Pray Away. Le terapie di conversione in Italia

Pray Away è il documentario distribuito da Netflix a partire dal 3 agosto 2021, diretto da Kristine Stolakis e prodotto, tra gli altri, da Ryan Murphy. Racconta il processo che ha portato alla forte diffusione delle terapie di conversione negli USA e i danni causati, il tutto attraverso le testimonianze dirette di survivor ed ex leader dei movimenti Exodus e Pray the gay away. Dopo averlo analizzato e contestualizzato, è giunto il momento di orientare lo sguardo verso la situazione italiana.

Distribuzione dei provvedimenti contro le terapie di conversione negli USA. Fonte: MAP (Movement Advanced Project)

Oggi le terapie di conversione negli USA si sono notevolmente ridotte e sono meno evidenti, ma restano presenti. Al momento le vietano solo 20 Stati federali, ma le leggi in questione riguardano unicamente i minori e non sono applicate alle comunità religiose. Di conseguenza circa il 48% della popolazione LGBTQ+ statunitense vive in Stati che proibiscono le terapie di conversione per i minori. Il 9% in Stati che le vietano solo parzialmente; l’11% in Stati in un circuito giudiziario federale con un’ingiunzione preliminare che impedisce l’applicazione dei divieti di terapia di conversione; e infine il 32% si trova in Stati che non hanno leggi contro questo tipo di terapie.

E in Italia? Non esiste una specifica normativa in merito. Nel 2016 è stato presentato un disegno di legge dal senatore Sergio Lo Giudice per affrontare la questione, ma non è stato discusso. Inoltre, nonostante le terapie di conversione siano contrarie ai principi deontologici e alle linee guida dell’Ordine degli psicologi e delle psicologhe – basta rifarsi anche solo all’articolo 4 del Codice deontologico –, ci sono casi in cui vengono comunque praticate. Spesso ciò accade all’interno di percorsi o situazioni non ben strutturate, che non rivendicano in modo esplicito queste pratiche. In tale modo diventa più difficile, sia da parte del singolo individuo sia delle istituzioni, riconoscerle e vietarle.

Inchiesta di Saverio Tommasi sugli psicologi e le psicologhe che praticano queste terapie violando la deontologia professionale

Si parla quindi di colloqui con figure religiose o dalla dubbia formazione psicologica e campi di preghiera mirati. Manca però una vera mappatura di queste realtà, che restano per lo più isolate e sconosciute. Alcuni casi diventano celebri anche grazie alla comparsa sul piccolo schermo, com’è stato per Alessandro Scorza, che si dichiara «pazzo per Gesù» dopo aver abbandonato – usando le sue parole – «lo spirito dell’omosessualità». La sua vicenda orbita attorno a Parola della Grazia, una congregazione religiosa con sede a Palermo. Si tratta della chiesa evangelica più grande d’Italia e si inserisce nella tradizione pentecostale.

Una situazione simile viene riportata da Nausica Della Valle, anche lei “ex omosessuale”. In un’intervista con Televisione cristiana in Italia racconta il suo punto di vista sulla comunità LGBTQ+, confondendo i concetti più basilari e giungendo a citare (erroneamente) perfino Joseph Goebbels, gerarca nazista.

Come siano arrivate queste persone ad allontanarsi dalla comunità LGBTQ+ non è dato sapere con certezza. Indubbiamente tutto il sostegno espresso da chi ascolta le loro testimonianze mostra che la pressione verso una presunta conversione all’eterosessualità è fortemente radicata in alcune comunità religiose.

L’intervista a Nausica Della Valle e Alessandro Scorza per Televisione Cristiana in Italia

Più strutturato è il caso del Gruppo Lot, al centro di un’inchiesta circa sei anni fa. L’associazione, sotto la guida di Luca Di Tolve, organizzava dei seminari per «guarire dall’omosessualità». Anche in questo caso lo sfondo era religioso e accompagnavano il ritiro di cinque giorni proposto agli iscritti un frate francescano e un padre passionista. Il leader del gruppo continua ancora oggi a proporre dei corsi per «sviluppare la nostra personalità sessuale».

Qual è però la posizione della Chiesa sulle terapie di conversione? È sicuramente più facile identificare il punto di vista ufficiale della Chiesa cattolica per via della sua struttura gerarchica. Nel luglio del 2021 la Congregazione per il Clero in una nota ha sconfessato Verdad y Libertad, un’associazione di Granada che praticava le terapie di conversione. Essa è stata fondata da Miguel Ángel Sánchez Cordón, medico che si dichiara “ex gay” e legato al Movimento dei Focolari (un’organizzazione cattolica diffusa in tutto il mondo e legata alla figura di Chiara Lubich).

È stata la prima volta che la Chiesa di Roma ha ufficialmente preso posizione contro questi percorsi. La nota in questione, inoltre, non è stata inviata direttamente a un vescovo o a un cardinale, ma è stata discussa durante l’assemblea della Conferenza episcopale spagnola. In questo modo il gesto è divenuto pubblico e di maggior impatto. Cosa contiene però il testo? Non è stato diffuso in forma integrale, ma dalle dichiarazioni rilasciate alla stampa emerge che la Congregazione dichiara Verdad y Libertad un ente non ecclesiale e invita la Chiesa spagnola a non assecondare né raccomandare le terapie di conversione. Così facendo, però, rende impossibile un procedimento di tipo canonico contro l’associazione. L’unica via aperta per chi è colpito da questi percorsi è la denuncia civile.

Anche l’Alleanza Evangelica Italiana si è però espressa a riguardo. L’ha fatto nel 2003 con un documento dal titolo Omosessualità: un approccio evangelico, che resta ancora oggi il testo di riferimento e che, nel paragrafo V (L’accoglienza cristiana e l’accompagnamento pastorale), recita:

C’è bisogno di una comunità cristiana in grado di accompagnare verso la vera maturità tutte le persone che ne fanno parte [della comunità LGBTQ+], una comunità che non “benedica” delle situazioni esistenziali all’insegna del peccato, ma che accompagni tutti i peccatori verso il pentimento, la conversione e la guarigione.

Si condanna quindi l’emarginazione delle persone LGBTQ+, ma allo stesso tempo anche la loro identità e il loro orientamento sessuale. E in aggiunta conversione e guarigione sono proprio gli elementi chiave delle terapie volte a trasformare l’omosessualità in eterosessualità.

Se volgiamo infine lo sguardo al resto del mondo, le terapie di conversione continuano a essere praticate in molti Stati, nonostante siano prive di fondamento scientifico e fortemente criticate dalle organizzazioni che si occupano di salute mentale. Sono vietate, su tutto il territorio nazionale, solo in Brasile, Taiwan, Malta e Germania. A ciò si aggiungono delle restrizioni locali come nei 20 Stati federali USA già citati o in Canada, Spagna e Australia.

Le terapie di conversione, però, restano presenti in molte realtà, soprattutto in quelle a sfondo religioso. E le tecniche con cui vengono messe in atto sono molteplici. Ci sono i trattamenti per generare repulsione verso il proprio orientamento sessuale attraverso scosse elettriche o medicinali per indurre la nausea. Questi sono praticati in Stati come Cina, Ecuador, India, Russia. Si verificano poi dei trattamenti che fanno uso di ansiolitici, antipsicotici e antidepressivi, spesso con la falsa idea che l’appartenenza alla comunità LGBTQ+ sia legata a dei disturbi mentali. Questo tipo di strategia è adottata in Paesi come Francia, Sri Lanka, Turchia.

In altre zone del mondo si opta per il confino forzato in ospedali psichiatrici, cliniche o semplicemente all’interno delle mura domestiche. È il caso delle Mauritius, della Nigeria e di nuovo di Cina ed Ecuador. Il sistema più diffuso in Italia, Austria, Egitto, Perù, USA e Polonia, ad esempio, è la psicoterapia (sempre priva di basi scientifiche). Si tratta di una scelta non sempre facile da riconoscere come dannosa per la salute mentale e fisica.

Infine in Paesi come le Barbados, il Sud Africa e il Mozambico si pratica la violenza correttiva, mentre in Etiopia, Francia, Nuova Zelanda e Regno Unito l’esorcismo e dei rituali religiosi con lo scopo di purificare da ciò che viene visto come una deviazione dalla norma. Queste pratiche possono essere anche violente, includendo bruciature o fustigazioni.

In conclusione, le terapie di conversione sono un fenomeno tuttora diffuso a livello globale. In Italia manca una specifica normativa che vieta queste pratiche, in particolare quando rivolte a minori. Nonostante la condanna da parte della Chiesa cattolica e l’incremento di una pastorale LGBTQ+ (ancora molto frammentaria), diverse realtà a sfondo religioso persistono ad alimentare questo tipo di pratiche. La loro diffusione ed entità è nota per lo più tramite le testimonianze di chi se ne allontana e manca una vera mappatura a livello nazionale.

Leggo, scrivo e ne parlo. Sono una giornalista, un'insegnante. Mi occupo di diritti e conduco il podcast Cristianə a chi?

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