرانيا»).

Il Global Times, cinese, si mostra invece molto più pacato: «Russia ‘ready to talk’ after paralyzing Ukraine in flash» (La Russia è pronta a discutere dopo aver paralizzato l’Ucraina in un lampo). Lo stesso vale per il China Daily, secondo cui «Putin aims to demilitarize Ukraine» (Putin mira a demilitarizzare l’Ucraina). Sono delle eccezioni rispetto alla media delle strategie scelte dalle testate internazionali. Anche le immagini presenti su queste prime pagine sono meno d’impatto. Naturalmente la ragione di queste scelte va fatta risalire alle caratteristiche del governo cinese.

Leggo, scrivo e ne parlo. Sono una giornalista, un'insegnante. Mi occupo di diritti e conduco il podcast Cristianə a chi?

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