Celtics vs Warriors

Nba Finals 2022: la rivincita di Warriors e Celtics

golden state e boston vicine al titolo contro ogni previsione, dopo anni di assenza dalle finali nba.

Alle NBA Finals 2022 si sfideranno Golden State Warriors e Boston Celtics, le squadre vincitrici rispettivamente della Western e della Eastern Conference. E mentre gli Warriors hanno eliminato in gara-5 i Dallas Mavericks, avanzando alle seste finali NBA delle ultime otto stagioni e interrompendo la loro assenza dai playoff che durava dal 2019, i Celtics hanno superato in un’avvincente gara-7 i Miami Heat, chiudendo la serie a una manciata di secondi dalla sirena e approdando per la ventiduesima volta nella loro storia alle Finals.

Se Boston è alla ricerca del diciottesimo Anello della franchigia (pareggiando i conti con i Los Angeles Lakers), Golden State, ritrovata la sua identità di gioco intorno ai veterani Curry-Thompson-Green, intende rivendicare la sua legacy nella pallacanestro. Qualunque sarà il risultato, entrambe le squadre sono uscite dai loro anni di purgatorio tra infortuni e ricostruzioni. E ora sono pronte a riprendersi la scena contro ogni pronostico a inizio stagione.

nESSUNO HA ANCORA SPODESTATO GOLDEN STATE

We back!, sono tornati. Dopo l’eliminazione in finale contro i Toronto Raptors nel 2019, gli Warriors non si sono mai qualificati ai playoff. Nel mezzo sono successe molte cose: l’infortunio e l’addio dell’MVP Kevin Durant, con cui hanno vinto due anelli nel 2017 e nel 2018; l’infortunio al crociato di Klay Thompson alle Finals 2019 e di nuovo nella stagione successiva; l’assenza di Steph Curry nella stagione 2019-20 e la partenza di Iguodala per motivi salariali; l’infortunio al menisco del rookie James Wiseman nel 2021 e l’incertezza sul futuro di una squadra ricostruita sui giocatori più giovani.

Con il rientro dei Big Three Steph Curry, Klay Thompson, Draymond Green, hanno coraggiosamente lasciato alle spalle il triennio glorioso con Durant e ritrovato l’energia del biennio 2014-2016. Insieme al trio, il ritorno di Andre Iguodala e dei veterani Otto Porter Jr. e Nemanja Bjelica, perfetti per lo stile di gioco di coach Steve Kerr. Inoltre, la scommessa onerosa sui più giovani Andrew Wiggins, Jordan Poole, James Wiseman, Moses Moody e Jonathan Kuminga, ha dato solidità ai risultati ottenuti durante la stagione.

Il poster sensazionale di Wiggins contro Doncic in gara-3

Nei playoff è emersa la peculiarità di questi giocatori, come la presenza difensiva di Wiggins contro Doncic per tutta la serie, culminata nella gara-5 dove lo sloveno ha chiuso il suo peggior primo tempo della sua carriera ai playoff. Poole affianca Curry e Thompson nelle statistiche, con i suoi 18.4 punti per partita. Mentre Kevon Looney protegge il pitturato e i suoi rimbalzi diventano imprescindibili, come ha mostrato nella serie precedente contro i Memphis Grizzlies di Ja Morant.

In gara-5 contro Dallas, Klay Thompson ha ricominciato a correre con i suoi 32 punti (8/16 da tre), il miglior marcatore del quintetto tutto in doppia cifra. Curry, invece, braccato dalla difesa, ha ripiegato sul suo gioco da playmaker inanellando assist ai compagni. Prestazione che non ha impedito la sua nomina a MVP della Western Conference e vincitore del primo Magic Johnson Trophy.

CELTICS CONTRO TUTTI

Da una parte un quintetto dalla vitalità ritrovata grazie allo stato di forma dei veterani e alle rotazioni dinamiche con i giovani talenti che sta approfittando della settimana di riposo prima dell’inizio delle Finals (in programma nella notte tra il 2 e il 3 giugno). Dall’altra Boston, reduce da una storica finale di conference e da una serie molto combattuta. Proprio negli ultimi 2:46 che è successo tutto: l’assalto di Miami che ha ridotto lo svantaggio a due punti, il possesso di Jimmy Butler a 17 secondi dalla sirena, la tripla mancata.

Come ha scritto Joe Vardon su The Athletic «le intenzioni di ogni giocatore non appena il pallone diparte dalle sue dita verso il canestro sono di farlo attraversare sul ferro pacificamente e lasciarlo cader giù come un sasso nella rete sul parquet, ma quel tiro doveva entrare». Quando una stagione come questa finisce con un tiro da tre sbagliato – un tiro che un All-Star come Butler doveva prendere -, ecco che per dirla come il coach degli Heat Erik Spoelstra «finisce con un tonfo.»

Il finale da cardiopalma di gara-7. Nonostante una prestazione da 35 punti, della serata di Butler resterà la tripla decisiva mancata. Una giocata diversa da quanto fatto, sempre in gara-7, nel 2019 coi Sixers a Toronto.

L’erede di Kobe Bryant

Dall’altro lato del campo, a vincere questa finale di conference è stato il giovane Jayson Tatum, che si è lasciato ispirare dal desiderio di rivincita e dal numero 24 dell’idolo Kobe Bryant, inciso su una fascia viola indossata per tutta la partita. La stella dei Celtics ha cancellato l’amarezza del traguardo sfiorato per tre volte nel 2017, 2018 e 2020, vincendo il premio Eastern Conference Finals MVP.

Coach Ime Udoka ha ammesso che «sembra sia sempre stato pensata per essere così. Durissima». Non solo in questi playoff, dove hanno affrontato e battuto le squadre favorite per vincere l’anello (prima i Brooklyn Nets di Durant e Irving, poi i Bucks di Antetokounmpo). Non solo durante una stagione iniziata tutt’altro che in discesa, poi ripresa con le 34 vittorie nella seconda parte di stagione grazie alla migliore difesa di tutta la lega. Le difficoltà ci sono state per molti anni. Una franchigia storica come i Celtics, infatti, non ha saputo centrare l’obiettivo per quattro anni nonostante l’arrivo di Kyrie Irving e di Gordon Hayward, e poi di Kemba Walker prima di essere compromesso dagli infortuni.

Udoka ha plasmato la squadra rafforzando il trio composto da Jayson Tatum, Jaylen Brown e Marcus Smart (il primo terzetto che in gara-7 ha raggiunto 20+ punti e 5+ assist a testa dai tempi di Magic-Worthy-Scott ai Lakers nel 1988). A loro si sono aggiunti Robert Williams e Al Horford, rendendo il quintetto titolare come il più versatile difensivamente. Williams viene schierato vicino all’esterno meno pericolo degli avversari, ma la sua capacità di essere in due posti contemporaneamente (per questo viene soprannominato “Time Lord”) lo rende pericoloso sia sotto il canestro sia vicino al perimetro. Horford, nonostante i suoi 36 anni (e al primo accesso alle Finals della sua carriera), sta giocando la sua migliore delle quindici stagioni in NBA. Anche dalla panchina Derrick White e Grant Williams si inseriscono negli schemi difensivi senza concedere vantaggi agli avversari.  

chi vincerà l’anello?

In regular season i Celtics hanno dimostrato le loro capacità difensive contro Curry e compagni, quindi la domanda riguarda se gli Warriors segneranno canestri a sufficienza. Contro Dallas, Golden State ha avuto molta libertà sotto il tabellone. Solo Jaren Jackson Jr. ha dato lustro alla difesa di Memphis sporcando molti tentativi al tiro, supportato dalla capacità a rimbalzo di Steven Adams. La forma di Robert Williams sarà quindi fondamentale per far pendere la serie da una parte o dall’altra. E proprio per la loro versatilità, contro gli Warriors i Celtics potranno cambiare schemi in continuazione grazie alle caratteristiche di Tatum e Brown, in grado di marcare chiunque. Dall’altro lato, per far girare la palla tra Curry-Poole-Thompson, il ruolo chiave sarà di Wiggins (che mise a referto 27 punti contro i Celtics a dicembre).

Nonostante i precedenti incontri, è difficile sbilanciarsi. Le squadre non si sono mai affrontate al loro completo (Curry si è infortunato nella partita di marzo, Wiggins non c’era). Tuttavia, Golden State ha avuto maggior tempo per riposare e allenarsi e ha sempre vinto ogni gara-1 di questi playoffs. Ci sarà spettacolo, e ci auguriamo anche un’altra gara-7.

Post a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

la tua finestra sul mondo

Iscriviti alla newsletter:

    SEGUICI: