Quelli che a Sanremo non cantano

«Loro cancellano ma noi riscriviamo daccapo»
Colle der Fomento

Sta nuovamente per alzarsi il sipario sulla kermesse musicale per eccellenza: Il Festival di Sanremo 2020, che si porta dietro il solito carico di polemiche sulle scelte artistiche, sul conduttore, i cantanti in gara, i cosiddetti big con le loro canzoni e altre discussioni di cui, salvo rare eccezioni, a chi è nato dopo il crollo del Muro di Berlino frega meno di zero.

Ad essere sinceri, la questione artisti preme un pochino. Diciamo che non si tratta esattamente di fastidio, più di un sano e genuino giramento di culo.

Rita Pavone, 74 anni, la sua selezione in gara a Sanremo 2020 ha suscitato polemica: rientrerebbe secondo alcuni in “quota sovranista” – per alcuni messaggi sui social in sostegno di Matteo Salvini – e fungerebbe da contrappeso alla partecipazione della giornalista palestinese con cittadinanza israeliana e italiana Rula Jebreal. Quando si dice l’art pour l’art – Ansa

Da qualche anno si sta puntando sullo svecchiamento del caro vecchio Festival della Musica Italiana, provando ad iniettare in questa carcassa ammuffita e in decomposizione un po’ di sano elisir di giovinezza, ma tutto appare patetico e triste come fare il botulino ad un anziano morente.

Il rock, il punk, il grunge, e soprattutto il rap e la trap, non salveranno il Festival; non hanno bisogno di un festival e soprattutto per sopravvivere – cosa che fanno da prima che nascesse la kermesse più nazionalpopolare del nostro paese e da prima che quotidiani e tv si interessassero al prodotto – dei media che strumentalizzano i testi degli artisti infilandoli in un enorme tritacarne.

Freddie Mercury dei Queen a Sanremo 1984 – Wikipedia

Da sempre la controcultura si è scontrata ferocemente con le regole del Festival della musica italiana, col suo retaggio culturale e con la malsana e dannosa idea che occorra esibirsi in playback. Da Bowie a Sting, passando per i Queen, Peter Gabriel e i Rem, sono moltissime le dimostrazioni di dissenso.

A maggio si era già notata la prima scintilla, quando sulle pagine de Il Messaggero uscì un articolo nel quale si definiva come un Rave il live di FastCut e dei Poeti Estinti organizzato presso l’Università La Sapienza nell’ambito del Teppa Fest.

Brian Molko spacca una chitarra nel corso dell’esibizione dei Placebo a Sanremo nel 2001

Questo, purtroppo, è solo uno degli innumerevoli esempi che si possono fare in merito alla scarsa conoscenza in materia di molti addetti ai lavori quando decidono di prendersi a carico musica che con conoscono. E di escludere a priori artisti, è il caso di dirlo, come DJ Fastcut, EnsiMurubutu, Massimo pericolo, Egreen e Nex Cassel, Mistaman, Bassi Maestro, Claver Gold e Kinstugi, Willie Peyote, Ape e Marracash; Brunori SAS, Zen Circus, Fast Animals and Slow Kids; I Ministri e gli Ex Otago

Nel sottosuolo, dove non arrivano le luci dei palcoscenici, ci sono un sacco di ragazzi che tengono viva una cultura che è sempre più spesso mercificata e sputtanata e lo fanno bene. Benissimo, ce ne occuperemo noi con la rubrica “Quelli che a Sanremo non cantano”.

Il 4 febbraio quindi, tutti sintonizzati sulla 70esima edizione del festival di Sanremo, ma pronti, non appena si alzerà il sipario, a spaccare una chitarra contro un ampli come fecero i Placebo nel 2001

Loro cancellano ma noi riscriviamo daccapo.

Milanese, classe 1987, come il pallone d'oro di Gullit, il lancio della Soyuz TM-2 e Yo! Bum Rush the Snow dei Public Enemy. In fissa con le Ipa, il rap, i film di Tarantino e altre 3/4 cose. Scrivo per sfogo, per mettere ordine. Sono i miei esercizi di stile

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