Roger Federer e l’ansia da lieto fine

8 e 9 agosto 2020. C’erano probabilmente anche queste tra le date cerchiate in rosso sul calendario di Roger Federer, che ora sarà pieno di asterischi da recuperare chissà quando. In quei due giorni, una certezza e una speranza: dopo i festeggiamenti per i 39 anni, il campione di Basilea sognava di godersi la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Tokyo 2020 con quella medaglia che, almeno per quanto riguarda il singolare, mai è riuscito a mettersi al collo in 22 anni di carriera da professionista.
Ma come per altri sport, nel tennis lo stop forzato dalla pandemia si è trasformato in un vero e proprio colpo di spugna che ha praticamente cancellato gli ultimi mesi, chiedendo agli appassionati ma soprattutto ai giocatori di fare come se non fossero mai esistiti.

La sua medaglia d’oro olimpica Federer l’ha conquistate nel doppio, alle olimpiadi di Londra nel 2012, insieme al compagno Stan Wawrinka

Mentre non si sa ancora chi prenderà parte ai tornei rimandati oltre l’estate, dagli US Open al Roland Garros, il sorriso smagliante di Federer si infila nelle bacheche social tra un video promozionale e l’altro, quasi a suggerirci che l’ansia, se così vogliamo chiamarla, per ciò che verrà appartiene forse più a noi che guardiamo che a lui.

In una reinterpretazione in chiave post-coronavirus, le due date iniziali si fondono in una sola, l’8 agosto 2021. Quel giorno, al 40° compleanno dello svizzero si sommerà la lettura di uno di quegli asterischi: di nuovo la fine delle Olimpiadi, questa volta in perfetta sovrapposizione con un anniversario che negli ultimi anni abbiamo guardato avvicinarsi con un misto di incredulità e paura.

London 2019 (4)
Federer alle ATP Finals di Londra 2019 (Flickr/Bill)

In effetti, continuiamo a chiederci ancora oggi se Federer abbia veramente imboccato il viale del tramonto. È vero, lo abbiamo visto in difficoltà forse come mai prima, e persino in alcune vittorie i suoi rivali sembravano sciogliersi di fronte al peso della prospettiva di poterlo battere.

Ma abbiamo anche ammirato il suo tennis raggiungere nuovi apici, sostenuto da un fisico che sembrava rispondere più all’amore per lo sport e alla sua eterna voglia di competizione che alle leggi del tempo, infrante specialmente la scorsa estate tra la semifinale e la finale di Wimbledon, quando l’incrocio con l’accoppiata Nadal-Djokovic ha riportato indietro le lancette per l’ennesima volta salvo poi chiudere nel più crudele dei modi quello che, nella mente di molti, era il saluto finale perfetto di Roger.

Scombussolati da tutto questo, abbiamo quindi iniziato a domandarci se fosse effettivamente lecito aspettarsi una chiusura e quando questa sarebbe potuta arrivare. Il livello di tragedia raggiunto sull’erba dell’All England Club cozzava profondamente con il lieto fine che da tempo stavamo preparando per “il più grande di tutti i tempi”. Ma quell’atto finale sfuggito proprio quando ogni puntino sembrava pronto a congiungersi, ci ha lasciato con un dubbio: ci sarà un’altra occasione? 

Eccoci quindi a spulciare i calendari alla ricerca di un nuovo momento che possa consegnare, una volta per tutte, Federer alla storia. Nel modo che merita, ovviamente, o almeno in quello che noi pensiamo meriti. Ma forse il grande malinteso sta proprio qui: obbligarlo a chiudere da vincente, per ricordarselo come tale. La sua grandezza, al contrario, non solo ha già resistito alla sconfitta, ma ne è uscita paradossalmente rafforzata

Proviamo a cancellare dalla mente quei due match point svaniti lo scorso luglio nella finale di Wimbledon: prima di quel momento, gli sguardi in estasi di noi (tele)spettatori erano concentrati a sezionare ogni singolo movimento di quel 37enne che, con calma quasi inquietante e senza che ce ne rendessimo conto, aveva messo spalle al muro un tennista tra i più forti della storia e praticamente ingiocabile da 12 mesi, peraltro nella finale più lunga della storia del torneo. In una lotta che, in quel particolare momento storico, non avrebbe nemmeno dovuto essere ad armi pari, il talento di Federer si è dimostrato ancora una volta talmente elevato da non poter subire quelle normali oscillazioni legate a fattori esterni come l’età, il rivale da affrontare, o l’immensa pressione di chi sa di non poter calcare quel palcoscenico – il suo preferito – ancora a lungo.

Perché, quindi, il suo lieto fine non potrebbe essere quello? Dopotutto, il vantaggio di osservare da fuori, senza avere quei due punti decisivi marchiati a fuoco sulla pelle, è proprio quello di poter giudicare distaccandoci dall’esito finale. E prima che la sconfitta prendesse forma in modo così doloroso, sembrava impossibile pensare che il risultato potesse, in qualsiasi modo, scalfire quel senso di perfezione che tanto somigliava alla chiusura di un cerchio.

Quello che possiamo fare, forse, è metterci comodi, attendere la ripresa e vedere fino a che punto Federer deciderà di riscrivere la storia, visto che fino a questo momento prevederlo è stato impossibile. Ma a prescindere da quanto lontano si spingerà, niente potrà toccare ciò che è già alle spalle e che lì resterà per sempre, tantomeno la fine di questo racconto.

Le lingue come chiavi per aprire nuovi mondi, il giornalismo come mezzo per raccontarli. Milanese di nascita con un po' di Brasile nel sangue, credo che nulla di tutto ciò che accade su un campo riguardi solamente lo sport: la mia missione è scoprirlo, comprenderlo e portarlo ai lettori. Nel mio mondo ideale vorrei sentire Gianni Brera raccontare di Messi e Cristiano Ronaldo.

la tua finestra sul mondo

Iscriviti alla newsletter:

    SEGUICI: