Bayern Monaco-Qatar, tra proteste e relazioni pericolose

«Per soldi laviamo tutto». Uno striscione con l’immagine di Oliver Kahn e Herbert Hainer, rispettivamente CEO e presidente del Bayern Monaco, che con una lavatrice puliscono una maglia del club sporca di sangue. No, non è una nuova iniziativa pubblicitaria dei bavaresi, ma il modo che i tifosi della Südkurve hanno utilizzato per protestare durante l’incontro di Bundesliga con il Friburgo del 6 novembre contro la sponsorizzazione della loro squadra, da parte di Qatar Airways, compagnia aerea posseduta al 100% dal governo del Paese del Golfo, accusato di violazioni ripetute della libertà e dei diritti umani.

Una lunga battaglia

Quella del 6 novembre 2021 non è stata la prima volta che i tifosi del club più titolato di Germania si esprimono sul tema Qatar. Il 25 ottobre un gruppo di supporters, guidati dal 28enne Michael Ott, ha preparato una mozione da presentare nell’assemblea annuale del 25 novembre, in cui si chiede la fine del rapporto di sponsorizzazione con Qatar Airways.

Una richiesta, che non andrebbe a intaccare comunque il consueto ritiro invernale della squadra di Julian Nagelsmann nel Paese asiatico e che è motivata dalle violazioni dei diritti umani da parte dello Stato asiatico, dalla “Vorbildfunktion”, la funzione di esempio e soprattutto i valori del club. Che nella sua storia è stato sempre in prima linea contro ogni forma di discriminazione, avendo avuto anche negli Anni ’30 dirigenti e giocatori perseguitati per la loro origine ebraica come il presidente Kurt Landauer. Già prima della mozione di ottobre però i tifosi si erano pronunciati in maniera chiara sul tema Qatar, soprattutto dopo la pubblicazione nel febbraio 2021 di un’inchiesta del Guardian sulle condizioni dei lavoratori migranti che stanno costruendo le infrastrutture per il Mondiale 2022.

Oltre agli striscioni esposti in varie occasioni (uno del febbraio 2021 mostrava l’allora CEO Karl-Heinz Rummenigge e Hainer mentre trainano una diligenza, guidata da un emiro), nel gennaio 2020 alcuni tifosi avevano organizzato un dibattito dal titolo eloquente “Qatar, diritti umani e il Bayern: Mani in alto e bocca chiusa?”. I protagonisti erano stati due lavoratori nepalesi che in Qatar avevano lavorato nella costruzione delle infrastrutture per il Mondiale 2022. In maniera critica si sarebbe poi espresso pure Club nr 12, l’associazione che raggruppa i fan club ufficiali del Bayern e che aveva chiesto di aprire un dialogo con la dirigenza.

Bayern-Qatar, un rapporto lungo un decennio

Una relazione, quella tra l’emirato asiatico e la società bavarese, che nasce esattamente dieci anni fa. Nel 2011 infatti la squadra allenata allora da Louis Van Gaal svolge il ritiro invernale in Qatar. Nel 2016 l’aeroporto internazionale di Doha è diventato premium partner e nel 2017 per la prima volta lo sponsor Qatar Airways fa capolino sulla manica della maglietta del Bayern. Una collaborazione, quella con la compagna di bandiera che nel 2018 si riflette anche in una scelta logistica. Dopo 18 anni i campioni di Germania abbandonano Lufthansa e decidono di volare con Qatar Airways. Tra Bayern e Qatar esiste pure una relazione di tipo finanziario. Nell’Audi, sussidiaria della Volkswagen, detentrice del 8,33% di quote del club, l’emirato asiatico possiede il 14,6% delle azioni.

Bayern, linea morbida

Alle critiche e alle richieste di chiarimento, arrivate da ONG (come FairSquare Projects, associazione che si occupa di diritti dei migranti, che aveva chiesto all’allora CEO Rummenigge di chiarire i rapporti con l’emirato) o da istituzioni politiche, per esempio dal consiglio comunale di Monaco, con una mozione presentata da Dieter Reiter, membro della SPD e soprattutto del consiglio di amministrazione del Bayern, i vertici dei campioni di Germania prima hanno evitato di rispondere. Poi, con l’aumento della pressione sul tema hanno adottato una linea tutt’altro che dura.

Oltre a difendere la partnership, hanno invitato al dialogo e hanno sottolineato come già qualcosa sia cambiato, citando l’abolizione nel 2020 della “Kafala, l’istituto giuridico che lega i lavoratori migranti in maniera quasi indissolubile alle aziende che li assumono attraverso un sistema di “sponsorizzazione” e il ritiro invernale del Bayern femminile che si è svolto nel 2021 per la prima volta in Qatar. Discussione, pazienza – quella che ha richiesto l’ormai ex CEO Rummenigge in un’intervista del febbraio 2021 alla ZDF, il secondo canale tedesco – e (molta) reticenza sembrano essere le parole d’ordine dei vertici dei campioni di Germania.

Ma con la mozione dell’assemblea del 25 novembre e la pressione dei media la questione diritti umani e Qatar rischia di non poter essere più minimizzata. Nemmeno da Oliver Kahn e Herbert Hainer.

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