Perchè Hades è una rivoluzione narrativa

Se avete frequentato il mondo dei videogiochi (online) questo autunno, avrete notato un nome sulla bocca di tutti: Hades. Accattivante, sicuro di sé e con uno stile a metà tra manga e Mike Mignola, questa avventura a spada tratta tra scenari infernali e divinità dell’Olimpo ha lasciato una scia di giocatori entusiasti, una guida su come rinnovare un genere e una quantità di fanart che hanno invaso i social media come le truppe di Menelao a Troia.

Ma nonostante il character design fantastico e il combattimento super soddisfacente, c’è un altro lato del gioco che ha stregato i giocatori e conquistato i cuori della critica. Un lato che il genere a cui Hades appartiene tende a lasciare in secondo piano – un lato che non potrà però essere ignorato nelle produzioni future.

Hades è una rivoluzione per la narrativa.

Come lo stesso sviluppatore Supergiant Games ci tiene a ricordare, è impossibile negare che il gioco sia esploso tra la critica come una bomba. Copyright Supergiant Games

Partiamo dalle basi: cos’è Hades? Lavoro indie sviluppato da Supergiant Games (Bastion, Pyre), si tratta di un compatto videogioco d’azione con visuale dall’alto, basato sul farsi strada tra gli abitanti del regno di Ade a colpi di spada e magie. Partito come esperimento in Accesso Anticipato nel 2018, cioè messo sui negozi online con un asterisco che segnalava che il gioco era da considerare ancora incompleto, la sua versione finale ha causato un terremoto nel mondo del giornalismo videoludico, accumulando una quantità di 10/10 e raccomandazioni rarissime di questi tempi.

E che gioco. Le meccaniche di combattimento sono sopraffine – siamo davanti a un roguelike, un genere basato interamente sull’affrontare nemici a ripetizione in livelli che si trasformano ogni volta che si gioca. Nato con il venerando Rogue (da cui il nome, “come Rogue”), questo genere permette una quantità di contenuti infinita, generando casualmente i suoi livelli ogni volta che si decide di affrontare una partita.

Zagreo, il nostro eroe, deve farsi strada tra tutte le schiere infernali per raggiungere la superficie, in un labirinto di stanze e corridoi che continuano a rimescolarsi e spostarsi dopo ogni tentativo – in questa variazione del genere, sbloccando potenziamenti, armi e possibilità che rendono ogni tentativo più semplice (o, a seconda della scelta, più duro).

Sulla sinistra, possibili potenziamenti sbloccabili per i vari tentativi. Sulla destra, Zagreo che cerca di non finire affettato dai laser. Copyright Supergiant Games

La domanda sorge spontanea: come creare una storia che si inserisca in questo tipo di mondo? La ripetizione continua rende impossibile una narrativa tradizionale – “E il nostro eroe tentò per venti volte di sconfiggere questo boss” non è esattamente una storia entusiasmante. Come sa chiunque abbia mai preso in mano un controller, però, è un problema comune a ogni gioco; la soluzione è quasi sempre non diegetica, con la trama che ignora ogni game over e considera solamente i tentativi che hanno avuto successo.

Questo crea un problema per i roguelike: se in un gioco classico come Super Mario è possibile far finta di niente quando Mario finisce in un buco senza fondo, i roguelike sono creati apposta con la morte del protagonista in primo piano – ogni tentativo è un ciclo, un ciclo la cui ripetizione fa parte del DNA del genere, e non ti permette di ricaricare un salvataggio e far finta di niente. Ma se alla fine del tentativo il nostro personaggio è morto, cosa giustifica la sua “risurrezione” per il tentativo successivo?

Famosi roguelike hanno affrontato il problema in maniera diversa: molti, tra cui Spelunky, fanno finta di niente, Rogue Legacy fa di ogni tentativo un personaggio diverso di una dinastia di cavalieri. Hades sceglie di farne il fulcro centrale della trama.

Troppi errori e Zagreo verrà rispedito da papino, rigenerandosi nella pozza di sangue infernale che fa parte della magione di Ade. Copyright Supergiant Games

Ed ecco entrare in scena Zagreo, il figlio del re degli inferi: se ogni tentativo finisce con la morte, beh, prendiamo un’ambientazione in cui la morte è di casa. Zagreo è l’equivalente di un teenager ribelle: sa che suo padre Ade (Hades nel titolo originale) gli sta nascondendo qualcosa, e sa che la risposta si trova in superficie. Zeus e gli altri dei lo esortano: abbandona gli inferi e ricopri il ruolo di divinità che ti si addice! E Zagreo proverà a fuggire con le unghie e con i denti, scoprendo sempre più indizi su cosa sia successo veramente nella storia della sua famiglia.

L’ascesa è dura, e Zagreo non è abbastanza forte, ma ha un asso nella manica. Essendo già all’inferno, morire per lui significa solo venire riportato a casa da papà con la coda tra le gambe. Zagreo potrà anche creare un arsenale micidiale con i materiali che recupera nei suoi viaggi, ma per potercela fare davvero dovrà invocare l’aiuto di zii e zie divine (e di qualche divinità sotterranea che ha piani diversi rispetto a Ade). Ed è qui che entra in gioco la parte ancora più geniale della storia.

I cameo si sprecano: ogni personaggio famoso dell’antichità (e anche parecchi personaggi minori) si farà vivo lungo il cammino di Zagreo, e ognuno è ritratto con un corpo da far paura, in linea coi principi greci. Copyright Supergiant Games

I livelli sono generati casualmente, i personaggi che si incontrano sono generati casualmente, ma i dialoghi non lo sono: ogni conversazione è basata sulla combinazione di personaggi che abbiamo incontrato e potenziamenti sbloccati. Se incontriamo Patroclo, Achille avrà qualcosa da dire; il tipo di armi che scegliamo causerà dialoghi diversi; a seconda di quale dio dell’Olimpo ci aiuterà in un certo ciclo, altri personaggi hanno reazioni diverse, certe missioni speciali si attiveranno, ci saranno reazioni diverse all’uso di certe armi. Il gioco ricorda quello che succede, e ogni personaggio reagisce in maniera naturale.

Sembra un’idea semplice. C’è però un piccolo problema: per poterla eseguire serve una quantità di testo impressionante – gli sviluppatori stimano che il gioco contenga 300.000 parole di testo, una quantità superiore a Odissea e Iliade messe assieme. La maggior parte dialoghi. Tutti con una vena di flirt e ammiccamento per chiunque, interpretando la sessualità nello stile dell’antica Grecia più che in quello moderno (con la possibilità di avere relazioni con entrambi i sessi), tutti categoricamente doppiati.

Il tenebroso Tanato è un favorito tra i fan; per quanto ci riguarda, dobbiamo ammettere di avere un debole per lo scolpito e rilassatissimo Dioniso, che come quasi tutti i personaggi fa sfoggio del suo corpo. Copyright Supergiant Games

È una quantità di contenuti spaventosa, ed è il motivo per cui abbiamo deciso di recensirlo in ritardo rispetto ad altri: nonostante le decine se non centinaia di ore passate nel gioco ci si continua a imbattere in dialoghi mai visti prima, in missioni ancora non completate, in coincidenze che generano conversazioni ancora mai incontrate. La quantità di lavoro e creatività che ha richiesto questo gioco è stata spaventosa, e solo quello merita una raccomandazione di alto livello.

Ci sono due tipi di potenziamenti divini: quelli che durano un solo tentativo e quelli che vengono sbloccati per sempre, legati al nostro arsenale invece che all’incontrare certi personaggi durante i nostri viaggi.

La traduzione aiuta, cogliendo appieno le citazioni e usando un italiano a volte arcaico che stonerebbe in qualunque altro tipo di gioco – ma che contribuisce ancora di più al richiamo a testi che molti hanno studiato a scuola. “Ammirate cotanta violenza!” grida Ares quando invochiamo il suo aiuto in battaglia, prima di dipingere le pareti con il sangue delle orde infernali. A volte risulta legnosa, ma quando funziona, funziona benissimo.

Per chi è cresciuto a pane e Iliade, Hades è pieno di momento e citazioni che fanno impazzire tutti gli appassionati dei classici dell’antichità – o almeno quelli che anche giocano ai videogiochi. Non è un caso che Sisifo sia uno dei personaggi che possono apparire nei sotterranei del regno di Ade, la sua punizione ripetitiva e eterna che lo spinge a identificarsi con il nostro protagonista. E non è un caso che il gioco faccia un mistero di storie che i giocatori potrebbero già conoscere.

Relazioni, rapporti d’amicizia, rivalità, destini condivisi: questo gioco è una lettera d’amore agli intricati miti dell’Antica Grecia. Copyright Supergiant Games

Il gioco offre infatti due livelli di lettura: chiunque incontri per la prima volta Patroclo e abbia ancora ricordi del liceo sa già la sua storia, prima ancora che Zagreo riesca a strappargli una spiegazione. La curiosità diventa quindi non tanto scoprire i segreti dei vari personaggi ma osservarne le conseguenze e scoprire come influenzano la trama – si, sappiamo la storia di Patroclo, ma cosa gli è successo dopo che è finito agli inferi e ha potuto incontrare di nuovo Achille? Cosa ne pensa la casta cacciatrice Artemide di Afrodite? Lassù sull’Olimpo ci sono problemi in famiglia, questo è poco ma sicuro.
È Beautiful per chi ha una laurea in lettere antiche.

Non che Hades sia il primo caso di gioco in cui si presentano questo tipo di idee narrative, anzi – la stessa Supergiant Gamesaveva fatto esperimenti in questo senso nel suo precedente Pyre, a parere di molti migliore data la maggiore libertà lasciata al giocatore per influenzare la trama. Hades non presenta molta scelta: ci sono decisioni, ma il gioco è quasi interamente basato sullo sbloccare dialoghi e sul vedere tutte le possibili combinazioni che si creano durante le nostre partite – un altro esempio di una narrazione costruita sulle regole di un genere in cui sbloccare potenziamenti a ripetizione è la regola fondamentale.

Personaggi minori della mitologia greca hanno ruoli di primo piano nella trama. Copyright Supergiant Games

Per concludere, il discorso sul fatto che un gioco valga il suo prezzo lascia sempre il tempo che trova. Hades è un lavoro artistico di alto livello, un videogioco incredibilmente soddisfacente e una pietra di paragone per tutti i giochi che verranno dopo di esso, celebrato anche ai recenti Game Awards come miglior gioco indipendente e miglior gioco d’azione. Comprarlo, per chi è interessato al settore, è un modo per vedere cosa sta succedendo sulla cresta dell’onda.

E per chi viene dal classico diventa obbligatorio.

Stefano Zocchi (1992), nato analogico e cresciuto digitale. Laureato in Lettere Moderne e sfociato accademicamente nell'editoria multimediale, scrive per lavoro e per passione di videogiochi e tecnologia, con un particolare interesse per il potenziale narrativo ed economico del settore. A tempo perso crea giochi indipendenti e musica

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