L’affossamento del DDL Zan

Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per provare a mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia. Oggi parliamo dell’affossamento del DDL Zan.

Il disegno di legge Zan, di cui tanto si è discusso negli scorsi mesi, è giunto alla sua fine. Mercoledì 27 ottobre, durante la discussione in Senato, è stata ritenuta ammissibile dalla presidente Casellati la richiesta di votazione segreta per la “tagliola”, la procedura di «non passaggio all’esame degli articoli» che ha affossato il DDL. 154 senatrici e senatori hanno votato a favore (dall’altro lato 131 contrari) e la proposta contro omolesbobitransfobia, misoginia e abilismo si è arrestata. Dopo questo stop dovranno passare almeno sei mesi prima che la stessa aula discuta una legge con la medesima finalità. Il testo, però, dovrà essere diverso.

La Repubblica presenta fin dal titolo i dati della “tagliola” e riporta l’intento di Salvini di ripartire da un testo di legge scritto dalla lega. Il sottotitolo amplia poi le reazioni politiche: «Il forzista Vito lascia il suo incarico in FI per protesta. La Russa (FdI) dice: “Una nuova maggioranza c’è”. Letta: “Hanno voluto fermare il futuro”».

La testata tira le somme della votazione avvenuta, sostenendo che «Il centrosinistra era sicuro di avere 149 voti sulla carta». L’intero articolo si concentra sugli equilibri e disequilibri politici che si sono resi manifesti nell’aula del Senato (ma che si potevano riscontrare anche in precedenza). Vengono riportate, divise in due paragrafi contrapposti l’uno all’altro, le dichiarazioni dei rappresentati di alcuni partiti. Troviamo così Letta e Conte che lamentano un passo indietro per l’Italia e, dall’altra parte, Salvini che esprime soddisfazione per l’affossamento del DDL Zan.

L’articolo si concentra quindi sulle aspettative della sinistra che vengono presentate come tradite, troppo positive rispetto al reale esito degli eventi. Vengono inoltre riportati alcuni momenti salienti del dibattito, dando soprattutto spazio a Forza Italia, Fratelli d’Italia e Italia Viva. L’articolo si conclude con le dichiarazioni del movimento Pro Vita, uno dei massimi osteggiatori del DDL Zan.

Il Post apre il suo articolo con l’immagine dei senatori che esultano dopo l’approvazione della “tagliola”. Una fotografia già diventata icona. Viene spiegato più approfonditamente la manovra che ha permesso l’affossamento del DDL e il ruolo dei “franchi tiratori”, cioè i «senatori delle forze che teoricamente sostenevano la legge e che però hanno votato contro le indicazioni di partito» grazie al voto segreto.

La testata si concentra soprattutto sulla ricostruzione del voto. Cerca di individuare la posizione politica dei “franchi tiratori” e le loro motivazioni di base: «Secondo le ricostruzioni giornalistiche sono stati probabilmente di più, fino a 23-25, sparsi anche tra le correnti più cattoliche del PD e nel M5S. Ma si sa anche che nel Misto e nella stessa Forza Italia c’erano diversi senatori favorevoli al ddl Zan, e quindi c’è la possibilità che a sabotare segretamente la legge siano stati ancora più senatori nel centrosinistra». Il Post non esita a tratteggiare le separazioni interne ai partiti di sinistra e precedenti alla discussione. Ne emerge con forza che non si è mai trattato di un fronte unito.

Anche l’articolo de Il Foglio prende il via dagli applausi dei senatori e delle senatrici in aula e li commenta attraverso le parole della senatrice Simona Malpezzi (PD): «l’applauso di una parte del Senato conferma che la destra non ha mai voluto approvare una legge contro i crimini di odio e le discriminazioni. Oggi è una giornata triste. Ma quello che più colpisce è che chi diceva di voler discutere di diritti ha oggi imposto il voto segreto, decidendo di affossare una legge che tutelava i diritti delle persone».

Un incipit chiaro a cui vengono fatti seguire i commenti di personalità note di vari ambiti: Caterina Biti, Carlo Calenda, Chiara Ferragni, Fedez e poi i principali leader politici. Dopo questa rassegna di dichiarazioni, si giunge alla sezione «Il mondo Lgbt e gli oppositori della legge», una successione rapida di commenti pro e contro questo DDL disposti l’uno dietro l’altro. La voce di parte delle persone che sarebbero state tutelate dal disegno di legge compare, quindi, ma in una lunga lista di impressioni a caldo e senza una cornice di contesto realizzata dalla testata.

Vista la portata di questo evento, allarghiamo lo sguardo anche a un esempio di stampa internazionale. The Guardian intitola il suo articolo così: «‘Disgraceful’: Italy’s senate votes down anti-homophobic violence bill». Dopo una panoramica dell’iter che il DDL ha affrontato negli scorsi mesi, si nominano con chiarezza i reali responsabili di questo affossamento: «una cultura maschilista, il cattolicesimo e il sostegno dei partiti di estrema destra». Una presa di posizione chiara, un riconoscimento immediato delle cause profonde dell’esito del disegno di legge, al di là dei giochi politici.

Gli articoli italiani considerati, quindi, si concentrano più sull’aspetto politico, tecnico della vicenda: la conta dei voti, le dichiarazioni dei leader dei partiti, le spaccature interne. Manca la voce di chi sarebbe stato tutelato dal DDL. Non sono state approfondite – da queste testate – le reazioni della comunità LGBTQ+, delle persone disabili, delle donne; il loro spaesamento, la delusione, il senso di insicurezza verso questo Paese. Servirebbe quindi dare maggiore spazio alle categorie marginalizzate in questione e considerare le conseguenze concrete dell’affossamento del DDL Zan, gli esiti che caratterizzeranno la loro vita nell’immediato e medio futuro.

Leggo, scrivo e ne parlo. Sono una giornalista, un'insegnante. Mi occupo di diritti e conduco il podcast Cristianə a chi?

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