Sanremo Rosa Chemical Fratelli d’Italia

Sanremo, Rosa Chemical e Fratelli d’Italia

Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia. Dopo una pausa natalizia un po’ prolungata, sono tornata!

Sentivo la necessità di rinnovare questo appuntamento che accompagna i miei sabati da ormai due anni. Ho alcune idee in mente. Nel mese di febbraio, quindi, leggerete e guarderete Rassegnati come già lo conoscete, ma marzo porterà delle novità! Stay tuned per scoprirle.

Nel frattempo, nel Rassegnati di oggi si parla di Sanremo, Rosa Chemical e Fratelli d’Italia.

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Sanremo, Rosa Chemical e Fratelli d’Italia

Dopo l’annuncio dei e delle cantanti in gara durante il Festival di Sanremo 2023 e la pubblicazione dei testi dei loro brani, la deputata di Fratelli d’Italia Maddalena Morgante ha pronunciato un discorso in Parlamento, preoccupata per la partecipazione di Rosa Chemical all’evento musicale. “La rivoluzione fluida era già da tempo al teatro Ariston” sostiene, “ma trasformare il Festival di Sanremo, un appuntamento che ogni anno tiene incollati allo schermo famiglie e bambini, emblema della TV tradizionale e convenzionale, nell’appuntamento più genderfluid di sempre è del tutto inopportuno”. E poi aggiunge: “Il Festival della Canzone rischia di diventare l’ennesimo spot in favore del gender e della sessualità fluida, temi sensibilissimi e che da sempre Fratelli d’Italia contrasta”, chiedendo quindi alla Rai di ripesare la partecipazione dell’artista.

Oltre a una notevole confusione delle nozioni basilari di identità di genere e orientamento sessuale, l’intervento della deputata richiama il significato sociale e politico del Festival. Negli ultimi anni è risultato infatti evidente quanto Sanremo sia il termometro di come la società italiana percepisce e reagisce alle questioni di genere e alla presenza della comunità LGBTQ+ nei suoi media più tradizionali.

Come ne ha parlato la stampa?

L’Ansa riprende semplicemente le parole della deputata e il suo appello a ripensare la presenza di Rosa Chemical sul palco dell’Ariston, aggiungendo un breve riepilogo delle reazioni diffusesi online. Molte persone sui social, infatti, hanno reagito con sconcerto davanti all’intervento di Morgante, accusata di non aver dato spazio ai problemi che affliggono il Paese e il mondo, dalla crisi climatica alla guerra in Ucraina, dal costo delle bollette alla pressione del sistema universitario.

Domani ha tracciato un profilo della protagonista della vicenda, Maddalena Morgante. Una scelta significativa visto che questa vicenda dice forse di più della deputata e di FdI che di Rosa Chemical.

Innanzitutto la testata dà un’occhiata all’identità digitale di Morgante, ai contenuti che ha pubblicato sui social. “Sciata patriottica con il ministro Francesco Lollobrigida, cognato della presidente del Consiglio Giorgia Meloni; supporto diretto della sottosegretaria Isabella Rauti, figlia del segretario del Movimento sociale italiano; condivisione dei video di Galeazzo Bignami, il deputato che si vestiva goliardicamente da nazista, e infine foto profilo con Ignazio La Russa, il presidente del Senato con i busti di Mussolini”.

È responsabile dal 2021 del dipartimento Pari opportunità, famiglia e valori non negoziabili di Fratelli d’Italia in Veneto e ha alle spalle una militanza politica che da tempo vive nell’estrema destra. Antiabortista, convinta che l’ambientalismo sia un’ideologia, sostenitrice della famiglia naturale, Morgante riflette perfettamente l’immaginario di una corrente politica ancorata alla tradizione e contraria all’estensione dei diritti.

Wired ha tracciato, invece, un profilo dell’artista tanto contestato da FdI, definendolo “il primo rapper a lanciare la cover del suo brano su OnlyFans”. La copertina in questione ritrae la modella e content creator di OF Alex Mucci mentre calpesta una pizza su una tavola imbandita. La versione per i social è rispettosa delle linee guida sul nudo, ma quella per OF è esplicita. Una delle maggiori critiche a riguardo – proveniente da schieramenti politici anche lontani da FdI – è l’uso di un corpo altrui (quello di Mucci) per monetizzare. L’invito a spostarsi su OF e pagare per la versione esplicita dell’immagine è stato giudicato sessista e patriarcale, come i testi di alcune sue canzoni. Bisognerebbe sentire anche la versione della modella, esclusa dal dibattito sulla vicenda.

Sempre contro Rosa Chemical si è sollevata l’accusa di queerbaiting, cioè di sfruttare l’estetica e la cultura queer per visibilità e benefici economici. In un’intervista a Le Iene nel 2021 ha risposto a una domanda sul proprio orientamento sessuale “Non mi piace etichettarmi, sono tutto e sono niente”. Proprio questa risposta, non apertamente queer né etero cis, in relazione alle sue esibizioni e al suo abbigliamento ha scatenato l’accusa.

Is it queerbaiting or is it none of your business?

A proposito del dibattito sul queerbaiting che costantemente torna alla ribalta, vi lascio (e traduco) una riflessione della dottoressa Leah Goodman, educatrice e terapista, che potete leggere in originale qui.

“Dagli anni ’30 al 1968, Hollywood è stata censurata dal Codice Hays, un insieme di linee guida autoimposte che, tra le altre cose, proibivano una riproduzione esplicita della queerness nei film. Con regole che limitavano la rappresentazione della comunità LGBTQ+, le/i filmmaker si sono incaricatə di trovare modi discreti per alludere alla queerness, per creare cenni verso la comunità LGBTQ+ comprensibili ma abbastanza vaghi da decifrare.

Con il tempo aumentò l’accettazione sociale (grazie, persone queer che ci avete precedutə) e i/le fan dei film non erano più soddisfattə da questi accenni incompleti alla queerness. Volevano vedere personaggi LGBTQ+ in relazioni LGBTQ+ vivere con fermezza la loro identità. Il termine queerbaiting era una critica a questi deboli tentativi di rappresentazione nel cinema e nella televisione, che sfruttavano il pubblico queer per gli introiti finanziari e l’audience.

Oggi la parola queerbaiting è usata soprattutto per descrivere il comportamento e l’identità di persone reali (spesso celebrità) che “sembrano o si comportano come queer” senza identificarsi esplicitamente come queer (almeno in pubblico).

Sfruttare la cultura della queerness nel nome del capitalismo è scorretto, ma le accuse contemporanee di queerbaiting non sono spesso dirette verso i brand o i personaggi finzionali. Sono rivolte a degli individui, esseri umani reali che esprimono la loro identità in modi personali e autentici.

È comprensibile essere arrabbiatə per l’appropriazione della cultura e dell’estetica queer. Ma accusare delle persone di queerbaiting significa sostenere e pretendere che noi [persone queer] abbiamo un diritto sulle identità altrui e sul modo che scelgono per esprimerle.

Le accuse di queerbaiting mettono le persone all’angolo, facendole sentire forzate a svelare la propria identità sessuale (forse prima di essere pronte). E – fatto molto importante – le accuse di queerbaiting rafforzano una visione binaria del genere e della sessualità.

Le persone queer non devono la loro storia a nessunə. Non siamo obbligatə a definire la nostra sessualità o il nostro genere per essere validə e non c’è un solo modo per mostrarsi o comportarsi in modo queer”.

Leggo, scrivo e ne parlo. Sono una giornalista, un'insegnante. Mi occupo di diritti e conduco il podcast Cristianə a chi?

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