Non solo inno e bandiera

Questo approfondimento è stato realizzato con il contributo di Nicola Sbetti, docente di storia dell’educazione fisica e dello sport all’Università di Bologna.

Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per provare a mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia. Oggi parliamo di come l’autonomia riconosciuta al Coni sia una questione politica e del modo in cui è stata raccontata dai giornali.

I titoli delle testate italiane analizzate: Il Corriere della Sera, La Gazzetta dello Sport, La Stampa, La Repubblica e Il Sole 24 Ore

Innanzitutto, che cos’è accaduto? Dal 2018 è in corso una controversia tra il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) e l’Italia, perché la riforma dello sport voluta dal primo governo Conte non è conforme ai principi della Carta olimpica. Lo scontro non si concentra su questioni meramente sportive o identitarie, ma economiche e di equilibri di potere. La riforma del 2018, infatti, dava a una nuova società, Sport e Salute, gran parte delle responsabilità di gestione dello sport italiano e, di conseguenza, anche dei contributi che prima erano destinati in toto al Coni (Comitato Olimpico Nazionale Italiano). Il CIO ribatté allora che il settore sportivo aveva un legame troppo stretto con la politica e l’autonomia del Comitato italiano doveva essere ampliata. Dopo due anni di trattative, che potevano sfociare in una sanzione per l’Italia, siamo giunti a una parziale soluzione del problema.

Un punto d’arrivo, tra l’altro, era necessario per non mettere a repentaglio le Olimpiadi di Milano-Cortina. A complicare il quadro, si aggiunge l’impegno formale che l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte aveva stretto con Thomas Bach, a capo del CIO, per risolvere la situazione entro l’inizio dei giochi invernali. Una soluzione era quasi inevitabile prima delle dimissioni del premier e, infatti, entrambi gli eventi sono accaduti proprio il 26 gennaio. Al Coni si dà quindi la possibilità di avere un’autonomia maggiore con 165 dipendenti, di cui dieci figure dirigenziali, un trattamento economico superiore a quello canonico per il settore pubblico e la riappropriazione di alcuni beni immobili, che erano passati nelle mani di Sport e Salute. È quindi una questione economica e politica, che media le richieste del presidente del Coni, Giovanni Malagò, con il bilancio statale.

Secondo Nicola Sbetti, docente di storia dell’educazione fisica e dello sport all’Università di Bologna: «Malagò è il grande vincitore di questa vicenda. Da un lato ha sfruttato la cronica instabilità dei governi italiani e dall’altro la vicinanza con Bach e i vertici del CIO. In questo modo è riuscito ad evitare che il CONI venisse oltremodo depotenziato da una riforma per nulla concertata e pensata dall’allora governo giallo-verde proprio con questo obiettivo. Per quanto possa sembrare assurdo, minacciando di sospenderlo, il CIO si è prestato a soccorrere il CONI. Sfruttando peraltro un timing favorevole coincidente con la crisi di governo, il bluff della sospensione di inno e bandiera, favorito dalla grancassa mediatica, è funzionato alla perfezione».

Vediamo ora com’è stata raccontata dalle principali testate italiane.

Il Presidente della Repubblica incontra gli atleti italiani per la consegna del Tricolore prima della partenza per Rio 2016 © Mezzelani Carbone-GMT

Il Corriere della Sera sceglie un articolo molto secco e conciso. I fatti vengono riportati in modo essenziale e sono accompagnati da alcuni commenti del ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, e del presidente del Coni. Anche il titolo si concentra sugli aspetti economici e politici della vicenda e solo nel sottotitolo – Il provvedimento arriva alla vigilia del comitato esecutivo del Cio che potrebbe costringere l’Italia a partecipare ai Giochi senza inno e bandiera – si intravede un tema che nelle altre testate è predominante.

La sanzione del Comitato internazionale, infatti, ipotizzava anche il divieto per il corpo atletico azzurro di partecipare alle Olimpiadi di Tokyo sotto il Tricolore. È su questo specifico dettaglio che si concentrano i principali quotidiani, come La Stampa, che ne sfrutta il potenziale per catturare clic fin dal titolo: Scampato pericolo per gli azzurri: l’Italia potrà andare ai Giochi Olimpici con il suo inno e la bandiera tricolore. Nonostante questo inizio ammiccante verso il suo pubblico, il testo dell’articolo si fa complesso, ricco di tecnicismi e privo di quel carattere emotivo enunciato in apertura.

Visto che questa notizia è legata allo sport, non si può non sfogliare anche la Gazzetta, che presenta un titolo molto eloquente: Autonomia del Coni, il governo approva il decreto: “salvo” l’inno ai Giochi.  Ed è esattamente il modo in cui i fatti sono stati maggiormente percepiti. Un decreto permetterà all’Italia di partecipare alle Olimpiadi accompagnata dai simboli che la contraddistinguono e che, altrimenti, l’avrebbero lasciata priva di riferimenti identitari e umiliata davanti agli altri Stati. Eppure, come si è visto in apertura, il riconoscimento dell’autonomia del Coni ha agito su fronti ben più sistemici: la gestione economica e organizzativa dello sport del Paese. Inoltre la Gazzetta, con il tipico linguaggio colorito – «che faticaccia» –, dà rilievo alla ripartizione dei poteri tra Coni e la società Sport e Salute, evidenziando il ruolo cardine del secondo ente.

La delegazione italiana sfila alle Olimpiadi di Rio del 2016 © Twitter

Analizzando due ultime testate, La Repubblica e Il Sole 24 Ore, si nota una tendenza comune. Entrambi i quotidiani hanno pubblicato due articoli a riguardo: in uno si fa appello al sentimento nazionale e si fa leva sul salvataggio del Tricolore e dell’inno alle Olimpiadi; nell’altro l’argomentazione è ben più strutturata, ricca di dati e si estende all’aspetto politico del decreto. Perché due articoli pubblicati lo stesso giorno e sul medesimo tema? Perché sono destinati a pubblici diversi. Il primo articolo della Repubblica pone enfasi sulla svolta per il Coni arrivata all’ultimo istante, prima delle dimissioni di Conte, dando pathos alla narrazione della notizia. Poi parla del salvataggio dell’immagine del Paese e usa le parole chiave “bandiera” e “inno” fin dal titolo. Nel secondo i richiami al sentimento nazionale non mancano. Tuttavia, nonostante lo «spettro di un’Olimpiade senza la bandiera italiana», le trattative tra Coni e la società Sport e Salute vengono analizzate più nel dettaglio e si sottolinea con franchezza il nodo cruciale della quesitone: la gestione del settore sportivo.

Un articolo del Sole 24 Ore parla poi di salvezza dell’autonomia dello sport italiano, ma il rischio di partecipare senza bandiera e inno ai Giochi di Tokyo viene menzionato solo una volta, en passant, concentrandosi invece sugli aspetti tecnici del decreto. Questi vengono poi approfonditi in un secondo intervento dal titolo Finanziamenti e governance: ecco perché il Cio può «cancellare» l’Italia dalle Olimpiadi. Già dall’apertura il focus dell’attenzione è ben chiaro: l’autonomia del Coni è un fatto politico ed economico. Anche il corpo del testo si concentra su questi aspetti, che vengono analizzati con dovizia di particolari per chi non vuole fermarsi a una notizia che fa appiglio unicamente allo spirito patriottico.

© Twitter

In conclusione si nota come anche in questo caso le parole scelte per riportare un fatto sono filtri che ne modificano la percezione. Concentrare l’attenzione di chi legge sul Tricolore e sull’inno italiano significa voler muovere gli animi, far sentire il pubblico chiamato in causa e puntare sull’emotività della sua partecipazione. Svelare la complessità della politica sportiva alla base di questo decreto, invece, rende la trattazione più articolata, ma tale sarà anche la visione della realtà di chi arriva in fondo all’articolo. Sono strategie comunicative diverse e ci mostrano che ogni notizia è velata da un filtro. Sta a noi sollevarlo e vedere cosa c’è sotto.

Leggo, scrivo e ne parlo. Sono una giornalista, un'insegnante. Mi occupo di diritti e conduco il podcast Cristianə a chi?

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