Storia della minoranza gitana in Spagna

La comunità gitana di Spagna rappresenta una delle minoranze più duramente represse e perseguitate nel corso della lunga storia che la lega al territorio spagnolo. L’origine di questa secolare discriminazione affonda le radici nella storica mancanza di conoscenza che la maggioranza spagnola ha avuto della minoranza gitana, fattore che ha portato allo sviluppo di pregiudizi negativi presenti ancora al giorno d’oggi nella società. Per comprendere al meglio il legame tra popolo gitano e spagnolo, è necessario analizzare dall’inizio la travagliata convivenza di queste genti.

La minoranza gitana forma parte della dimensione multiculturale spagnola da più di cinquecento anni, insieme all’importante e numerosa presenza della cultura arabo-musulmana, ebraica e alla diversità regionale delle comunità autonome. In Spagna, infatti, si possono trovare testimonianze della presenza gitana già a partire dalla seconda metà del secolo XV. Inizialmente, i gitani furono accolti con ospitalità dagli spagnoli. Infatti, grazie alle loro abilità artigianali, vivevano in libertà commerciando con i contadini, stabilendo una convivenza pacifica nella Penisola Iberica. Infatti, questo periodo storico è conosciuto come l’età dorata dei gitani in Spagna.

Zambra, danza flamenca dei gitani. Credits: Culture Club

Sfortunatamente questo contesto di convivenza pacifica e di mutuo rispetto non durò a lungo. L’egemonia del cristianesimo durante il regno dei Re Cattolici, infatti, mise fine alla convivenza più o meno armoniosa tra diverse culture, che venne sostituita dal fanatismo religioso e dall’oppressione. Sotto il comando dei Re Cattolici, i gitani cominciarono ed essere considerati come persone pericolose, selvagge e difficili da piegare ai dogmi religiosi a causa del loro attaccamento alle tradizioni.

Fu proprio in quel periodo storico che cominciò la dura repressione politica e sociale contro i gitani, repressione che va avanti ancora oggi. Infatti, nel 1499, i Re Cattolici promulgarono una serie di disposizioni reali per cacciare i gitani dai territori del loro regno, pena la reclusione, la tortura e l’esilio dalla Spagna. Sfortunatamente, queste disposizioni reali crearono le basi legali per tutte le altre leggi di questo genere e diedero inizio ad una repressione contro i gitani che dura da più di cinque secoli.

Nonostante queste dure disposizioni reali, nel corso del secolo XV i gitani si rifiutarono di convertirsi ad una vita stanziale e chi non riuscì a scappare dal territorio spagnolo fu sottoposto a torture e persecuzioni. Dopo questi duri anni di stermini, la maggioranza dei gitani dovette occupare un posto nell’agricoltura feudale spagnola per poter sopravvivere e, in questo modo, seppur abbandonando le loro tradizioni di popolo nomade, riuscirono vivere dignitosamente, adattandosi alla nuova realtà sociale e arricchendo la cultura spagnola con le proprie tradizioni, soprattutto in Andalusia ed Estremadura.

Nonostante questo periodo di integrazione della comunità gitana nella società feudale, il re Felipe II, alla fine del secolo XVI, obbligò la popolazione gitana ad abbandonare il proprio stile di vita libero e a stanziarsi nei paesi del territorio spagnolo, creando quartieri appositi molto vicini ai ghetti ebraici. In breve tempo queste misure si inasprirono e acquisirono il carattere di vere e proprie persecuzioni, fino a spingere il re Felipe IV, nel 1633, a promulgare un editto particolarmente duro, obbligando i gitani ad abbandonare le proprie tradizioni, come la danza e la musica, pena un esilio di tre anni.

Sfortunatamente in questo periodo storico i gitani acquisirono i tratti che tuttora li caratterizzano negativamente agli occhi della società spagnola, ovvero quelli di falsi cristiani, ladri, indovini, spie, traditori e, a causa di questi pregiudizi, furono cacciati dal territorio spagnolo insieme agli arabi. Le persecuzioni proseguirono anche durante il regno di Carlos II che, nel 1692, proibì ai gitani di esercitare qualunque mestiere al di fuori dell’agricoltura e di vivere in paesi di meno di mille anime. Fino al 1783, durante il regno di Carlos III, non si avrà una politica più liberale verso i gitani. Questo re riuscì ad abituare una buona parte dei gitani alla vita sedentaria, affinché si abituassero a nuovi tipi di lavoro ispirati alla cultura spagnola, come il mestiere del torero, lustrascarpe e del bovaro.

Abiti tradizionali gitani. Credits: Bildagentur-online

Durante i secoli successivi, la situazione rimase inalterata e si susseguirono periodi di relativa libertà ad altri di inasprimento della repressione. Tuttavia, la situazione peggiorò drammaticamente durante la Seconda guerra mondiale, quando i nazisti rinchiusero molti gitani dell’est e del centro Europa nei campi di concentramento, praticando tecniche di sterilizzazione per ottenere l’estinzione della popolazione gitana.

Ma quali sono le conseguenze di una persecuzione così spietata? Questa repressione secolare, inevitabilmente, ha lasciato conseguenze profonde sulla vita della comunità gitana fino al giorno d’oggi. Infatti, la maggioranza delle persone gitane deve far fronte ad una grande difficoltà nell’accesso ai servizi sanitari e scolastici, ad ingiuste discriminazioni in ambito lavorativo e ad una vita economica precaria, fattori che portano ad una mancata integrazione nella società spagnola.

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