Pray Away. Sviluppo e conseguenze delle terapie di conversione

Pray Away è il documentario distribuito da Netflix a partire dal 3 agosto 2021, diretto da Kristine Stolakis e prodotto, tra gli altri, da Ryan Murphy. Racconta il processo che ha portato alla forte diffusione delle terapie di conversione negli USA e i danni causati, il tutto attraverso le testimonianze dirette di survivor ed ex leader dei movimenti Exodus e Pray the gay away.

Trailer ufficiale di Pray Away

Innanzitutto cosa sono le terapie di conversione? Questa espressione si riferisce a delle pratiche, prive di fondamento scientifico, volte a cambiare l’orientamento sessuale di una persona per portarla all’eterosessualità. Spesso queste terapie comprendono un risvolto religioso legato al cristianesimo (sia cattolico che protestante) e sono parte del movimento ex gay, cioè delle persone che – utilizzando le loro parole – abbandonano uno stile di vista omosessuale. L’idea di fondo è che l’appartenenza alla comunità LGBTQ+ sia contro natura e peccaminosa. Di conseguenza si propone un lungo percorso di espiazione per abbandonare dei comportamenti visti come scorretti. Solo negli USA 700 mila persone sono state sottoposte a questo tipo di terapie nel corso degli ultimi cinquant’anni.

Tali terapie non solo non hanno basi scientifiche, ma sono anche al centro di notevoli preoccupazioni espresse dalle principali organizzazioni per la salute mentale. Pray Away si apre infatti con un disclaimer in cui viene specificato il carattere dannoso di questi percorsi per le persone che li intraprendono. Gran parte del documentario mostra gli effetti delle terapie di conversione attraverso delle testimonianze dirette.

L’ex leader di Exodus Yvette Cantu Schneider racconta la sua storia e il suo coinvolgimento in Pray Away

Le persone intervistate possono essere raggruppate in tre categorie: c’è chi ha partecipato al percorso per eliminare la propria omosessualità (spesso su costrizione della famiglia di origine), chi è diventato leader di Exodus – la più grade organizzazione mondiale dedicata alla conversione – e chi ancora oggi si fa portavoce di queste terapie, nonostante la loro inattendibilità e i danni che hanno provocato. Spesso le prime due categorie si intersecano, in quanto parte delle persone che entrano nel movimento ex gay per modificare il proprio orientamento sessuale giungono poi ai vertici. Non è un caso: la promessa di una posizione di potere ha spinto molti a proseguire in un percorso fortemente doloroso e alienante.

La prima metà di Pray Away è dedicata all’origine di Exodus. Negli anni ’70, negli USA, un ristretto gruppo di persone evangeliche fondò uno studio biblico per comprendere meglio la relazione tra cristianesimo e omosessualità e per abbandonare quest’ultima. In poco tempo ricevettero più di 25 mila lettere provenienti da tutti gli USA: erano tutte persone che chiedevano aiuto per – usando le loro parole – trovare la propria eterosessualità. Di conseguenza il gruppo iniziale diventò presto un’organizzazione più grande, estesa sul territorio e con il nome di Exodus International.

Un gruppo di survivor racconta il percorso di uscita da Exodus (2013). Alcuni frammenti di questo video sono riportati anche in Pray Away

Negli anni ’80 le terapie di conversione ricevettero nuova linfa e nuove richieste dalla diffusione incontrollata di HIV e AIDS, che colpirono duramente la comunità LGBTQ+ ed erano viste come la punizione per il loro comportamento. Exodus ebbe un forte successo e numerosi investimenti, perché rappresentava la soluzione a un tema capace di creare conflitti profondi all’interno della società. Nel 2006 arrivò ad avere più di 250 ministri negli USA e in Canada e si espanse anche al di fuori del Nord America. La diffusione e il radicamento delle terapie di conversione fu causato anche da un tessuto sociale contrario o scettico verso la comunità LGBTQ+, poco disposto ad ascoltare le loro istanze e, soprattutto, preoccupato per le trasformazioni in corso. Un mix di tensioni e di argomentazioni inserite nel dibattito pubblico molto simili a ciò che sta accadendo in questi mesi attorno al DDL Zan.

I don’t mean to be crass, but men and women’s body parts fit together to become a single organism for the purpose of creating children. If sexual orientation or sexual attractions were the basis upon which we were allowed to marry, then pedophiles would have to be allowed to marry six-, seven-, eight-year-olds. Mothers and sons, sisters and brothers, any combination would have to be allowed.

Le dichiarazioni di Yvette Cantu Schneider, ora ex leader di Exodus, durante la campagna per il Prop 8 (2008), il referendum per l’abolizione del matrimonio egualitario in California

Solo dopo un intenso confronto con chi era sopravvissuto ai tentativi di conversione, i leader di Exodus decisero di chiudere l’organizzazione nel 2013, scusandosi con le persone gay per aver promosso delle forme di omofobia e delle terapie dannose. Nonostante ciò altri gruppi e associazioni simili hanno proseguito imperterrite.

Pray Away narra la storia di queste terapie e i loro danni attraverso le testimonianze di chi vi ha partecipato. È un racconto molto forte, che mette in luce l’umanità degli ex leader di Exodus, i loro dubbi interiori mentre gestivano i gruppi di autocoscienza o i colloqui individuali e i sensi di colpa quando hanno realizzato i danni causati. Per queste ragioni la produzione ha realizzato una Guida per la salute mentale, che sostiene la visione del documentario. Sul sito web ufficiale, inoltre, sono indicate delle associazioni di riferimento a cui rivolgersi in caso di coinvolgimento nelle terapie di conversione e desiderio di uscirne.

Julie Rodgers, survivor di Exodus, racconta il funzionamento delle sessioni private di counseling e della loro vicinanza con la confessione

Le testimonianze raccolte, composte da interviste girate nell’ultimo anno e video originali del periodo in cui Exodus era attiva, mostrano le forti conseguenze di questi percorsi. Si vedono persone in lacrime durante le sedute, dichiarazioni prive di ogni fondamento scientifico riportate da psicologi allora di successo, ammissioni di pensieri suicidari e autolesionismo. Le donne e gli uomini intervistati si chiedono, davanti ai filmati di alcuni anni prima, come abbiano potuto credere nel funzionamento delle terapie di conversione e provocare così tanto danno ai membri della loro stessa comunità (sia LGBTQ+ sia cristiana).

Molte delle persone intervistate, infatti, continuano a praticare la fede cristiana anche dopo l’uscita dalla terapia di conversione e hanno lavorato a lungo su loro stesse e sul loro trauma per coniugare questo aspetto con il proprio orientamento sessuale in modo sano, salvaguardando entrambe le identità. Trovare un nuovo modo di vivere nella comunità cristiana e in quella LGBTQ+ e raccontare la propria esperienza in Exodus sono diventati per molti un modo per rimediare ai danni commessi o rispondere a quelli subiti.

We’ve talked about how Christian communities are where we’ve experienced so much pain and trauma in our lives. At the same time, this faith has also been a huge source of our healing. When I interact with Jesus, and see who Jesus was and how Jesus lived, I’m like “Oh my Gosh, that’s amazing”. And so it’s been really important for me to sort of separate, I guess, like, Jesus from the Christians who hurt me.

Le parole di Julie Rodgers, una delle survivor di Exodus

Oggi le terapie di conversione negli USA si sono notevolmente ridotte e sono meno evidenti, ma restano presenti. Al momento sono vietate solo in 20 Stati federali. Qual è invece la situazione italiana? Sarà il tema del prossimo articolo.

Leggo, scrivo e ne parlo. Sono una giornalista, un'insegnante. Mi occupo di diritti e conduco il podcast Cristianə a chi?

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