Redemption song

A long long time ago / I can still remember how / That music used to make me smile
American Pie, Don McLean, 1971

«Ringrazio il Signore per avermi guidato alla vittoria, ho lavorato duro per un momento come questo, è un sogno che si realizza». E’ improprio definire “miracoloso” l’esito del match che il 28 novembre 2015 ha assegnato la cintura di campione del mondo dei pesi massimi, me è certamente stato uno dei match più sorprendenti della storia recente del pugilato. In un angolo della Esprit Arena di Düsseldorf, Germania, stracolma in ogni ordine di posto con più di 55mila spettatori, c’è il detentore di tre corone dei pesi massimi. Wladimir Klitschko, ucraino di 39 anni è una rinomata leggenda del pugilato: ha conquistato nel 2006 il titolo dei massimi Ibf, nel 2008 quella Wbo e nel 2001, quella Wba. Il suo ruolino di marcia recita 63 vittorie (53 per KO) e solo tre sconfitte. L’ultima risale a più di dieci anni prima.

All’angolo opposto c’è un 27enne con la stazza di un gigante – se si vogliono ammirare i suoi 209 centimetri e 117 chili di quella notte tedesca – o di un ciccione se si vuole guardare al proseguo della storia. E’ di Manchester ma è di origini gitano-irlandesi, lo chiamano “Gipsy King” e solo per questioni anagrafiche Brad Pitt non si è potuto ispirare a lui per la parte di Mickey O’Neil, il pugile zingaro di The Snatch. Come nel film di Guy Ritchie, il nostro protagonista cattura l’attenzione. Sproloquia, è improbabile nel vestire – si è presentato in conferenza stampa con un costume di Batman – e nelle dichiarazioni – ha paragonato il fascino del rivale a quello delle sua mutande – nel tentativo goffo di emulare Muhammad Alì, sul ring si è esibito in linguacce e balletti. Poi è iniziato il match, e oltre a ballare, Gipsy King le ha suonate di santa ragione al campione, prendendosi il titolo.
Al termine di una vittoria impronosticabile il nuovo campione del mondo dei pesi massimi ha preso il microfono per mandare a farsi benedire tutti i protocolli dello show business del pugilato. Non se l’è nemmeno cavata troppo male esibendosi insieme ai 6mila fans giunti dal Regno Unito nella versione karaoke a cappella di I don’t want to miss a thing degli Aerosmith.

https://youtu.be/L4vLK8_FPPk?t=150

«Essere gitano è una cosa che resta dentro. Anche se diventerò ricchissimo continuerò a vivere in un caravan». Quando è nato il 12 agosto 1988, quasi tre mesi prematuro, pesava meno di una libbra e i medici temevano che non sarebbe sopravvissuto. Suo padre, John, lo chiamò Tyson in onore di Iron Mike, promettendo al personale ospedaliero che un giorno il figlio avrebbe emulato il suo omonimo. 27 anni dopo la promessa si è compiuta, ma come Mike, anche Tyson è precipitato in una spirale vertiginosa.

Per cominciare, il padre nel 2011 è stato condannato a 11 anni per aver letteralmente cavato un occhio a un uomo con una bottiglia di birra nel corso di una rissa. Anche Tyson si lascia andare a uscite antisemite, paragona omosessualità e aborto alla pedofilia e afferma come «il miglior posto di una donna è in cucina». Si è scusato, relegandole a strascichi della sua educazione bigotta e agli abusi subiti. Dopo aver realizzato il sogno della vita, Gipsy King è piombato nel baratro. «Quando vinci tutte le cinture da campione del mondo, dopo non c’è più nulla». Perdendo la motivazione, il suo carattere istrionico e irruento è rapidamente scivolato nella malattia mentale. «Mi hanno diagnosticato un disturbo bipolare, sono un maniaco depressivo». Tyson è incappato nella depressione ed ha presto conosciuto la sua sorella gemella, la dipendenza.

«Ero assalito da una legione di demoni. Sono cristiano praticante, ma tutti i giorni pregavo di morire». Fury diventa cocainomane e alcolizzato, beve 18 pinte di birra al giorno, accompagnate a whisky e vodka, per poi darsi a pizza e kebab. Arriva a pesare 170 chili. Nel 2017 accetta una squalifica retrodatata di due anni per doping – anche se inizialmente attribuisce la positività al nandronole ad una cena a base di cinghiale non castrato e integratori contaminati.

Tyson Fury all’apice del suo peso, nel 2018 – Supplied

Toccato il fondo, comincia la risalita. Una frase fatta che rischia di nascondere il valore della franchezza di Gipsy King. «Sta ridefinendo idee obsolete di mascolinità e cosa significa essere un uomo ‘forte‘. Ci ha dimostrato che puoi competere per essere il campione mondiale dei pesi massimi ed essere un portavoce delle lotte per la salute mentale, il che è particolarmente potente in uno sport alimentato dal testosterone come la boxe». Lo psichiatra Benji Waterstones, rende onore al coming out sui problemi personali di Tyson «in un paese dove il suicidio è il principale killer degli uomini sotto i 45 anni in parte a causa della tradizionale riluttanza degli uomini ad aprirsi».

Gipsy King non ha fatto mistero dei suoi demoni. Ha iniziato un percorso di cura e di sport che lo ha rimesso in forma. «Non sono un essere umano speciale. Sono solo un uomo normale. Ma con il giusto aiuto e la giusta guida, chiunque può cambiare la propria vita». In meno di un anno è tornato sul ring. E, dopo quello che ha combinato sabato sera, i bookmakers lo danno come favorito per il BBC Sports Personality of the Year.

Al Bello – Getty Images

La riabilitazione di Fury non è piaciuta a tutti, specialmente al suo rivale, Deontay Wilder. «Non dimenticarti mai che quando ti ho trovato, eri perso nella coca. Eri grasso come una casa e pensavi di ucciderti» gli ha detto in una conferenza stampa particolarmente fumante.
La scontro ha caricato Tyson che alla vigilia ha dichiarato di «volere vincere prima del limite per ko». In pochi gli avevano creduto, sembrava il classico bluff di Gipsy King, tornato ai fasti del passato. Prima della lotta un giornalista della BBC ha chiesto: perché ti sei rasato la barba? «Nuovo look, nuovo giorno, nuova alba, nuovo me».

Nella notte di sabato la Furia è tornata, eccome. Alla Mgm Arena di Las Vegas non è andato in scena un incontro di boxe, ma un’esecuzione sommaria. Il favorito alla vigilia è stato mandato al tappeto al terzo round con un destro violento in piena tempia, scena ripetutasi dopo al quinto round con un gancio destro e poco che lo ha rimandato a terra. Nei successivi due round, Wilder si è tenuto in piedi a fatica, barcollante, fino al settimo, quando l’arbitro ha assegnato la vittoria a Fury per KO tecnico. «Una buona performance, considerato che sono un maiale grasso e che non so boxare» ha scherzato Tyson nell’intervista post match. «Ho avuto alti e bassi ma questa è la ciliegina sulla torta».

Nell’attesa di poter sfidare il connazionale Anthony Joshua, in quello che è stato definito come l’evento sportivo più importante per la Gran Bretagna dal Mondiale di calcio del 1966, il campione si è impegnato a donare la quota di 8 milioni di sterline ai senzatetto e ha dichiarato: «Per tutte le persone là fuori con problemi di salute mentale, l’ho fatto per voi ragazzi». Poi Gipsy King si è rimesso sul trono, ha preso il microfono ed è tornato dove ci aveva lasciato cinque anni fa:

Classe 92', fondatore e direttore di The Pitch. Stefano vanta una laurea in Storia, una in Relazioni Internazionali, oltre a innumerevoli esperienze lavorative sottopagate. Sogna di commentare un’elezione presidenziale negli USA e il Fano in Serie B: ambedue da direttore di The Pitch.

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