Nebraska, 17enne sotto processo per aborto. Dati consegnati da Meta

Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia. Oggi parliamo della cessione da parte di Meta (Facebook) dei dati privati di una 17enne del Nebraska e della madre (Celeste e Jessica Burgess) che sono quindi sotto processo per aborto clandestino.

Con l’annullamento della sentenza Roe v. Wade e l’eliminazione del diritto all’aborto a livello federale negli USA risalenti al 24 giugno, si è diffuso il timore verso il trattamento dei dati digitali da parte delle piattaforme. Queste preoccupazioni si sono concretizzate quando Meta, la società che sta a capo di Facebook, ha concesso alla polizia del Nebraska di accedere ai messaggi privati tra una ragazza di 17 anni e la madre, Celeste e Jessica Burgess. All’interno della conversazione si discuteva di come accedere a un aborto farmacologico oltre la 20esima settimana di gravidanza e di come disporre poi del feto. Le due ora sono sotto processo.

L’accesso ai documenti tramite Meta precede in realtà la cancellazione della Roe v. Wade, ma mostra con evidenza le modalità con cui i casi di aborto potranno essere affrontati negli USA e il coinvolgimento sempre più ampio delle tech company da parte delle autorità.

Come ne ha parlato la stampa italiana?

Il Post ricorda che la vicenda “a prescindere dalle specificità di questo caso, ha riaperto un dibattito su come i dati digitali di donne e operatori sanitari potrebbero essere usati per incriminarli in relazione a casi di interruzioni volontarie di gravidanza negli stati americani in cui queste sono diventate illegali”.

Successivamente, basandosi sulle informazioni divulgate da Vice, la testata ricostruisce la dinamica nei dettagli, riportando il passo della conversazione tra madre e figlia che ha insospettito le forze dell’ordine e fatto scattare il sequestro dei computer e degli smartphone delle due.

Si aggiunge che Meta “ha detto in un comunicato che il mandato non citava un aborto, ma parlava di un’indagine criminale. Ha anche sottolineato che a giugno il presunto reato su cui la polizia stava indagando era la sepoltura di un bambino nato morto”.

Il Corriere della Sera assume i toni di una narrazione quasi romanzesca: “Dopo la decisione della Corte Suprema di ribaltare la sentenza Roe vs. Wade […] i dipendenti di Facebook hanno bussato alla porta del Ceo di Meta, Mark Zuckerberg, e gli hanno fatto questa domanda: «Come pensi di poter proteggere i dati di coloro che cercheranno di abortire?». Lui era stato chiaro e aveva rassicurato gli animi affermando che la continua spinta dell’azienda a crittografare i messaggi avrebbe aiutato a difendere gli utenti da cattivi comportamenti o ampie richieste di informazioni. Ma eccoci a raccontare la prima storia con un destino diverso rispetto a quello prospettato da Zuckerberg”.

Dopo aver fatto una panoramica degli eventi, si riflette a partire dalle parole di Evan Greer di Fight for the Future sull’importanza della crittografia end-to-end, “il metodo che protegge i messaggi in modo che possano essere letti solo dall’emittente e dal destinatario: non dalle aziende. Il punto è che né le chat di Facebook, né quelle di Instagram sono crittografate end-to-end per impostazione predefinita. Per renderle invisibili, gli utenti devono acconsentire a crittografare i propri messaggi. […] Diventerà predefinita nel 2023. Lo è già su WhatsApp, e il capo globale della sicurezza di Meta, Antigone Davis, ha dichiarato che l’azienda sta «prendendo il tempo per farlo bene» anche su Facebook e Instagram”.

Il Fatto Quotidiano riassume la vicenda in un articolo molto conciso e ricorda che l’aborto in Nebraska è vietato oltre la 20esima settimana di gravidanza. “Lo Stato prevede deroghe a questa regola solo se la donna incinta è a rischio di morte o se corre un ‘serio rischio di compromissione fisica sostanziale e irreversibile di una delle principali funzioni corporee’”. Il rovesciamento della Roe v. Wade non ha quindi cambiato – per ora – la normativa del Nebraska sull’IVG.

Infine Fanpage riporta una generica voce delle associazioni per la tutela dei diritti delle donne che lanciano l’allarme: “questo caso rappresenta un precedente pericoloso per la privacy delle donne e per la loro libertà di scelta”.

Si aggiunge in conclusione un ulteriore tassello allo scenario culturale in cui è inserita la vicenda: “Il tema interessa anche gli operatori sanitari, sempre più spaventati all’idea di aiutare una donna ad abortire, soprattutto negli Stati in cui le interruzioni volontarie di gravidanza sono diventate illegali”. Le restrizioni sull’accesso all’aborto si riversano infatti anche sul personale medico.

Leggo, scrivo e ne parlo. Sono una giornalista, un'insegnante. Mi occupo di diritti e conduco il podcast Cristianə a chi?

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