Ero malato e mi avete visitato

La Chiesa Cattolica è il più grande fornitore non governativo di assistenza sanitaria nel mondo. Conta 121 mila strutture assistenziali, di cui oltre il 65% situate in paesi in via di sviluppo. La punta dell’iceberg è rappresentata dagli oltre 5000 ospedali equamente distribuiti sul pianeta e dalle oltre 18 mila strutture ambulatoriali che danno assistenza ai più poveri. Tale primato si deve alla decisiva funzione storica che la Chiesa ha avuto nella diffusione delle strutture sanitarie nel mondo: per quanto la medicina fosse presente già nell’Antica Grecia, in età precristiana non esisteva ancora il concetto di ospedale. L’invenzione di un luogo nel quale i poveri, i malati, gli emarginati e i pellegrini potessero trovare assistenza è stata pertanto una delle più grande novità di struttura territoriale introdotte dal cristianesimo.

Quando ero malato, mi avete visitato

La Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica è l’insieme di principi ed insegnamenti, per la società e l’individuo, con cui i cattolici si relazionano ai problemi di natura sociale ed economica del mondo. Sebbene la sua nascita sia indicata nel 1891, con l’Enciclica Rerum Novarum di Papa Leone XIII, è da considerarsi insita nello stesso messaggio cristiano e fin dai tempi dei Padri della Chiesa è un tema centrale nel Magistero.
In particolar modo, la Dottrina Sociale sollecita una particolare attenzione verso la carità e l’assistenza nei confronti dei malati e dei più poveri. Due concetti che oggi possono anche sembrare distinti, ma che nel corso della storia sono stati inscindibili.

Nei Vangeli sono numerosi gli inviti di Cristo a dedicare una particolare attenzione alla cura dei malati, dei poveri e degli emarginati. Lo fa sia nella parabola del buon Samaritano (Lc 10, 25-37), nel Giudizio della Nazioni (Mc 25, 31-46) quando il Messia arriva addirittura ad identificarsi nei malati:

Quando ero malato, mi avete visitato. […] In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me».

Non solo a parole, ma anche e soprattutto con le azioni si esplica il messaggio di Cristo, esempio nella cura degli afflitti. Esemplificativi sono due miracoli: la Guarigione del cieco nato (Gv 9, 1-41) e la Guarigione del lebbroso (Mc 1,-40-45). Quest’ultimo è da considerarsi ancora più importante perché, al tempo, i lebbrosi erano ostracizzati e relegati ad una vita al di fuori delle mura cittadine. La cura dei malati, come altre opere di carità cristiana, è stata fin da subito un dovere sacro per tutti i fedeli. Ed anche la Chiesa, nel corso di oltre due millenni di storia, ha aderito al mandato di Gesù partecipando attivamente alla cura dei sofferenti.

Cosimo Rosselli, Discorso della montagna e guarigione del lebbroso, 1481-1482, affresco, 349×570 cm, Città del Vaticano, Cappella Sistina. / © Wikipedia

Gli ospedali, un’invenzione cristiana

I sacerdoti della prime comunità erano spesso anche medici e per questo fin dal I secolo la carità cristiana trovò particolare applicazione nella cura dei malati. Già durante le epidemie di vaiolo (165-180 d.C.) e di morbillo (250 d.C.) i cristiani si prodigarono nella cura degli infetti, senza effettuare distinzioni religiose. Un comportamento, questo, che contribuì a lenire le persecuzioni a cui erano soggetti fino a quel momento in atto.

Si ritiene che i primi ospedali della Chiesa furono costruiti in Oriente, prima da San Zotico a Costantinopoli durante l’epoca dell’Imperatore Costantino e successivamente da San Basilio a Cesarea in Cappadocia. In Europa fu Santa Fabiola di Roma, intorno al 400 d.C., a fondare il primo ospedale dell’Occidente, nella ormai non più Capitale dell’Impero d’Occidente – almeno secondo quanto riportato da uno scritto di San Girolamo. All’epoca il concetto di Hospitali era legato ai pellegrinaggi ed erano strutture di ricovero che accoglievano i viaggiatori, sia sani che malati. A questi ultimi veniva garantita un’assistenza medica, mentre ad entrambi era assicurata assistenza spirituale.

Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 d.C., quelle poche strutture ospedaliere al di fuori del controllo della Chiesa caddero in rovina e le competenze mediche rimasero per lunghi secoli ad appannaggio esclusivo degli ordini religiosi, tanto che tra l’anno 1000 ed il 1200 le strutture dedite alla cura dei malati vennero annesse ai monasteri. Lo storico Geoffrey Blainey ha paragonato le attività della Chiesa durante questo periodo ad una prima versione dello Stato sociale. Infatti, veniva garantito cibo ai poveri e, durante le carestie, all’intera popolazione, oltre che assistenza ai malati e ai lebbrosi. Durante il Medioevo si fecero notare e nacquero diverse realtà con forte spirito assistenziale: i monaci benedettini, la cui regola prevedeva che la cura dei malati fosse posta al di sopra di ogni altro compito e che in quel periodo crearono diversi ospedali e infermerie presso i loro monasteri; i Cavalieri di Malta, i Cavalieri Teutonici e i Templari che, pur essendo nati come ordini militari durante le Crociate, a seguito della conquista di Gerusalemme si diedero all’assistenza infermieristica costruendo ospedali in tutto il Mediterraneo.

Nel Trecento, con l’arrivo della Peste nera, ci fu l’esigenza di istituire nuove strutture dedicate esclusivamente all’isolamento degli appestati, con lo scopo di prevenire la diffusione della pandemia. Nacquero così i primi lebbrosari, che sorsero al di fuori delle mura cittadine. Però, fu solamente nel 1423 che nacque il primo lazzaretto permanente, a Venezia, nel contesto della riforma ospedaliera del XV secolo. Quelle stesse strutture, una volta scomparsa la peste, saranno riconvertite per ospitare i malati del nuovo morbo che colpì l’Europa: la sifilide. La riforma sanitaria del Quattrocento portò comunque ad una miglior razionalizzazione delle attività ospedaliere: nacque così il concetto di ospedali per i soli infermi, che a loro volta furono distinti in ospedali per i “curabili” e per gli “incurabili”. Questi ultimi erano dedicati ai pazienti affetti da malattie croniche e che necessitavano degenze durature, a differenza invece delle strutture dedicate alle cure ordinarie che prevedevano una permanenza limitata nel tempo, ma che erano comunque distinte dai lazzaretti dedicati alle malattie endemiche. In Italia, l’introduzione di questo nuovo concetto di sanità vide una grande rinascita dell’ospedalità, durante la quale furono costruite numerose strutture ancora oggi in uso.

San Francesco d’Assisi e altri monaci francescani intenti a curare i lebbrosi affetti dalla Peste Nera.
in “La Franceschina”, 1474-1476, miniatura, Perugia, Biblioteca Augusta / © Wikimedia Commons.

Tra il Cinquecento e il Seicento vissero quelli che oggi sono i Santi patroni degli ospedali: lo spagnolo San Giovanni di Dio, che fondò l’Ordine del Fatebenefratelli, e l’italiano San Camillo de Lellis, fondatore dell’Ordine dei Ministri degli Infermi. Entrambi si dedicarono alla cura dei malati e dei poveri, fondando un proprio ordine che prestava servizio ospedaliero. Ma se la diffusione dei Camilliani fu più lenta, l’Ordine del Fatebenefratelli già nella seconda metà del Cinquecento cominciò ad espandersi al di fuori del territorio ispanico, prima in Italia e successivamente nelle cosiddette “terre di Missione”. In particolare, i confratelli di San Giovanni di Dio arrivarono ad avere oltre 200 ospedali in America Latina già nel Seicento, anche grazie all’azione dei conquistadores.

In epoca più recente, nonostante la progressiva nascita degli ospedali statali, gli ordini religiosi continuarono ad avere un ruolo centrale nello sviluppo della sanità. Nell’Ottocento fu una studentessa britannica delle Figlie della Carità di San Vincenzo, Florence Nightingale, a porre le basi per l’assistenza infermieristica moderna. Quasi contemporaneamente, dall’altra parte dell’Oceano, San Marianne Cope aprì i primi ospedali generali degli Stati Uniti, istituendo uno standard igienico che ha fortemente influenzato lo sviluppo della sanità moderna americana. Ancora oggi la Chiesa cattolica è il più grande fornitore privato di assistenza medica nel paese a stelle e strisce, nel quale garantisce cure alle fasce più povere della popolazione e servizi sanitari a basso costo. Basti pensare che il primo ricovero per malati di AIDS, a New York nel 1985, fu fondato dalle Suore di Madre Teresa di Calcutta perché non si trovavano persone disponibili, neppure a pagamento, a curare i malati di HIV a causa della possibilità di essere contagiati.

Madre Teresa di Calcutta riceve la medaglia presidenziale della libertà da Ronald Reagan, per l’apertura a New York di “Gift of Love”, il centro di assistenza per i malati di HIV.
Casa Bianca, Washington D.C, 1985 / © Wikimedia Commons

Duemila anni di storia ospedaliera raccolti in pochi paragrafi non sono di certo esaustivi, ma restituiscono chiaramente l’importanza avuta dalla Chiesa, e da tutte le sue istituzioni sparse per il mondo, nel campo della sanità. Non solo la nascita del concetto di ospedale e di assistenza medica, ma anche la sua diffusione sull’intero pianeta. Sono passati principati, monarchie e democrazie, ma alla fine la più antica istituzione della storia dell’umanità ha giocato un ruolo centrale nello sviluppo del welfare.

San Camillo, il primo infermiere

San Camillo de Lellis è il patrono universale degli infermieri, degli infermi e degli ospedali, vista la sua attività nel campo dell’assistenza infermieristica nella Roma a cavallo tra il Cinquecento e il Seicento. Camillo, però, non è nato Santo. La sua giovinezza è infatti caratterizzata dalle battaglie come soldato di ventura per l’esercito spagnolo e dalla passione per il gioco d’azzardo che lo riduce ben presto in povertà. Una ferita al piede rimediata in guerra lo porta per la prima volta a Roma, presso l’Arcispedale di San Giacomo agli Incurabili. Qui, si fa assumere al servizio dei malati per potersi pagare le cure e per avere qualche soldo da giocare a carte o a dadi negli anfratti più loschi di Trastevere. Cacciato dagli amministratori dell’ospedale per la sua pigrizia, diventa un mendicate vagabondo. Ed è in quel momento così umiliante della sua vita, mentre chiede l’elemosina davanti ad una Chiesa di Manfredonia, che accetta di fare il manovale presso il convento dei Cappuccini. Qui, le parole del guardiano Padre Giacomo e la ritrovata fiducia sono l’occasione per scoprire sé stesso e mentre ritorna in groppa ad un mulo dal convento di San Giovanni Rotondo – che anni dopo sarà la casa di Padre Pio – riceve l’illuminazione che lo porterà alla conversione. È il 2 febbraio 1575.

Il documentario di Telepace sul lavoro degli infermieri e sull’attualità della figura di San Camillo de Lellis.

La ferita al piede, che da anni ormai lo perseguita, costringe Camillo ad abbandonare il convento e a fare ritorno all’ospedale San Giacomo di Roma. Lo spirito con cui lo avevano conosciuto quattro anni prima è scomparso, per lasciare spazio ad un Camillo dall’animo nuovo. Lo spirito di servizio con cui si dedica ai malati lo fa ben presto diventare responsabile del personale e dei servizi dell’ospedale. Ed è durante questo impiego che Camillo si accorge delle pessime condizioni di assistenza in cui vertono i malati e del menefreghismo degli inservienti. Decide, quindi, di formare una compagnia di uomini che lavorasse al servizio dei pazienti «non per mercede, ma per amore di Dio». È il 1582 quando nasce la Compagnia dei Servi degli Infermi, oggi conosciuti come Camilliani. È però nel 1590 che la Congregazione fu elevata da Papa Gregorio XIV ad Ordine religioso, grazie alle gesta di Camillo e dei suoi confratelli durante la carestia di Roma di quell’anno, nel corso della quale portano assistenza ai malati del Colosseo. Accanto ai tre voti comunemente professati dai religiosi – castità, obbedienza e povertà – Camillo vuole che ne sia professato un quarto: assistere i malati anche a costo della propria vita.

Entrò questo fante sventurato e portator di sventura, con un gran fagotto di vesti comprate o rubate a soldati alemanni; andò a fermarsi in una casa di suoi parenti, nel borgo di porta orientale, vicino ai cappuccini; appena arrivato, s’ammalò; fu portato allo spedale; dove un bubbone che gli si scoprì sotto un’ascella, mise chi lo curava in sospetto di ciò ch’era infatti; il quarto giorno morì.
Il tribunale della sanità fece segregare e sequestrare in casa la di lui famiglia; i suoi vestiti e il letto in cui era stato allo spedale, furon bruciati. Due serventi che l’avevano avuto in cura, e un buon frate che l’aveva assistito, caddero anch’essi ammalati in pochi giorni, tutt’e tre di peste.

A. Manzoni, Promessi Sposi, cap. XXXI

L’intuizione carismatica di San Camillo de Lellis è la necessità di garantire al malato non solo assistenza spirituale e medica, ma anche assistenza infermieristica. Per questo, ai suoi confratelli insegna come costruire una barella o come cambiare il letto ad un malato senza disturbarlo. Ed infatti, nel 1613 scrive le Regole per servire con ogni perfezione i poveri infermi, una delle prime testimonianze storiche di tecniche infermieristiche in uso ancora oggi. Grazie alla nascita dei Ministri degli Infermi viene introdotta negli ospedali romani una vera e propria riforma igienico-sanitaria, sulla base delle tecniche e degli insegnamenti di Camillo, che muore poi il 14 luglio 1614. L’Ordine dei Camilliani, però, prosegue l’opera del suo fondatore, ma anzi velocemente si amplia cominciando a prestare servizio in tutte le più grandi città italiane ed anche sui campi di battaglia. Allo scoppio di una pandemia i seguaci di Camillo accorrono per curare gli appestati. Ed infatti si ritiene che Camilliano sia anche il buon frate citato da Manzoni nei Promessi Sposi, che assistette il soldato che aveva introdotto la peste nella città di Milano.

L’infermiera Natasha McClinton prepara un paziente malato di Covid-19 per il reparto di terapia intensiva.
© Wikimedia Commons / Sara Eshleman

Oggi il carisma di San Camillo continua a vivere. Sicuramente nelle 167 case religiose che l’ordine ha sparse nei cinque continenti del pianeta. Vive nelle suore e nei cappellani che ogni giorno prestano servizio in migliaia di ospedali, mantenendo sempre fede al loro quarto voto: un tempo assistendo gli appestati, ieri gli ammalati di AIDS e oggi gli infetti di Covid-19. Ma soprattutto, continua a vivere – spesso inconsciamente – nelle mani degli infermieri, che ogni giorno vanno in corsia per aiutare gli altri ed alleviare le sofferenze dei pazienti, senza sapere che è proprio quello che predicava San Camillo.

Giovanni è un milanese doc trapiantato a Roma, che non pensa minimamente di rinnegare la cotoletta fritta nel burro, come da tradizione meneghina. Vaticanista, che sogna di raccontare un conclave. Sottovoce sostiene che Guccini sia leggermente meglio di De André. Nel suo mondo ideale vorrebbe vedere Vinnie Jones marcare Neymar

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