Red: il valore rivoluzionario dell’adolescenza femminile
È ufficiale: ancora nel 2022, c’è chi ha paura dell’adolescenza femminile. Quel periodo critico in cui le bambine imparano a fare i conti con la violenza delle proprie emozioni. In un mondo che quelle emozioni le preferirebbe blande, inoffensive, che non disturbino.
In Red, l’ultima pellicola Disney-Pixar approdata su Disney+, la tredicenne sino-canadese Meilin Lee (Rosalie Chiang) ha un’adolescenza esplosiva. Da un giorno all’altro, si trasforma in un gigantesco panda rosso, peloso, distruttivo e leggermente puzzolente.
Davanti alla studiosa quanto esuberante Meilin si aprono due strade. Sfruttare la trasformazione in panda come fosse un superpotere, con l’aiuto delle migliori amiche Miriam, Priya e Abby? Oppure sopprimere i nuovi, caotici sentimenti che ha difficoltà a capire, in modo da sbarazzarsi del panda rosso e tornare a essere la bambina prodigio di mamma Ming (Sandra Oh)?
Molti, come il giornalista statunitense Sean O’Connell che ha sollevato un polverone con la sua recensione iper-critica di Red, sosterrebbero la seconda opzione. Il panda deve essere distrutto, perché incarna il valore rivoluzionario dell’adolescenza femminile. I cambiamenti della pubertà, i primi scompensi ormonali, le mestruazioni, l’intensità dell’amicizia femminile. Emozioni scomode come rabbia, insofferenza all’autorità, desiderio sessuale. Che spaventano più uomini adulti chiamati a recensire un cartone, rispetto alle ragazzine che le provano.
Red tratta questi temi con sentimento e leggerezza. Viene da chiedersi come mai ci sia voluto tanto per vedere un pacco di assorbenti in una pellicola d’animazione occidentale rivolta a tutti. Per capirci, non una “teen chick flick“, una di quelle pellicole spesso ingiustamente considerate robetta di poco conto, solo per ragazzine. Che poi è dove il signor O’Connell vorrebbe relegare Red, ritenendolo troppo di nicchia, troppo concentrato su un pubblico ristrettissimo, quello delle adolescenti americane di origine asiatica.
Perché è così difficile identificarsi con un classico racconto di formazione dai risvolti sovrannaturali? Forse perché la protagonista è cinese? O perché ancora una volta le ragazze non sono considerate persone a tutto tondo, con emozioni complesse e a volte sgradevoli?
Per quanto ancora vogliamo lasciare che razzismo e sessismo ci impediscano di goderci un gioiellino come Red? E lo è davvero, un piccolo capolavoro che avrebbe meritato di debuttare al cinema. È un trionfo di colori, esteticamente curatissimo. Il consueto worldbuilding immersivo Pixar si unisce ai dettagli kawaii dell’animazione asiatica.
Il design “arrotondato” dei personaggi include elementi realistici, imperfezioni, corpi non omologati a quei canoni di bellezza così nocivi per ragazzine come le protagoniste. Stilisticamente, ricorda film dello Studio Ghibli come Il mio vicino Totoro.
La caratterizzazione dei personaggi, anche quelli secondari, è ottima. Le migliori amiche di Meilin e le donne della famiglia Lee sono irresistibili. Ma a brillare è il rapporto tra la protagonista e mamma Ming, toccanti nella loro dinamica di figlia indipendente e devota e madre amorevole ma opprimente.
La trama è ricca di veri colpi di scena. Il climax finale ha un risvolto action inaspettato e al tempo stesso il linea con le premesse seminate sin dall’inizio del racconto. Anche nei momenti più concitati si ride, ci si commuove, c’è spazio per l’introspezione.
Ad accompagnare il tutto sono le musiche di Ludwig Goransson (Black Panther, The Mandalorian) e le canzoni dei 4* Town, gruppo fittizio ispirato alle boy-band degli anni ’90 e dei primi 2000. Composte dai fratelli Billie Eilish e Finneas O’Connell, sono pezzi che chi è cresciuto con gli Nsync, i Backstreet Boys o i Blue riconoscerà al volo.
Red è diretto da Domee Shi (creatrice del delizioso corto Bao), sceneggiato da Julia Cho, animato da Rona Liu e Danielle Feinberg, produtto da Lindsey Collins. Un dream team al femminile che in Red ha riversato il cuore di tante ragazze millennial. Boy-band e ambizione, mix di culture, riferimenti agli anime anni ’80 e ’90 come Sailor Moon e Ranma 1/2, umorismo e lacrime mescolati in un coraggio da leone, o meglio, da panda rosso.
Le interviste alle autrici, contenute nel documentario Red: Dietro le quinte, evidenziano i grandi temi del film. Il legame con le radici cinesi della protagonista, e attraverso lei, delle autrici, è importante per la storia ma secondario rispetto al tema della crescita e del conflitto generazionale, esperienze umane universali.
Ci sarebbe questo scrutinio sulle loro vite, se fosse stato un gruppo di uomini a prendere spunto dalla propria esperienza personale? Abbiamo bisogno di un corollario per capire che la storia di Red, anche se magica, è anche realistica? Che le adolescenti, a differenza del magico panda rosso, esistono e hanno il diritto di essere sfacciatamente, candidamente, rumorosamente sé stesse?