Una donna al Quirinale

Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per provare a mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia. Oggi parliamo del dibattito attorno al futuro o alla futura Presidente della Repubblica e della proposta di affidare questo incarico a “una donna”.

I partiti di centrodestra e di centrosinistra stanno discutendo da settimane sui nomi di chi potrebbe ricoprire la presidenza della Repubblica. Da più fronti è sorto l’interrogativo sul genere in cui si potrebbe identificare. In più occasioni si è parlato di “una donna al Quirinale”. Si tratta di una richiesta vicina alle istanze che mirano alla parità di genere? Oppure di una proposta di facciata? Vediamo come ne hanno parlato i giornali.

AGI sceglie la strada dell’analisi storico-sociale. «Le donne e l’elezione a Colle sempre mancata» è il titolo selezionato. Viene raccontata la vicenda che ha portato alla votazione di alcune politiche come Camilla Cederna, Eleonora Moro e Ines Boffardi, ma non al loro approdo alla presidenza della Repubblica.

La testata mostra quindi la presenza, nel corso degli ultimi 50 anni, di candidate possibili, competenti, attive in politica e ben presenti sulla scena italiana. Esse, seppur propostesi o scelte dai partiti, non hanno raggiunto la posizione apicale desiderata. «“Il paese ormai è maturo” si sente ripetere, anche in questa elezione un gruppo di intellettuali ha lanciato un appello per l’elezione di una donna. Ma il Parlamento non rispecchia il refrain».

Il Fatto Quotidiano è molto perentorio: «Volere “una donna al Quirinale” non significa niente. La verità è che non sapremmo fare nomi». Fin dalle prime righe si sostiene che «Nel desolante dibattito su chi sarà il futuro presidente della Repubblica c’è tutta l’arretratezza culturale del nostro paese». La spiegazione di ciò non tarda ad arrivare: «Dire “una donna al Quirinale” non significa niente. Diciamo forse “un uomo al Quirinale”?».

Si apre poi una disquisizione sui nomi che latitano davanti alla domanda “Quale donna dovrebbe diventare Presidente della Repubblica?”. Perché non si riesce a pensare a delle professioniste adatte al ruolo? La testata propone anche di estendere la cerchia delle candidate alle scienziate, che in questo periodo storico rappresenterebbero un segnale verso il superamento delle pandemie e il contrasto della crisi climatica. Eppure – si sostiene – è difficile individuare dei profili vincenti, perché la politica e in particolare la via verso il Quirinale sono sempre state appannaggio maschile.

Anche Fanpage mostra un certo scetticismo davanti alla candidatura di “una donna”. «Si moltiplicano gli appelli per avere una donna al Quirinale, e intanto il Parlamento Europeo elegge una presidente antiabortista. Ecco perché no, non basta solo “una donna” al Colle (né altrove)». Dopo una serie di casi recenti di politiche in cariche apicali, si spiega che «con ogni evidenza, candidare una donna non significa candidare una femminista, né basta indicare il sesso di una candidatura, quale che sia, per assicurarsi certe qualità anziché altre. Magari fosse così facile».

Non si nega che una Presidente della Repubblica aumenterebbe notevolmente la rappresentazione delle donne nella politica e nelle istituzioni. Si sottolinea però la problematicità di quell’estremamente vago “una donna”, incapace di valorizzare le possibili candidate perché le amalgama sotto una comune identità di genere, appiattendone le specificità e rendendole omologate.

Infine Il Foglio taglia corto sostenendo che «La questione “una donna” al Quirinale è più semplice di quanto si creda». La generica omologazione già vista viene qui ripresa e riempita di carattere minaccioso. E se venisse eletta “una donna” solo in base al suo genere e non alle sue competenze?

«Se alla presidenza della Repubblica venisse eletta una donna, ci sarebbe da rallegrarsi perché per la prima volta una donna sarebbe presidente. Se si ritenesse che la donna eletta fosse impreparata, cattiva, ipocrita, reazionaria, sciocca [diremmo sciocco di un uomo? N.d.A.], e avesse altre manchevolezze, ci sarebbe da lamentarsene energicamente».

In conclusione, il dibattito attorno a una eventuale Presidente della Repubblica è tutt’altro che sterile, ma tale può apparire se questa politica viene presentata unicamente per il suo genere e, soprattutto, interscambiabile con le altre. Senza dubbio l’identità di genere concorre alla visione del mondo di un individuo, ma non ne determina in toto le azioni. Bisognerebbe forse puntare maggiormente sull’accessibilità ai ruoli politici apicali e a una diversa considerazione di ciò che è visto come un pregio, positivo. “Una donna” se resta tale, un nome tra tante, può essere davvero chiunque e, di conseguenza, anche nessuna.

Leggo, scrivo e ne parlo. Sono una giornalista, un'insegnante. Mi occupo di diritti e conduco il podcast Cristianə a chi?

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