Chiari di Luna Rossa in America’s Cup

La sorpresa Azzurra, l’esaltante avventura del Moro, il quinto tentativo di assalto di Luna Rossa all’America’s Cup, il trofeo sportivo più antico esistente al mondo. Quasi 40 anni di sfide lanciate dal Paese dei poeti, dei santi e dei navigatori, che vogliono conquistare finalmente la coppa che porta il nome del continente “scoperto” da un italiano che andava a vela, quello stesso nome che deve a un altro italiano.

A riveder la Luna. Per la terza volta negli ultimi 29 anni ci sarà una imbarcazione italiana nel ruolo dello sfidante, 21 anni dopo la prima volta l’America’s Cup sarà di nuovo una questione tra Team New Zealand e Prada Luna Rossa. Una rivalità che nel corso di questi due decenni si è riproposta in ben sette edizioni. A partire dal 2000, quando lo scafo italiano, che quell’anno era alla sua prima apparizione assoluta, vincendo la Luis Vitton Cup -l’attuale Prada Cup- si guadagnò il diritto di sfidare il detentore del trofeo. La finale, che si svolse al meglio delle 9 regate, non ebbe storia: i Kiwi ebbero si imposero con un perentorio 5-0. In seguito, si fronteggiarono nella finale degli sfidanti sia nell’edizione del 2007 che del 2013, ma furono ancora i neozelandesi a prevalere. I precedenti, dunque, al momento sono impietosi: una sola vittoria in 18 regate per Luna Rossa.

Ora i due sindacati tornano ad affrontarsi per la coppa che conta davvero. La sfida, che si svolgerà al meglio delle 13 regate e che avrebbe dovuto avere il via il 6 marzo, è stata procrastinata a causa dell’emergenza Covid scoppiata in Nuova Zelanda. I favoriti sono naturalmente i detentori, come è normale che sia, ma Luna Rossa nella semi e nella finale della Prada Cup, ha mostrato una grande competitività. Se nelle World Series di dicembre la barca migliore tra quelle messe in acqua dagli aspiranti sfidanti pareva essere America Magic, durante i Round Robin di inizio gennaio era Britannia ad apparire come l’imbarcazione da battere; quando però si è arrivati al dunque, Luna Rossa ha sconfitto sia gli statunitensi che gli inglesi, rispettivamente per 4-0 e per 7-1. Dopo 4 anni di lavoro e sacrifici la Coppa America è terminata ancora prima di cominciare realmente.

La sfida tra Luna Rossa e Britannia nella fiale di Prada Cup

La prima edizione si svolse esattamente 170 anni fa. Non si chiamava America’s Cup, ma coppa delle cento ghinee, per via del costo sostenuto per realizzarla, cento ghinee appunto. Il 22 agosto 1851, in occasione e nel corso dell’esposizione universale di Londra, ebbe luogo la sfida tra gli inglesi di Aurora e il New York Yatch Club, che vinse con l’imbarcazione denominata America, al termine di una sola regata. Altro che Albero della Vita, verrebbe da dire. E proprio perché i primi vincitori furono americani, la denominazione della coppa cambiò, divenendo per sempre America’s Cup. Nacque non soltanto il trofeo velico più antico, ma la competizione sportiva più antica del mondo. Da quel giorno e per 16 edizioni fino al 1934 fu quasi esclusivamente una questione tra statunitensi e britannici, tranne che terza e quarta edizione, in cui il ruolo di sfidante toccò al Canada. Soltanto nella diciassettesima edizione, quella del 1958 si fecero largo i primi veri intrusi: erano gli australiani di Sceptre, battuti 4-0 da Columbia. La coppa però, lascerà il continente americano soltanto nel 1983, dopo ben 132 anni dalla nascita: saranno proprio gli australiani a riuscire nell’impresa, con Australia III che ebbe la meglio su Freedom per 4 a 3. Quello stesso anno vi fu la prima partecipazione italiana.

Nel 1983 è la famiglia Agnelli a tentare per la primissima volta l’assalto alla Coppa America con Azzurra, dello skipper Cino Ricci. Solo un anno prima l’Italia aveva vinto il suo terzo titolo mondiale di calcio, il nome della barca è un evidente omaggio alla Nazionale. E per essere la prima partecipazione nostrana alla competizione, è un vero successo: si ferma soltanto alla semifinale della Luis Vitton Cup. Nell’edizione successiva, quella del 1987, Azzurra si ricandida come pretendente e questa volta non è la nostra unica rappresentante: tra gli sfidanti figura anche Italia. Va molto male ad entrambe, mai protagoniste e relegate in fondo alla classifica.

Il moro di Venezia, sfidante ufficiale dell’America’s Cup 1992

Nel 1992 c’è una nuova sfida lanciata dall’Italia ai colossi della vela, l’avventura più esaltante, prima dell’avvento di Luna Rossa. Quell’estate per gli italiani trascorse tra numerose notti insonni, nell’attesa di vedere in acqua il Moro di Venezia. No, non l’Otello, ma l’imbarcazione del patron di Montedison Raul Gardini, re della chimica italiana, capostipite della famiglia Ferruzzi, appassionato velista di lungo corso. Una vittoria dopo l’altra il Moro, che al timone ha Paul Cayard, sembra poter essere il primo scafo europeo a riuscire nell’intento di portare a casa il trofeo. Batte New Zealand (chi altri sennò) nella finale della Luis Vitton Cup, rimontando da uno svantaggio di 3-1 e vincendo infine 4-3, guadagnandosi così il diritto di sfidare il defender, America Cube al meglio delle 7 regate. Dopo due match race il risultato è in parità. Sembra un duello equilibrato, ma purtroppo non sarà così: gli americani non ci lasciano che le briciole, vincono infatti 4 a 1. Quello del Moro doveva essere un progetto a lunga scadenza, Gardini con la coppa ancora da assegnare, assicura la partecipazione del suo sindacato anche all’edizione successiva. Purtroppo per lui, in Italia scoppia l’indagine Mani Pulite. Gardini, coinvolto nello scandalo della maxi tangente Enimont da 150 miliardi di lire, si toglie la vita con un colpo di fucile sparato all’interno della propria casa, il 23 luglio 1993, poco prima di comparire davanti al pool di Milano. Non vi sarà più nessun altro Moro di Venezia.

Nel 1997, due anni dopo l’edizione numero diciannove che ha visto vincere per la prima volta il Team New Zealand, nasce il Team Prada Luna Rossa, che 3 anni più tardi lancerà la sua prima sfida all’America’s Cup. Patrizio Bertelli, amministratore delegato del marchio del settore del lusso Prada, marito della stilista Miuccia, a sua volta nipote del fondatore dell’azienda, si getta in questa folle e dispendiosa avventura, pur conoscendo molto poco il mondo della vela. Pare che il nome Luna Rossa venga deciso una sera a cena, nel tentativo di contrastare il nome della barca neozelandese, Black Magic. Rivali, ancor prima di solcare i mari una contro l’altra. Anche il Team Prada, come il Moro 8 anni prima, raggiunge la finale alla sua prima partecipazione, ma proprio come il suo predecessore subisce una sonora sconfitta: New Zealand trionfa 5-0. Bertelli fortunatamente potrà portare avanti il suo progetto, che così è giunto fino ai giorni nostri. Dal 2000 a oggi, Luna Rossa ha partecipato a ben 5 edizioni su 7 della coppa, raggiungendo per ben 4 volte la finale degli sfidanti (2000-2007-2013-2021) vincendola 2 volte, nel 2000 e in questo 2021.

L’incredibile rimonta di Oracle nell’edizione 2013: sotto per 8 regate a 1, vincer 9 a 8.

Nel 2003 il privilegio e l’onore di portare finalmente la coppa nel vecchio continente toccò agli svizzeri di Alinghi, che si ripeterono poi nel 2007. Svizzeri vincitori dell’America’s Cup? Ebbene si, è il potere del denaro: il sindacato elvetico prelevò i migliori elementi disponibili su piazza, pescando a piene mani anche da Luna Rossa e New Zealand, realizzando in pratica il Dream Team della vela. La conseguenza non poteva che essere una sola: vincere. Nel 2007, anno della bis di Alinghi, vi furono ben 3 team italiani iscritti: oltre a Luna Rossa, c’erano anche Mascalzone Latino e +39, entrambi però poco competitivi. Da segnalare l’edizione probabilmente più avvincente di tutte, quella del 2013: New Zealand batte Luna Rossa nella finale della Luis Vitton Cup per 7-1 e va ad affrontare il defender, gli americani di BMW Oracle. Il 18 settembre, dopo 11 regate di cui 2 annullate, la coppa sembra ormai passata di mano: i neozelandesi infatti conducono 8-1, basterebbe loro ancora un successo negli 8 successivi match race ancora da disputare. Invece Oracle, contro ogni pronostico e forse anche contro ogni logica, fa 8 su 8 e vince.

Ogni giorno avevamo una pistola puntata alla tempia, ogni regata per noi poteva essere l’ultima. Era o la va o la spacca. Potevamo solo vincere. A un certo punto diventò anche una guerra psicologica. Il nostro timoniere, Jimmy Spithil, dopo ogni regata andava in conferenza stampa alludendo a certe modifiche apportate alla barca. Non ci fu mai nessuna modifica.

Gilberto Nobili, grinder del Team BMW Oracle

Rispetto ai tempi di Azzurra, ma anche del Moro di Venezia, non si ode più dalle barche lo scricchiolio delle tavole durante le strambate. Oggi gli scafi sono costruiti in carbonio e alluminio, inoltre anziché solcare il mare vi surfano al di sopra. Leggeri come piume, veloci come il vento, è proprio il caso di dire. Un po’ come accade in tutti gli sport, il romanticismo sta diventando un dettaglio sempre più insignificante, a maggior vantaggio competitività e professionalità, oltre ad una più evoluta tecnologia. Aumentano però anche le contraddizioni, riflettendoci con attenzione: tutta questa modernità è finalizzata alla conquista di un trofeo antico, il più antico. Meglio non pensarci, si potrebbe diventare pazzi. A riveder la Luna, quindi. Rossa possibilmente.

La passione per lo sport e la scrittura hanno tracciato un indelebile solco, che non ha solo segnato la mia vita, ma l'ha decisamente indirizzata e caratterizzata. Scrivo sul sito il corsivosportivo.it, portale di interviste ed editoriali. All’interno di esso ho aperto la rubrica Off Peak, che tratta di argomenti vari, quali ad esempio, costume, politica, società, cultura e spettacoli. Nel corso degli scorsi anni alcuni dei miei articoli sono apparsi anche sul sito www.gazzetta.it, inoltre sono stato per un breve perdiofo un collaboratore della rivista “FUORIGIOCO” e del sito Gazzettafannews.it. Ho recentemente conseguito un master in giornalismo sportivo, proprio presso Rcs-Gazzetta dello Sport. Le mie collaborazione attualmente in corso riguardano il sito The Pitch e la rivista settimanale Noi Brugherio. Lo sport oltre a raccontarlo, lo pratico: sono infatti un podista a livello amatoriale, ho corso molte della maratone più importanti al mondo tra le quali: Boston, New York, Berlino, Londra, Roma, Valencia e Siviglia.

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