Roald Dahl + Goodbye Rassegnati

Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia.

Questo è un appuntamento un po’ speciale. Siete infatti davanti all’ultimo Rassegnati come lo conoscete. Vi avevo già detto che sentivo la necessità di rinnovare questo appuntamento che accompagna i miei sabati da ormai due anni. Avevo alcune idee in mente, mi sono presa il mese di febbraio per lavorarci sopra e progettare una svolta. Dalla settimana prossima – 3 marzo 2023 – Rassegnati diventa una newsletter!

Migrerà infatti su Substack e arriverà puntuale ogni sabato tra le vostre mail, portandovi:

  • il riepilogo di una notizia che ha scaldato la stampa e i social e un’analisi di com’è stata raccontata (con annesso video YouTube);
  • una listona delle cose che ho scritto e/o pubblicato durante la settimana;
  • gli eventi pubblici in cui possiamo incontrarci.

Cosa aspetti a iscriverti? Per farlo, segui questo link.

Veniamo al Rassegnati di oggi

Una delle notizie che ha infiammato i media questa settimana è sicuramente la scelta Puffin Books di pubblicare i libri di Roald Dahl con alcune modifiche.

L’obiettivo sarebbe rendere i testi più vicini alla sensibilità contemporanea, ma la decisione editoriale ha sollevato numerose critiche e una serie di riflessioni sul diritto d’autore e la contestualizzazione delle opere letterarie. Puffin Books (l’editore britannico di Dahl) e la Roald Dahl Story Company (la società che possiede i diritti d’autore sulle sue e che appartiene a Netflix dal 2021) hanno introdotto quindi delle modifiche analizzate nel dettaglio in un articolo del Telegraph intitolato The rewriting of Roald Dahl, con tanto di animazioni grafiche in apertura che danno un’idea di questi cambiamenti.

I libri dell’autore britannico che ha vissuto nel periodo 1916-1990, quindi, sono stati epurati di singole parole (come fat) o intere frasi (come un commento legato al genere femminile delle streghe). Cambiano le professioni (da cassiera e segretaria a scienziata e imprenditrice), i riferimenti metaletterari, i colori, etc. Il tutto in accordo con l’organizzazione Inclusive Minds, che si occupa appunto di inclusione nella letteratura per l’infanzia.

Come ne ha parlato la stampa italiana?

Partiamo da un articolo del Post che – nella sezione Bits dedicata alle flash news – presenta una notizia che riguarda specificatamente la casa editrice Penguin Random House e una sua scelta editoriale parallela a quella che ha fatto tanto rumore. Si tratta del gruppo editoriale a cui appartiene anche la già citata Puffin Books e che, dopo il clamore della notizia, ha annunciato che avverrà anche la pubblicazione di 17 libri di Dahl senza modifiche e quindi aderenti al testo originale. L’amministratrice delegata della casa editrice Francesca Dow ha dichiarato che l’intento è lasciare al pubblico la possibilità di scegliere l’edizione preferita.

Una situazione simile viene raccontata dal Foglio. Anche la casa editrice Gallimard Jeunesse, infatti, si è esposta sul tema, sottolineando l’intenzione di non procedere nella direzione della collega anglofona. Il tutto è passato attraverso un’intervista su Le Figaro alla direttrice Hedwige Pasquet.

Cambiamo strategia comunicativa con un articolo di Vanity Fair dal titolo “Anche la regina Camilla si schiera contro la censura ai libri di Roald Dahl”. Il meccanismo è chiaro: per attirare click si chiama in causa Camilla Shand, nota per la sua passione per la letteratura. Nel sottotitolo si legge anche una dichiarazione a lei associata: “Una scelta che ha scatenato polemiche e che ora anche la sovrana ha velatamente criticato con un pubblico appello agli scrittori: «Non fatevi ostacolare da chi vuole frenare la vostra libertà d’espressione»”.

Non è chiaro in realtà se queste parole si riferiscano ai libri di Dahl. Sono state pronunciate dalla regina consorte durante un ricevimento per festeggiare il secondo anniversario del suo book club Reading Room. La testata si limita a dire che “è parso chiaro a tutti” che il riferimento velato fosse la decisione della Puffing Book.

La chiusa propone una visione fortemente stereotipata di Camilla Shand (citata senza cognome, naturalmente) che “patrocina diverse associazioni letterarie e cerca di trasmettere la sua passione anche ai nipoti“. Un’amabile nonna più che una regina consorte o un’intellettuale.

Infine vediamo l’Huffpost, che inserisce nel titolo una serie di parole chiave perfette per attirare l’attenzione del pubblico: “La banalità della cancel culture non uccida Roald Dahl. E non mortifichi Jane Austen“. Il corpo del testo è un perfetto termometro di come il dibattito si sia diffuso a macchia d’olio sui social. I toni sono accesi, le immagini che costellano il testo a volte stucchevoli, a partire dall’incipit “Il sonno della libertà d’espressione genera mostri”.

Il riferimento a Jane Austen è l’unico che va spiegato. Nella nuova edizione di Matilda la protagonista non legge più Kipling e Conrad (tacciati – con buone ragioni – di razzismo e colonialismo) ma Jane Austen. Huffpost sostiene che la decisione “stereotipizza i gusti letterari del personaggio, mortificando e banalizzando gli autori citati”.

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Leggo, scrivo e ne parlo. Sono una giornalista, un'insegnante. Mi occupo di diritti e conduco il podcast Cristianə a chi?

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