Cannabis ad uso terapeutico, ancora pochi i siti di coltivazione in Italia

La cannabis è una pianta di diverse varietà, alcune delle quali contengono principi attivi in grado di alterare lo stato mentale. Conosciuta soprattutto come droga leggera, per le sue proprietà psicoattive, la canapa è da anni utilizzata in diversi campi che esulano dal mondo degli stupefacenti.

DEPENALIZZAZIONE E LEGALIZZAZIONE

Nel gennaio del 2016 il Consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva il pacchetto di depenalizzazioni che riguarda, tra l’altro, la cannabis per uso terapeutico, declassandone la misura sanzionatoria da reato penale ad illecito amministrativo, esclusivamente in relazione ai soggetti autorizzati a farlo a fini terapeutici. Al di fuori di questo ambito coltivare cannabis resta comunque reato. Nel settembre scorso è stata lanciata la campagna referendaria sulla Cannabis legale, iniziativa che nasce sulla scia dei numerosi consensi ottenuti dal Referendum per la legalizzazione dell’eutanasia.

DOVE SI PRODUCE LA CANNABIS

Nel 2019, il fabbisogno di cannabis terapeutica in Italia si aggirava attorno ai 1.000 chilogrammi all’anno, a fronte di una capacità produttiva di circa 150 chili, prodotta dallo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze. In attesa del previsto incremento, annunciato in questi giorni dal responsabile della predetta struttura farmaceutica, relativamente ad una produzione che possa soddisfare una domanda in continuo aumento, questa viene acquistata in larga misura dall’Olanda. Dal 2020, la capacità produttiva ha tuttavia subito un incremento di circa 300 chili all’anno. A fronte della necessità di dare un’adeguata risposta alle molte persone che ne fanno un uso medico, si sta cercando di individuare delle ditte private che possano contribuire ad ampliare la produttività del suddetto stabilimento, uno dei principali “centri chimico-farmaceutici” per la coltivazione di cannabis in serra.

COSA CHIEDE IL REFERENDUM SULLA CANNABIS LEGALE

Si tratta di un referendum abrogativo, con il quale si vuole eliminare il reato di coltivazione, rimuovere le pene detentive per qualsiasi condotta legata alla cannabis e cancellare la sanzione amministrativa del ritiro della patente, prevista dalle norme vigenti. Una consultazione che ha come obiettivo quello di intervenire sul Testo Unico riguardante la disciplina degli stupefacenti e delle sostante psicotrope, per depenalizzare la condotta di coltivazione di qualsiasi sostanza, al fine di modificare l’art. 73 comma 1 del codice penale ed eliminare la pena detentiva per qualsiasi condotta illecita relativa alla Cannabis, con la sola eccezione della associazione finalizzata al traffico illecito di cui all’art. 74 c.p, mantenendo altresì come reato le condotte di detenzione, produzione e fabbricazione per l’uso non personale di tutte le sostanze.

LE RAGIONI SOTTESE ALLA CONSULTAZIONE REFERENDARIA

L’annuncio del Referendum sulla Cannabis ha seguito di pochi giorni quello della commissione Giustizia alla Camera, che ha espresso parere favorevole in merito al testo base sulla coltivazione domestica della cannabis.

USO TERAPEUTICO

La cannabis interagisce con il nostro Sistema Endo Cannabinoide, ovvero un sistema biologico di comunicazione tra le cellule che regola le più importanti funzioni vitali del nostro organismo agevolando i processi di regolazione omeostatica, cioè dei meccanismi che consentono l’adattamento agli stimoli esterni. I suoi principi attivi, il THC (delta-9-tetraidrocannabinolo) e il CBD (cannabidiolo), posseggono rilevanti proprietà farmacologiche e antinfiammatorie, e possono pertanto essere impiegati nella cura di malattie neurodegenerative, metaboliche, tumorali, epilessie farmacoresistenti, nel dolore cronico ed in molte altre patologie, essendo un valido supporto anche per i trattamenti con terapie integrative. Il dosaggio del THC è calibrato in maniera tale che gli effetti psicotropi, ovvero quelli in grado di modificare lo stato psico-fisico di un soggetto, vengano controllati dal cannabidiolo, che ne rende maggiormente tollerabili le conseguenze. Il THC è inoltre efficacemente impiegato, da diversi anni, anche nei pazienti con una diagnosi di AIDS conclamata.

COME AGISCONO I CANNABINOIDI SULLE MALATTIE DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE E NELLE ALTRE SINDROMI

Gli studi condotti sino ad oggi confermano che i farmaci cannabinoidi, agendo direttamente sui recettori del cervello, combattono e prevengono le infiammazioni cerebrali. Nei recettori CB1 che sono quelli deputati a preservare le funzioni cognitive, limitando il rischio di eccitotossicità, cioè di quel fenomeno in cui i neuroni subiscono effetti tossici devastanti, dovuti ad una forte stimolazione eccitatoria che compromette il metabolismo cellulare e nei CB2, che tutelano invece il cervello dalla neuro infiammazione causata dall’accumulo di placca che si inserisce nello spazio tra le cellule nervose, circostanza che conduce alla morte cellulare.

PATOLOGIE NEUROLOGICHE E NEURODEGENERATIVE

I cannabinoidi hanno effetti benefici in tutte le patologie neurologiche che colpiscono il sistema nervoso, nel caso dell’autismo, caratterizzato da anomalie dell’interazione sociale, della comunicazione verbale e del linguaggio non verbale; morbo di alzheimer che, tra le altre cose, compromette irreversibilmente la memoria; epilessia, malattia nella quale il cattivo funzionamento dei neuroni, da origine a crisi convulsive; neuropatia diabetica, complicanza del diabete mellito che si verifica quando l’organismo non produce sufficiente insulina; malformazione di Chiari, anomalia congenita del cervelletto; Sindrome di Tourette, la cui peculiarità consiste nella presenza di tic dovuti a disfunzioni fisiche e psicologiche e Sla, che danneggia il sistema nervoso centrale fino a rendere impossibile il controllo delle principali funzioni dell’organismo.

Progressi significativi sono stati inoltre riscontrati anche nei pazienti colpiti da mielo-lesioni, dolori neuropatici, artrite reumatoide, Parkinson e pazienti oncologici, i quali hanno tratto sollievo dall’assunzione di questi farmaci, utilizzati anche per il controllo della rigidità muscolare. Uno studio recente ha altresì messo in luce l’efficacia nella prevenzione e nel trattamento dell’Alzheimer, in quanto, al pari delle patologie precedentemente analizzate, conseguenza di una neuro infiammazione cronica e di altre infiammazioni cerebrali.

FARMACI A BASE DI CANNABINOIDI

Il Sativex è uno spray orale, il cui principio attivo di base è un derivato della cannabis, utile per dare sollievo dal dolore neuropatico, ossia da una sensazione dolorosa cronica. Ad oggi si sta testando la sua efficacia nel trattamento di una forma aggressiva di cancro al cervello, e si è rivelato più valido del placebo per combattere il dolore, migliorare la qualità del sonno e di conseguenza alleviare, di gran lunga, la gravità della condizione clinica del paziente. Pur essendo ben tollerato, non è stata tuttavia raggiunta una rilevanza statistica sufficiente per consentire la conclusione dei test.

IN QUALI REGIONI NE È AUTORIZZATO L’USO

L’uso terapeutico dei cannabinoidi in Italia è pienamente legittimo in tutte le regioni. Di queste però solo alcune si fanno carico dei costi attraverso il Servizio Sanitario Regionale, a beneficio dei pazienti. Dal 2 maggio 2011 la Toscana viene incontro ai pazienti che fanno richiesta di farmaci cannabinoidi, seguita dal Veneto, che ha autorizzato la distribuzione gratuita di farmaci a preparati galenici, medicinali preparati cioè dal farmacista, e dalla Liguria che nell’estate 2012 ha approvato una legge per l’erogazione di queste medicine per scopi terapeutici; anche nelle Marche ed in Friuli Venezia Giulia la stessa è garantita dal Sistema Sanitario Regionale, mentre la Puglia prevede il rimborso delle cure a base di derivati da cannabinoidi. L’Abruzzo è invece la settima regione che ne prevede la prescrizione a fini terapeutici direttamente dai medici di base.

CHI PUÒ ACCEDERE AI CANNABINOIDI PER USO MEDICO

La cannabis terapeutica può essere prescritta dal medico per qualsiasi patologia per la quale esista letteratura scientifica accreditata. Per quanto riguarda la rimborsabilità dei farmaci a base di cannabinoidi, la prescrizione di cannabis (DM 9/11/2015) è limitata al suo impiego nel dolore cronico e quello associato a sclerosi multipla oltre che a lesioni del midollo spinale; alla nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV; come stimolante dell’appetito nella cachessia (profondo deperimento organico che si manifesta con una perdita di peso), anoressia, perdita dell’appetito in pazienti oncologici o affetti da AIDS e nell’anoressia nervosa; l’effetto ipotensivo nel glaucoma; la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali. L’applicazione del suddetto Decreto ministeriale è affidata alla competenza dei singoli Sistemi Sanitari Regionali e questo causa grandi disparità di accesso a tali farmaci tra pazienti di Regioni diverse.

A CHI RIVOLGERSI

Sono ancora pochi i medici esperti di cannabis medica, ragion per cui è opportuno rivolgersi ad uno specialista. Un valido strumento su come contattarne uno che eserciti nella propria zona di residenza è quello di rivolgersi alle associazioni di pazienti.

L’AUTOPRODUZIONE PER USO MEDICO

Coltivare piante di cannabis con THC superiore allo 0,6% è un reato, anche se si è in possesso di prescrizione medica. Tale condotta può tuttavia non assumere rilevanza penale, qualora segua alcuni criteri stabiliti dalla sentenza delle Sezioni Unite penali della Cassazione n. 12348/20, secondo la quale: “la coltivazione domestica svolta in maniera rudimentale (senza una predisposizione sofisticata di mezzi e strutture), con un limitato numero di piante e finalizzata al solo consumo personale è ritenuta ammissibile dal punto di vista penale” . Trattandosi però di parametri giurisprudenziali e non normativi, non può essere escluso il rischio che venga comunque effettuata un’indagine penale o una perquisizione con conseguente sequestro delle piante. È necessario precisare, infine, che la detenzione di cannabis, anche nel caso la si consideri come attività di autocoltivazione, è comunque un illecito amministrativo sanzionato dall’art. 75 d.P.R. 309/90, che prevede la sospensione dei documenti per la guida, dei documenti per l’espatrio (carta di identità e passaporto) e dei documenti per il porto d’armi. Per chi non possiede questi documenti, viene stabilito il divieto di conseguirli. La violazione dell’articolo 75 può essere contestata anche ai pazienti che non abbiano momentaneamente con sé la prescrizione medica in caso di controllo. Le sanzioni hanno una durata limitata, che va da un minimo di un mese a un massimo di un anno (tre anni per la patente di guida). Per i cittadini extracomunitari le sanzioni hanno anche conseguenze negative che si ripercuotono sul rinnovo dei documenti per il permesso di soggiorno.

LE RAGIONI DEL “NO”

La questione dei farmaci derivati dalla cannabis anima un acceso dibattito dai pareri contrastanti sul loro impiego. C’è chi osteggia la terapia, sia negli ambienti politici, sia nell’opinione pubblica, mettendone in dubbio la validità scientifica, temendo che questa pratica possa sfuggire di mano, dando seguito al dilagare delle droghe leggere. La cultura della cannabis terapeutica non è diffusa in Italia, e si avanza con passi incerti quando ci si interroga sugli effetti collaterali, facendo sì che la terapia con cannabinoidi venga utilizzata in alternativa ai cosiddetti farmaci “di prima scelta”, nella circostanza in cui questi ultimi non diano gli effetti sperati sui pazienti.

PROFILI NORMATIVI

Dal punto di vista legale invece, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della legge Fini-Giovanardi del 2006, la quale equipara droghe leggere, tra cui la cannabis, a quelle pesanti. Una svolta destinata a produrre effetti, oltre che per i pazienti, nei confronti di 10.000 detenuti arrestati per droghe leggere. Nelle precedenti legislature, un senatore del PD ha depositato il disegno di legge n.1222 per introdurre la possibilità di uso della cannabis a scopo curativo e facilitarne l’accesso, riconoscendone il diritto di coltivarla autonomamente anche in capo ai pazienti. Un’iniziativa fortemente contrastata dalla allora Ministro della Sanità, Beatrice Lorenzin, secondo la quale l’approvazione della predetta normativa, se avesse oltrepassato i limiti del consentito, avrebbe potuto costituire un punto di non ritorno per il nostro Paese.

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