Il touchdown dell’intrattenimento sportivo

Molto più di una semplice partita, di 60 minuti di football americano e del titolo di campioni NFL annualmente in palio nella finale della National Football League. Anzi, molto più di un evento sportivo. “Piuttosto, il Super Bowl è un appuntamento sociale, che l’NFL – svolgendo un ottimo lavoro negli anni – è riuscita a inserire nella cultura americana”, come ha sottolineato Brandon Brown, professore universitario newyorkese specializzato in sport management.

Domenica 2 febbraio gli Stati Uniti interi (e non solo) si sono fermati, con 102 milioni di persone (+1.7% rispetto al 2019) incollate alla TV e ai social network per assistere e commentare la 54edizione del Super Bowl, che per l’undicesima volta ha avuto luogo a Miami, in Florida. A spuntarla sono stati i Kansas City Chiefs, trascinati dall’MVP Patrick Mahomes a una vittoria che mancava da 50 anni, ottenuta con una rimonta memorabile ai danni dei San Francisco 49ers (31-20 lo score finale).

Credit – Facebook NFL

L’ultimo successo della franchigia risaliva infatti agli anni ’70 e da allora, in cinque decadi, questo appuntamento è stato capace di trasformarsi e diventare sempre più centrale nel panorama sportivo globale. Fino a diventarne il fiore all’occhiello, grazie a numeri che non hanno eguali in nessuna manifestazione e disciplina, neanche per dei colossi dell’intrattenimento sportivo come Giochi Olimpici e Coppa del Mondo di calcio. Basti pensare che nel 1967, a Los Angeles, un biglietto per la prima edizione del Super Bowl costava mediamente 6 dollari e uno spot pubblicitario 42.000; nel 2020, il prezzo medio per uno spettatore pagante è arrivato all’incredibile cifra di 7.490 dollari durante la settimana prima della partita (il più “economico” 4.400, il più costoso ha superato quota 70.000), mentre gli spot pubblicitari da 30 secondi hanno avuto un valore medio di circa 5.6 milioni di dollari, secondo i dati pubblicati da Kandar Media.

La rete televisiva americana Fox ha annunciato di aver esaurito già a novembre 2019 tutti gli spazi pubblicitari, per un totale di introiti da advertising che complessivamente ha superato i 412 milioni di dollari. Una cifra che rappresenta un aumento del 23% circa rispetto a 12 mesi fa e addirittura del 275% rispetto al 2005. Una crescita impressionante, che ha reso sempre più esclusiva la possibilità di fare operazioni di brand visibility durante questo appuntamento. Oltre a marchi affermati su scala globale come Amazon, Volkswagen, Coca Cola, Facebook, Hyundai, Kia, Microsoft, Pringles, Toyota e Turkish Airlines, durante game break e intervallo le più importanti case cinematografiche, tra cui Disney, sono solite trasmettere per la prima volta i trailer dei film più attesi dell’anno. Inoltre, nel 2020 gli spettatori hanno assistito agli spot elettorali di due candidati delle prossime elezioni, il democratico Michael Bloomberg e l’attuale presidente Donald Trump, che hanno acquistato 60 secondi ciascuno. L’unico precedente risaliva al 2008, quando Barack Obama era comparso per 30 secondi sul grande schermo, ma “solo” in 24 degli Stati americani e non su scala nazionale.

Come detto, poi, il Super Bowl è diventato un “must” davvero trasversale. Imperdibile non solo per gli appassionati di sport (come conferma il 47% di spettatrici di sesso femminile nell’edizione 2020, cifra che nelle partite di Regular Season è decisamente inferiore) e non solo su suolo statunitense (il match è stato trasmesso in 180 nazioni e in 25 lingue diverse), è un evento che richiama persone da ogni angolo del mondo, per motivi che vanno al di là dello spettacolo sportivo. Una prova di questo è l’importanza crescente dell’Half Time Show, il tradizione spettacolo musicale dell’intervallo, in cui è ormai abitudine vedere le esibizioni degli artisti più popolari. Dopo l’inno nazionale eseguito a inizio match da Demi Lovato, infatti, nell’interruzione tra primo e secondo tempo di quest’anno sono andate in scena le esibizioni di Jennifer Lopez e Shakira. E non si è trattato di una prestazione retribuita con un ritorno economico nell’immediato, quanto, piuttosto, di una vetrina per promuoversi agli occhi del grande (immenso) pubblico. Le due cantanti infatti non hanno ricevuto un compenso per lo spettacolo, ma avranno enormi benefici indiretti dalla loro apparizione. I precedenti parlano chiaro. Nel 2019 era stato il turno dei Maroon 5, che nei 12 mesi successivi hanno visto crescere le vendite dei loro dischi del 434%; negli anni prima, invece, era toccato a Justin Timberlake (+534%) e Lady Gaga (+960%).

L’elenco delle realtà che traggono beneficio dall’importanza del Super Bowl, comunque, potrebbe essere infinito. Soltanto negli Stati Uniti, infatti, 26 milioni di persone hanno scommesso sull’esito dell’evento, mentre sono state quasi 52 milioni le casse di birra vendute in “preparazione” all’evento, con il 27% degli appassionati americani di NFL che ha dichiarato di aver partecipato a un party per vedere il match. L’immensa platea genera ricavi enormi e di vario genere, poi, anche per chi ha preferito una visione “casalinga” dell’evento. National Retail Federation e Prosper Insights & Analytics hanno infatti condotto un’indagine, da cui è emerso che ognuno degli spettatori ha speso 88.5 dollari a testa per cibo, bevande, merchandising e oggetti vari necessari ai gruppi di visione domestica. Il totale della spesa degli americani per il Super Bowl si è attestato così intorno ai 17.2 miliardi di dollari.

Credit – Facebook NFL

Insomma, pur essendo teoricamente i protagonisti dell’evento, i giocatori in campo ricevono una piccola fetta del giro d’affari mastodontico generato da questo evento: è di “solo” 140.000 dollari, infatti, il montepremi messo in palio da NFL (93.000 per i giocatori delle squadra vincente, 46.000 per gli sconfitti). Poco male, comunque, considerando che la National Football League, grazie agli oltre 100 milioni di dollari di profitti operativi medi annui per ognuna delle franchigie che ne fanno parte, è una delle federazioni a livello globale che assicura stipendi più alti agli atleti. Domenica scorsa, infatti, sono scesi in campo circa 400 milioni di dollari di salari, con Jimmy Garoppolo dei 49ers a detenere l’accordo più remunerativo ($26.6 milioni annui).

Una festa per tutti, insomma, tranne che per chi ha perso. Del resto, come detto dal regista John Madden, “non c’è nessun gap, nel mondo dello sport, grande quanto la differenza tra perdere e vincere un Super Bowl”.

Perché? Semplicemente, perché non esiste un altro evento come il Super Bowl.

© Sportbusiness Magazine / Sport Press

Articolo redatto e pubblicato nella sua versione originale per il numero 1, anno 2020, della rivista Sportbusiness Magazine – Sport Press

Andrea Lamperti (1993), fondatore di Around the Game e giornalista freelance. Semplicemente, vive la sua vita… 24 secondi alla volta

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