Quid mentula est “Street food”?

Un recente ritrovamento ha riacceso l’interesse su Pompei. L’opinione pubblica ha fatto un gran parlare di “street food”, ma dietro il Grande Progetto Pompei -il più grande scavo archeologico sul sito, dopo decenni di incuria- c’è molto di più: una città morta nel 79 d.C., eppure straordinariamente viva da due millenni.

E’ considerata morta due volte‘ annota Mary Beard in un suo saggio: Pompei è morta la prima volta nel 79 d.C. e la seconda durante gli scavi del Settecento. Effettivamente, passeggiando tra le strade dissestate dell’antica città campana, è inevitabile notare lo stato di degrado (che progredisce nel tempo) di alcuni scorci, che tuttavia mantengono un carattere fortemente suggestivo.

Dopo quasi duemila anni di storia, Pompei è ancora in grado di generare uno spirito romantico negli avventori contemporanei, tra stupore, meraviglia e un senso di caducità delle cose. Hester Lynch Piozzi, nel 1786, scriveva:

Com’è orribile la certezza che tale spettacolo potrebbe ripetersi nuovamente domani; e coloro che oggi sono spettatori potrebbero diventare spettacolo per i viaggiatori dei secoli a venire

Ancora oggi, visitatori di ogni nazionalità si accalcano attorno a ciò che resta di uomini, donne e bambini in fuga dall’ondata di lapilli e ceneri, ridotti a un’immagine stilizzata di sé stessi, quasi privata dell’originaria “umanità”. La visione di un disastro così immane ha un che di sublime e dovrebbe farci riflettere sulle priorità e le responsabilità del genere umano.

© Ildenaro.it

Tuttavia, come in un mantra, non c’è morte senza vita. Pensare che nulla è eterno dovrebbe condurci ad apprezzare di più ogni momento, assaporando lentamente e con gusto ogni attimo della nostra giornata, riscoprendoci migliori giorno dopo giorno. Così è a Pompei: anno dopo anno dalle macerie emergono resti di una società “viva”. Ecco allora che i corpi pietrificati dalla cenere si animano e ci raccontano storie di un mondo vivace e intrigante.

Girovagando tra i vicoli della città, magari in una soleggiata giornata di fine primavera, si apprezzeranno sempre di più i toni colorati degli affreschi e dei mosaici. Tra alte mura corrose dal tempo, gli oleandri ci ricorderanno che secoli fa quei quadrati di terra in cui ora affondano le radici erano splendidi giardini con fiori, fontane, animali.
A volte una magnifica statua di Priapo signoreggiava al centro del giardino, mentre un lieve getto d’acqua zampillava dal suo pene eretto. Visitando infatti il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, si avrà il piacere di passeggiare nel cosiddetto Gabinetto Segreto dove sono esposti ritrovamenti di finissima arte erotica da Pompei ed Ercolano, come il celebre rilievo che recita “hic habitat felicitas” sull’immagine di un fallo: un augurio di prosperità, ma soprattutto di vita.

© Twitter

Acqua e vegetazione si rincorrono e sussurrano ancora al visitatore tra i ruderi. L’affresco dalla Casa del Bracciale d’Oro, protagonista della mostra “Mito e Natura” tenutasi a Milano nel 2016, ci permette un’esperienza immersiva nei colori, nei suoni e nei profumi di un giardino romano, con quel turchese acceso di sfondo che ricorda un limpido cielo estivo, ma che più probabilmente aveva il fine di trasmettere una sensazione di calma accanto al verde stinto delle foglie.
Ogni pianta, ogni frutto, è rappresentato con meticolosa attenzione botanica, tant’è che sarebbe possibile risalire con esattezza alle piante che erano realmente presenti negli spazi aperti delle domus.

Allora è giusto dire, seguendo il filo conduttore della Beard, che Pompei ha avuto anche due vite: quella precedente il disastro del 79 d.C. e quella attuale. La città infatti continua a rinascere, riservandoci sorprese inaspettate, in ultima quella dello splendido Termopolio, venuto completamente alla luce a novembre del 2020.

Già dal 2014, con quello che è chiamato il Grande Progetto Pompei, la città ha vissuto un rinnovato interesse verso la manutenzione di aree destinate a scomparire a causa del degrado, accanto a una nuova promozione mediatica internazionale. Scrive Massimo Osanna:

Il Grande Progetto ha messo in campo forze e competenze diverse animate dall’obbiettivo comune di fare bene e fare presto. (…) grazie a tale straordinario progetto si sono intrapresi progetti di grande respiro per la conservazione e la salvaguardia di Pompei, risolvendo molti problemi mai affrontati in passato.

Il Termopolio © Pompeii sites

Ed è questo approccio “multidisciplinare” ad aver caratterizzato l’ultima scoperta archeologica che, come sottolinea il direttore del Parco archeologico di Pompei, ha visto collaborare tra loro archeologi, antropologi fisici, archeobotanici, geologi e vulcanologi. Ciò che di straordinario avviene oggi è la possibilità di usufruire delle moderne tecnologie in grado di fornire dati certi sempre più precisi; in questo specifico caso saranno in grado di restituire un quadro nuovo della cosiddetta dieta mediterranea.

Il sito infatti è un Termopolio (dalle parole “caldo” e “vendere”), ossia un’area destinata alla ristorazione. Il luogo era stato già scoperto nel Seicento e le tracce dei primi “visitatori” sono ben visibili dai resti ossei degli abitanti di Pompei in chiaro stato di disarticolazione post mortem; questo però non mina le interpretazioni che vedono l’ennesima scena di fuga dal tragico destino incombente. L’area si è conservata straordinariamente per quasi 2000 anni e mostra ancora i toni accesi di una gastronomia di città. È il bancone affrescato a destare stupore e meraviglia e regalando immagini nuove a tutto il mondo negli ultimi giorni prima di Natale. Una splendida Nereide è emersa per prima dalla terra, trasportata da un cavallo marino; a seguire sono state rinvenute le numerose nature morte, mentre un cave canem appare come una minaccia, dipinto con fine intento illusionistico, rendendo l’effetto tridimensionale di un cane legato al bancone con una corda. L’immagine rimanda allo splendido esempio in mosaico dall’atrio della Casa del Poeta Tragico che restituisce la volontà di rendere, non senza un certo imbarazzo formale, un’immagine naturalistica.

Termopolio © Ansa

E adesso, con l’aiuto di un po’ di immaginazione, potremmo chiudere gli occhi e provare a immaginare la vita a Pompei prima del 79 d.C., prima della fine. D’altra parte è questo che fanno gli archeologi, immaginare il passato sulla base di ciò che il presente ci offre: a volte nulla più che macerie. Un lavoro arduo e intrigante, ma che potremmo provare a fare anche noi. Probabilmente dovremmo immaginare una città piuttosto caotica e movimentata, una città che non si ferma mai, qualcosa che conosciamo molto bene. Trasportiamoci allora attraverso le vie affollate, incorniciate dalle basse mura delle case, di cui spesso si può intravedere un atrio lussuoso conducente a un ricco peristilio.

Non tutte le residenze pompeiane sono domus di lusso e questo è indice della complessa articolazione sociale di Pompei; dunque per le strade potremmo incontrare ricche matronae accompagnate dai propri garzoni, oppure indigenti, mendicanti, individui ai margini della società. Questa disparità si mescola in un contesto chiassoso, vivace, attivo. Ai lati della strada, più precisamente tra la Casa dei Pittori al Lavoro e l’incrocio di Via dell’Abbondanza, incontreremmo un fornaio intento a vendere le proprie pagnotte realizzate con farina macinata a pietra in un laboratorio a pochi passi da noi. Passeggiando ancora potremmo essere colti da un odore pungente. Seguendo con l’olfatto scopriremmo che proviene da un dolio contenente garum, una salsa di pesce che troveremmo particolarmente invitante.

Dopo una lunga camminata giungeremmo al Termopolio, tra il vicolo delle Nozze d’Argento e il vicolo dei Balconi: un delizioso profumo ci farebbe capire immediatamente che qualcosa di buono bolle in pentola. Un piccolo cane nero ci verrebbe incontro scodinzolando e invitandoci ad avvicinarci. Un uomo adulto, Nicia, sorriderebbe affabilmente e ci convincerebbe ad acquistare alcuni dei suoi prodotti. Qualche giovane lo prende in giro e gli rivolge battute provocatorie, ma Nicia è abituato e non bada attenzione. Quando volteremo le spalle per andarcene non sapremo che sarà per l’ultima volta.

© Pompeii Sites

Riapriamo gli occhi. Un profumo invitante ci desta dal nostro viaggio immaginario. Ci voltiamo; da una vetrina che affaccia direttamente sulla strada, un venditore di cucina esotica è alle prese con una lunga fila di clienti. Ed ecco allora che passato e presente si incontrano in una via qualsiasi di una qualunque città. Questo e tanto altro fa di Pompei una dimensione vivente, seppur morta, celata per secoli sotto la dura scorza della terra. Ma sotto tale rivestimento ha saputo conservare la sua bellezza. Come i cristalli di un geode, si scopre poco a poco nel suo rilucente splendore.

Bibliografia

– E. CANTARELLA-L. JACOBELLI, Nascere, vivere e morire a Pompei, Electa, 2011, Milano

– M. BEARD, Prima del fuoco. Pompei, storie di ogni giorno, Laterza, 2012, Roma-Bari.

-M. OSANNA, Introduzione, in D. CAMARDO-M. NOTOMISTA a cura di, Ercolano: 1927-1961. L’impresa archeologica di Amedeo Maiuri e l’esperimento della città museo, «L’ERMA» DI BRETSCHNEIDER, 2017, Roma.

Altre risorse

– Documentario “Pompei ultima scoperta” su rai 2
– Podcast Spotify: “Il Museo vivente. La città viva”

Archeologa. La mia prima scoperta archeologica: Sele, piccolo cane nero, trovata inaspettatamente tra le rovine di Paestum. Leggere e scrivere sono un modo per indagare la realtà, ritagliando un momento intimo e di riflessione. Amo la natura e mi piace viverla durante una lunga passeggiata in montagna.

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