Il Vaticano e il DDL Zan

Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per provare a mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia. Oggi parliamo dell’intervento del Vaticano per fermare l’iter del DDL Zan e del suo significato in campo diplomatico.

Martedì 22 giugno viene riportata dal Corriere della Sera una notizia fino a quella mattina assente da tutte le altre testate. L’articolo spiega che il 17 giugno il Vaticano ha inviato una nota verbale per chiedere la modifica del disegno di legge Zan, che intende tutelare dalle discriminazioni basate sull’identità di genere, l’orientamento sessuale e la disabilità. Le critiche della Chiesa di Roma si basano essenzialmente sulla presunta limitazione della libertà di espressione che andrebbe invece concessa all’istituzione religiosa e alla comunità di fedeli.

In questo articolo e in quelli poco dopo comparsi sulle altre testate italiane si parla anche di una seconda obiezione: la presunta imposizione alle scuole private (sottointeso cattoliche) di celebrare la Giornata contro l’omolesbobitransfobia, riconosciuta proprio con il DDL (già festeggiata a livello internazionale e nota come IDAHOBIT). Nel testo integrale della nota verbale, reso pubblico alcuni giorni dopo, però, non si fa cenno al tema delle scuole. Probabilmente è una leggera imprecisione del Corriere dovuta alla fonte tramite cui la testata ha avuto lo scoop.

I titoli delle testate considerate: La Repubblica, Il Post, Il Corriere della Sera

La nota è stata consegnata da monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, all’ambasciata italiana. Il Vaticano sostiene quindi che il testo del DDL, così formulato, violi il concordato stabilito tra esso e l’Italia, un trattato che regola le relazioni tra questi due Paesi di fatto vicendevolmente esteri. Siamo quindi nel campo della diplomazia e della politica estera, non in quello puramente religioso o teologico.

I punti criticati dal Vaticano, però, sono facilmente risolubili leggendo il testo del DDL. L’articolo 4, infatti, recita: «Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime ri­ conducibili al pluralismo delle idee o alla li­bertà delle scelte, purché non idonee a de­ terminare il concreto pericolo del compi­ mento di atti discriminatori o violenti». Mentre l’articolo 7, che riconosce la Giornata contro l’omolesbobitransfobia, si inserisce in un contesto generale di preservazione dell’autonomia scolastica e non ne impone la celebrazione.

La spiegazione degli aspetti contestati dal Vaticano e la loro smentita in relazione al testo del DDL sono presenti negli articoli di molte testate. Il Post li discute punto per punto, citando anche le ultime dichiarazioni del deputato Alessandro Zan e riservando un paragrafo a una breve spiegazioni dell’interpretazione religiosa alla base della critica del disegno di legge. «Secondo la Chiesa cattolica l’unione fra persone dello stesso sesso non fa parte del “disegno” di Dio perché una delle caratteristiche fondamentali del matrimonio cattolico sarebbe quella di essere “aperto alla vita”: cioè, in sostanza, di poter generare dei figli. Ormai da secoli la Chiesa si oppone al riconoscimento delle coppie omosessuali per questa ragione, nonostante nei testi ufficiali – sottolineano i fedeli più progressisti – non siano attribuite a Gesù Cristo condanne o sanzioni dell’omosessualità».

L’articolo si conclude con una panoramica delle reazioni a questo intervento del Vaticano. Si riporta un certo grado di incertezza sulle prossime evoluzioni. Il Post ricorda infatti che il Concordato affida la ricerca di una soluzione a una Commissione paritetica «se in avvenire sorgessero difficoltà di interpretazione o di applicazione delle disposizioni precedenti». Sulla scena politica italiana, invece, oltre a un intervento programmato del presidente del Consiglio Mario Draghi, questa notizia ha inasprito la polarizzazione dei partiti nelle due fazioni pro e contro il DDL.

Il discorso del presidente del Consiglio Mario Draghi

Visto però che le obiezioni sollevate dal Vaticano possono essere facilmente smentite osservando nel dettaglio il testo del disegno di legge, l’aspetto su cui i giornali hanno riflettuto a lungo è costituito dalle motivazioni di questo intervento. Un gesto molto forte, considerando che è una presa di posizione ufficiale e anche la prima volta che la Santa Sede interviene con lo strumento della nota verbale nell’iter di una legge italiana.

La Repubblica fa una previsione delle conseguenze dell’intervento ecclesiale, scrivendo che «alla Nota vaticana replicherà una Nota italiana [in questo senso possiamo interpretare il discorso di Draghi citato in precedenza] in cui si spiegherà che la Repubblica non comprimerà mai la libertà della chiesa perché lo dice la Costituzione e che la discriminazione in questa Italia non è un’opinione, ma un crimine. Ancora: il passo vaticano anziché limare alcuni dei tanti limiti del ddl lo renderà un totem parlamentare e aumenterà il consenso di cui gode. Infine la Nota certificherà più l’effettiva impotenza che l’effettiva ingerenza dell’emittente».

Se dunque la nota verbale non avrà conseguenze dirette – secondo questa lettura – che cosa ha spinto il Vaticano a presentarla? La Repubblica sostiene che lo scopo sia prendere una posizione netta, quasi una protesta, e prevenire che alcuni membri delle alte gerarchie ecclesiastiche usino in modo politico i sacramenti per intervenire sulla votazione del DDL. «La Segreteria di Stato ha dunque preferito caricarsi i costi diplomatici alti, ma privi di effetti politici devastanti, piuttosto che ritrovarsi in quella catena di mobilitazioni, bigottismi, strumentalizzazioni che, giù fino al referendum e alla astensione nei referendum, che hanno segnato il passato».

Monsignor Paul Richard Gallagher. Credits: Angelika Lauber, BMEIA
Monsignor Paul Richard Gallagher. Credits: Angelika Lauber, BMEIA

Ammettendo questa analisi dei fatti e ricordando che la nota verbale rappresenta per il Vaticano una pratica prevista dal diritto internazionale, c’è però un aspetto che viene spesso tralasciato dalle principali testate. Siamo indubbiamente davanti a una mossa diplomatica, che però ha delle ripercussioni sulla comunità dei fedeli e in particolare sulle persone queer cattoliche.

Come si legge nel comunicato del Progetto Giovani Cristiani LGBT e del Progetto Adulti Cristiani LGBT, questa è «l’ennesima occasione persa per mostrare vicinanza a categorie di persone che, come dimostrano ancora recenti fatti di cronaca, si trovano a subire episodi ricorrenti di discriminazione e violenza». Nel processo di analisi delle recenti azioni del Vaticano, si rischia di sfociare nella critica della comunità cristiana nel suo complesso e di dimenticare i fedeli più colpiti da questa presa di posizione.

In tal senso si sono mossi molti enti di stampo cristiano e a favore del DDL e di ciò che rappresenta, che hanno espresso la propria solidarietà «a tutte le persone ferite dalla Nota in commento, che sono già impegnate nel superamento del conflitto tra orientamento sessuale e/o identità e fede e che si sentono non solo abbandonate dalla Madre Chiesa, ma al contempo derise dall’esterno, in quanto doppiamente discriminate per la loro identità e per la fede che intendono continuare a professare».

Leggo, scrivo e ne parlo. Sono una giornalista, un'insegnante. Mi occupo di diritti e conduco il podcast Cristianə a chi?

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