The FIRST dance

Cerchiamo di essere chiari, viviamo in un resort: questa non è la Siria
Steven Adams, Oklahoma City Thunder

The NBA is back. Si riparte, finalmente. Stanotte a mezzanotte e mezza, New Orleans Pelicans e Utah Jazz si contenderanno la prima palla a due dall’11 marzo, quando la stagione della pallacanestro americana – e globale – era stata bruscamente interrotta dall’irrompere della pandemia.

Ma come sarà la ripresa dopo oltre quattro mesi di lockdown, in un paese in cui gli effetti del Covid-19 sono ancora devastanti? Come si porterà a compimento una stagione che era stata interrotta nel bel mezzo della regular season? Che effetti avrà lo stop forzato su un campionato così spettacolare e su atleti così preformanti?

Abbiamo chiesto ai ragazzi di Around the Game in che modo il pallone a spicchi stelle e strisce tornerà a rimbalzare

RISPONDE ANDREA LAMPERTI (DIRETTORE AtG)

1 – Come funziona di preciso la “fase 2” della NBA, quella delle ripresa per concludere la stagione?

L’incredibile idea dell’NBA – assolutamente un unicum nel panorama sportivo mondiale – è stata di creare una “bubble” in cui ospitare giocatori, staff tecnici e addetti ai lavori per la ripresa e la conclusione della stagione 2019/20. Il tutto a Disney World (ricordo che Disney è proprietaria di ESPN e TNT, broadcaster ufficiali della lega), a Orlando, nel cuore della Florida – dove la situazione legata all’emergenza Covid-19 è ancora oggi drammatica. Inizialmente sembrava che la bolla sarebbe stata ermeticamente chiusa: una volta entrati, non sarebbe stato possibile uscirne, se non definitivamente. Col passare delle settimane, però, ha sempre più le sembianze di un “campus”. Quotidianamente gli impiegati Disney entrano ed escono, così come i giocatori (anche se ufficialmente soltanto per questioni urgenti familiari). La speranza è che le misure di sicurezza predisposte da NBA siano abbastanza per evitare un focolaio. Ogni persona dentro Disney World viene testata con un tampone ogni giorno, e la lega ha consegnato ad ogni singolo individuo un protocollo di oltre 100 pagine affinché la cautela e le misure preventive siano rispettate scrupolosamente. Basti pensare che nelle hall degli hotel sono presenti abbastanza mazzi di carte per consentire agli ospiti di giocare e, appena finito l’utilizzo, bruciarle, per evitare che possano essere mezzo di trasmissione del virus. Insomma, l’allerta è massima.

2 – Come siamo arrivati a Orlando? Come sono state selezionate le squadre che partecipano alla fase finale?

Dopo la sospensione dello scorso 11 marzo, la scelta di Adam Silver – condivisa da 29 franchigie su 30 (tutte tranne Portland) – è stata riprendere la stagione con 8 partite di Regular Season e poi dei Playoffs “normali” (malgrado l’assenza del pubblico e quindi del fattore-campo) con serie al meglio delle sette gare, senza re-seeding. Il tutto coinvolgendo solo quelle squadre (22 in totale, di cui 13 della Western Conference) già qualificate o comunque ancora in corsa per la post-season, secondo la classifica dopo le 65 partite disputate da ottobre a marzo.

3 – Che impatto avrà sulle prestazioni l’essere stati fermi per 4 mesi?

Sicuramente per alcuni sarà difficile da un punto di vista fisico, soprattutto per chi ha una certa età (escluso LeBron James, la cui età anagrafica – 35 anni – ha poco a che fare con le sue reali condizioni atletiche) e per chi ha dovuto interrompere con il lockdown la riabilitazione o il progressivo ritorno all’attività dopo un infortunio.  Per tutti, in generale, sarà abbastanza rischioso: mesi di improvvisa inattività e poi, di colpo, un calendario super-condensato di impegni ad altissimo livello di intensità, con una breve preparazione e senza possibilità di riposare (a metà agosto iniziano i Playoffs). La speranza è che non si registrino troppi infortuni, soprattutto per quei giocatori che nella prossima off season dovranno firmare dei contratti importanti. Penso, per citarne uno, a Jayson Tatum che a differenza di altri (ad esempio Davis Bertans) ha scelto di prendere parte alla ripresa della stagione malgrado le preoccupazioni legate ad un eventuale infortunio, e alle conseguenze economiche che potrebbe avere.

4 – Che conseguenze ha la “bolla” di Disney sulle performance?

Nessuno lo sa, oggi. È una prima storica volta – e ultima, si spera – anche se la situazione attuale di diffusione del virus suggerisce che la stagione 2020/21 potrebbe essere molto simile, in assenza di un vaccino. Alle squadre è stato consentito di allungare i roster per avere rotazioni più profonde e dare maggiore riposo agli atleti. Da un punto di vista fisico, ci sarà chi troverà prima la condizione e chi più tardi. La vedo come una lotteria imprevedibile, come anche in altri sport – se pensiamo alla Serie A di calcio, quanti giocatori sono tornati dopo lo stop in una condizione completamente diversa (in positivo e in negativo) rispetto a quella pre-Covid? C’è da considerare, poi, il contesto umano. Per i giocatori sarà una situazione opprimente da un punto di vista personale. Scendere in campo con la mente sgombra sarà difficile per chiunque.

5 – Che impatto avrà giocare senza tifosi? LeBron si è rassegnato agli stadi vuoti?

LeBron è stato uno dei principali sostenitori della ripresa della stagione. Business is business, anche senza tifosi. L’impatto di giocare a “porte chiuse” potrebbe variare da squadra a squadra. Miami e Philadelphia, ad esempio, hanno avuto un rendimento straordinario davanti al proprio pubblico in questa stagione, mentre in trasferta hanno dei record decisamente negativi: nessuno può sapere come si troveranno in territorio neutrale. Una squadra giovane come Memphis, poi, avrebbe beneficiato della spinta dei propri tifosi in un eventuale (più che possibile) spareggio per l’ottavo posto ai Playoffs: nel silenzio della “bubble”, la loro inesperienza potrebbe metterli ancora più in difficoltà. Ma anche in questo caso, sono condizioni uguali per tutti e produrranno effetti abbastanza imprevedibili.

6 – Un roster lungo continua ad essere un vantaggio anche con giocatori non logorati fisicamente da una regular season da 82 match?

Avere un roster lungo e una second unit già rodata in stagione sarà più che mai decisivo, adesso. Su Around the Game abbiamo detto che i Playoffs 2020 saranno “la rivincita della panchina”. Tra infortuni (più probabili dopo il lungo stop), possibili positivi al Coronavirus (incrociando le dita…) ed eventuali quarantene preventive per chi dovesse uscire dalla bolla (Gordon Hayward a settembre diventerà papà, ad esempio: cosa succederà?), una chiamata in campo potrebbe arrivare anche per gli ultimi. Anche in situazioni decisive, in partite e momenti chiave di serie Playoffs.

RISPONDE LORENZO LECCE (ANALISI ATG)

7 – Nel frattempo come procede il mercato e il draft?

Per quanto riguarda il mercato, la free agency è stata posticipata a ottobre ed è articolata secondo lo schema tradizionale che prevede l’inizio delle negoziazioni, fissato per il 18 ottobre, un periodo di moratoria (dal 18 al 22) e solo dal 23 si potranno firmare i contratti. L’unica differenza rispetto al solito è la diminuzione da sette a cinque giorni per il periodo di moratoria. Alcuni giocatori, come Bradley Beal e Davis Bertans, hanno deciso di non giocare a Orlando per evitare infortuni in vista della free agency.
Anche il draft è stato spostato e si terrà il 16 ottobre, con la NBA Lottery fissata per il 20 agosto. La vera incognita rimane la Draft Combine, che potrebbe svolgersi, se sarà possibile, intorno alla fine di agosto. Altrimenti i 105 prospetti invitati potrebbero partecipare ad una Combine da remoto che sarebbe una cosa certamente inedita.

8 – È stato detto che chi vincerà questa stagione avrà un titolo con l’asterisco. Questo asterisco è perché sarà più facile o più difficile vincere?

Alcuni hanno affermato che l’asterisco dovrebbe essere messo perché la stagione NBA non si svolgerà in modo convenzionale e quindi sarebbe più facile vincere, ma le critiche per queste affermazioni non sono mancate. Tanto per cominciare, nessuno tra le persone nella bolla ha affermato che ci dovrebbe essere l’asterisco accanto al vincitore della stagione 2019/20, anzi un nutrito gruppo di giocatori e allenatori – tra cui Giannis Antetokounmpo, Brad Stevens, Frank Vogel e molti altri – ha affermato che l’asterisco sarebbe da mettere perché questa è la stagione più difficile dell’intera storia NBA, in cui i giocatori e lo staff sono isolati e senza la possibilità di vedere le loro famiglie.

9 – La bolla favorirà le underrated?

Non essendoci il fattore campo ed essendo aumentate le variabili rispetto a una normale stagione, potrebbe esserci qualche sorpresa in più rispetto al solito. Certamente molto dipenderà dallo stato di salute dei giocatori e dai possibili infortuni che dopo mesi di inattività sono quasi inevitabili.

10 – Chi è la favorita?

A mio avviso i favoriti restano i Los Angeles Lakers, per via della coesione che si era creata all’interno della squadra fin dall’inizio di stagione, cosa che in un ambiente sigillato – senza quindi la possibilità per i giocatori di vedere amici e parenti – diventa fondamentale. Inoltre c’è da aggiungere la tragedia della morte di Kobe Bryant, che ha motivato ulteriormente tutti i giallo-viola e che fa di LeBron James un uomo in missione.

10+1 – La questione razziale e il Black Lives Matter potrebbero avere delle ripercussioni anche nella bolla?

La NBA si è fin da subito schierata al fianco del movimento Black Lives Matter, tanto da porre la scritta sul parquet dal campo a Orlando. La bolla servirà da palcoscenico, avendo tutti gli occhi del mondo puntati addosso, e sarà uno strumento per giocatori e allenatori per dare risonanza alla problematica razziale che da troppo tempo imperversa negli USA, a quattro mesi dalle presidenziali 2020…

Around the Game è una piattaforma digitale nata nel 2017 e fondata da Andrea Lamperti e Ferdinando Dagostino. Grazie alla collaborazione con alcune testate americane, si è affermata come punto di contatto tra gli appassionati italiani e il mondo NBA.

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