La n-word nella televisione italiana

Questo approfondimento è stato realizzato con il contributo di Jacklin Faye, attivista e blogger che scrive di razzismo per EqualiLab.

Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per provare a mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia. Oggi parliamo dell’uso della n-word in TV, delle proteste sui social e della reazione dei giornali.

Negli scorsi giorni la televisione italiana ha riportato alcuni usi della parola con la n, termine dispregiativo rivolto alle persone afrodiscendenti. Il primo caso vede come protagonista l’attrice Valeria Fabrizi nel programma “Da noi… a ruota libera”. Quando la conduttrice, Francesca Fialdini, le mostra una sua vecchia fotografia con il marito Tata Giacobetti, lei risponde che non è una bella immagine perché «Sembro una ne*ra, una ragazza di colore. Non mi riconosco!». La conduttrice, tra le risate generali del pubblico, le risponde: «Sarebbe una bellissima versione di te», per poi dirottare la conversazione. L’attrice ha replicato il giorno dopo sui social scusandosi per l’accaduto, sostenendo che «Il colore della pelle per me e’ indifferente».

Valeria Fabrizi a “Da noi… a ruota libera”

Poco tempo dopo ha fatto scalpore uno sketch andato in onda su “Striscia la notizia”, tratto dal programma “Giass”, che parodiava l’ex presidente della Camera Laura Boldrini. Il comico Paolo Kessisoglu dice: «Senta, sono vent’anni che mi faccio fotografare con donne maltrattate e bambini ne*ri, secondo lei mi diverto?». Per descrivere poi la posa assunta durante gli scatti usa la dicitura «espressione contrita da bambino ne*ro» e conclude chiamando “Congo” il ragazzo nero che entra in scena. Lo sketch è stato accolto dalle risate dei due conduttori, Michelle Hunziker e Gerry Scotti.

Paolo Kessisoglu a “Striscia la notizia”

Come ne hanno parlato i giornali? Nonostante la mole di persone che si è espressa criticando o difendendo l’uso della n-word, le testate hanno dedicato poco spazio a questo fatto. Se ne sono occupati soprattutto i giornali legati al gossip e allo spettacolo, presentando alcune costanti. Perché i principali quotidiani italiani hanno risposto con un grande silenzio?

Fanpage.it sceglie il titolo «Gaffe di Valeria Fabrizi», che riporta una delle parole più utilizzate. Le affermazioni dell’attrice, infatti, sono state considerate una gaffe, uno scivolone, non un vero e proprio atto di razzismo per quanto, probabilmente, inconsapevole. L’episodio viene poi definito nel corpo dell’articolo «un momento poco edificante». La n-word è stata censurata sia nel titolo che nel testo, coprendo con un asterisco la lettera g. La testata rimarca il ruolo interpretato da Fabrizi in Che Dio ci aiuti e accenna brevemente alla reazione della conduttrice Fialdini per poi concentrarsi sul brano Angela del Quartetto Cetra, di cui faceva parte il marito dell’attrice, che viene presentato come antirazzista. Un modo per attenuare la responsabilità di Fabrizi.

La notizia è stata tralasciata dai principali quotidiani nazionali, quindi chi vuole approfondirla si deve necessariamente appoggiare alle piattaforme di gossip e spettacolo. Facendo una ricerca online, uno dei siti più visibili è Ultima parola, che nuovamente presenta le affermazioni di Fabrizi come una gaffe. Nel titolo, inoltre, aggiunge «La frase ‘razzista’ scatena la bufera», le cui virgolette mettono in dubbio la portata offensiva della n-word. In questo caso la parola con la n non viene censurata, riportandola per esteso nel testo dell’articolo, non solo all’interno delle citazioni dell’attrice. Di lei viene sottolineata l’età e le sue parole sono definite «il peccato veniale di ‘Suor Costanza’».

L’autrice Igiaba Scego a proposito della n-word in televisione

La testata prosegue ipotizzando un uso involontario della n-word e descrivendo l’aggiunta di «una ragazza di colore» come una correzione. Chi scrive l’articolo, infatti, ritiene questa espressione «la terminologia più appropriata per parlare di differenze fisiche dettate dal semplice colore della pelle». L’articolo si conclude sostenendo che «il pubblico perdona Suor Costanza per questo scivolone». Come si è notato, l’attrice viene chiamata più volte con il nome del suo personaggio e naturalmente anche questa è una scelta comunicativa. Un modo per attenuare l’affermazione razzista di Fabrizi, rifacendosi all’affetto diffuso tra il pubblico della fiction e alla figura religiosa che impersona.

Ultima parola riporta anche l’episodio avvenuto durante “Striscia la notizia”: «è bufera per il programma». Questo e il termine polemica sono tra i più utilizzati per parlare delle reazioni all’uso della n-word sulla TV nazionale. La caricatura di Boldrini realizzata da Paolo Kessisoglu viene definita «simpatica parodia» e la parola con la n, ancora una volta, non viene censurata. Si concentra poi l’attenzione sulla mancata reazione dei conduttori, che si sono limitati a ridere allo sketch. Infine, vengono riportati brevemente i commenti sui social.

I titoli delle piattaforme considerate: Fanpage.it, Ultima parola, Il Messaggero

Questi episodi hanno riportato alla luce alcuni eventi degli scorsi mesi, raccontati in modo simile anche dalle principali testate italiane. A settembre Fausto Leali ha usato la n-word in televisione, durante il “Grande Fratello Vip”, e Il Messaggero ha riportato la notizia senza censurare la parola. Il cantante ha giustificato la sua affermazione dicendo che quello è il termine adatto per indicare «la razza», mentre nero è legato al colore. La testata riporta gli scambi di battute tra i vari inquilini della casa, senza commentarli né identificarli come casi di razzismo.

Tutti questi articoli mostrano alcune tendenze generali. Innanzitutto le proteste che l’uso della n-word provoca vengono sminuite a bufera o parodia, senza approfondire e cercare di capire perché si generano. Poi le persone che scelgono la parola con la n vengono giustificate per via della loro età, del contesto comico, delle buone intenzioni o dell’ingenuità. Niente di tutto ciò, però, è una vera scusante, bensì rivela quanto è assimilato e taciuto il razzismo in Italia. Infine c’è la scelta di molti canali comunicativi di non censurare la n-word, decisione ritenuta offensiva dalle minoranze che tale parola colpisce.

Per approfondire: il quarto episodio del podcast Sulla razza di Nadeesha Uyangoda, Nathasha Fernando e Maria Catena Mancuso

A questo proposito Jacklin Faye, attivista e blogger che scrive di razzismo per EqualiLab, sostiene: «La n word, pur essendo a tutti gli effetti uno slur razzista, non viene mai censurata nei media italiani. Non si è mai davvero riflettuto sul significato di quella parola, sia dal punto di vista storico che culturale. Questo è causato anche dal fatto che l’Italia non ha mai affrontato il suo passato coloniale. È importante capire il motivo per cui non va usata perché le discriminazioni a sfondo razziale si diffondono anche attraverso un linguaggio discriminatorio. Nel migliore dei casi la comunità afroitaliana verrà ripetutamente ignorata, ogni volta che si riapre la discussione sul razzismo sistemico in Italia. Nel peggiore dei casi i media faranno gaslighting, allontanandosi dalle proprie responsabilità senza assumersi le conseguenze delle proprie azioni. Non mancano poi le accuse, verso la comunità afroitaliana, di essere fin troppo suscettibile. Un parola che è stato usata nei secoli per denigrare le persone nere, non può rimanere nel linguaggio comune. Il compito di rivendicazione di un determinato slur, spetta alle categoria che subisce quell’oppressione e non a chi non sarà mai vittima della discriminazione che deriva da quel termine».

Gli eventi degli ultimi giorni, quindi, hanno attirato l’attenzione su fenomeni linguistici e culturali molto radicati e spesso ignorati. Davanti a tutto ciò, è ancora più sorprendente il silenzio dei principali giornali italiani. Un’occasione mancata per analizzare un problema sociale troppo diffuso: il razzismo in Italia.

Leggo, scrivo e ne parlo. Sono una giornalista, un'insegnante. Mi occupo di diritti e conduco il podcast Cristianə a chi?

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