L’eclettismo di Colette tra arte ed emancipazione femminile

Assaporare la magia della Ville Lumière di fine Ottocento attraverso lo sguardo curioso e spregiudicato di una diva capace di infrangere ogni etichetta, e di vivere a pieno la propria libertà di donna e artista, è un piacere che solo le opere di Colette sanno regalare.

Nata Sidonie-Gabrielle Colette nel 1873, Colette – come si farà sempre chiamare – cresce nella Borgogna rurale in un contesto privo di costrizioni borghesi e impregnato di libertà, affetto familiare e amore per la natura. Viene educata soprattutto dalla madre Sido, una donna dalla mentalità moderna e atea dichiarata. Fin da bambina, Colette impara ad amare la musica e i libri, e con gli anni approfondisce la sua formazione artistica e teatrale.

Colette con Willy @Getty

Nel 1893 sposa Henri Gauthier-Villars, noto come Willy, più anziano di lei di quattordici anni, e con lui si stabilisce a Parigi. Con una fama da donnaiolo e viveur, Henri Gauthier-Villars è un uomo molto in vista nell’ambiente artistico e mondano della belle époque parigina. Scrittore, editore, pubblicitario, giornalista e feroce critico musicale, egli non tarda a riconoscere il talento di Colette per la scrittura e lo sfrutta a proprio vantaggio, imponendo alla giovane moglie una dura e rigorosa disciplina di lavoro e raccogliendo tutto il merito e la gloria che deriva dalle sue opere. Colette dà vita alla serie di romanzi Claudine, nata dalla rielaborazione di vecchi aneddoti di gioventù. Pubblicata con lo pseudonimo di Willy, diventa presto uno dei maggiori best-seller francesi di tutti i tempi, conquistando migliaia di lettrici.

Non passano molti anni, e Colette decide di porre fine al matrimonio con il marito padrone, anche a causa delle abitudini troppo libertine di entrambi. La giovane artista vuole riprendere possesso della propria vita, e inizia una battaglia per rivendicare la proprietà delle sue opere, e guadagnare l’agognata emancipazione sociale. La carriera di Colette è poliedrica e versatile: scrittrice, attrice di music-hall, mima, ballerina, critica teatrale e giornalista. Scrive di svariati temi, come anoressia, violenza domestica, cucina e moda. Viene nominata caporedattrice della sezione letteraria del giornale Le Matin, e lavora come reporter durante la Prima Guerra Mondiale. Per mantenersi, apre anche una catena di saloni di bellezza, dove distribuisce consigli di beauty e make-up alle dame parigine che trucca personalmente.

Colette ©Twitter

La sua vita privata, così come quella artistica, è dedita alla scoperta dei sensi e del piacere, e la sua indole provocatoria dà scalpore nella società parigina: si sposa tre volte, e si ritrova spesso al centro di scandali per le sue disinibite relazioni sentimentali e sessuali con alcune personalità della mondanità francese, sia uomini che donne. A quarantasette anni, incurante delle critiche, vive una storia d’amore lunga e travolgente con Bertrand de Jouvenel, il figlio diciassettenne del suo secondo marito. Una vicenda simile l’aveva anticipata poco tempo prima nell’invenzione letteraria del suo romanzo Chéri, che racconta la storia di un amore complice e passionale tra la protagonista Léa, cortigiana di quarantatré anni, intelligente, autonoma e sicura di sé, e Chéri, diciannovenne vanitoso, insoddisfatto della vita e annoiato. Nella sua attività di scrittrice, Colette manifesta estrema abilità nel plasmare e reinventare le proprie esperienze di vita, mettendo in scena un autobiografismo radicale, in cui menzogne e lancinanti verità si mescolando tra loro fino a confondersi.

Colette viene candidata al Premio Nobel per la letteratura nel 1948, e sei anni dopo muore a Parigi, giunta al termine di una lunga malattia. La Chiesa rifiuta i funerali religiosi, non senza uno strascico di polemiche e indignazioni, e Colette sarà la prima donna in Francia a ricevere le esequie di Stato nella corte d’onore del Palais-Royal.

Colette ©Getty

Nonostante la sua vita fuori dagli schemi e anticonformista, Colette rimane indifferente e addirittura ostile al movimento femminista di inizio Novecento. In un’intervista del 1910 afferma: “Femminista io? Le suffragette mi fanno schifo. E se a qualche francese salta in testa di imitarle, spero che le facciano capire che comportamenti del genere in Francia non sono tollerati. Sa che cosa meritano? La frusta e l’harem”.

Eppure, facendo della trasgressione la cifra stilistica della sua vita, Colette si fa portatrice del valore dell’indipendenza economica femminile – riconosciuta come condizione preliminare per qualunque altra forma di libertà –, e sfida le convenzioni e le restrizioni morali imposte dalla società. La lettura di Colette risulta così estremamente attuale: le sue opere artistiche, così come la sua stessa vita, sono infatti pregne di uno spirito di rivendicazione vibrante e radicale, non distante dalle battaglie che ancora oggi siamo chiamati a combattere contro il sessismo e il peso intollerabile di un’imperante cultura patriarcale.

Giada D’Elia, nata a Milano nel 1992. Studia lingue e si laurea in traduzione letteraria. Le piace sottolineare i libri e riempirli di appunti, andare al cinema al mattino e fare colazione al bar. Scrivere la aiuta a riflettere

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