Tornano i “genitori” nei documenti d’identità?

Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per provare a mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia.

In questi giorni di crisi di governo e nuove restrizioni per il Covid, una notizia è passata in sordina: la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, lo scorso 13 gennaio ha annunciato in un Question time alla Camera che è stato proposto di sostituire, sui documenti d’identità delle e degli under 14, le diciture “madre” e “padre” con “genitori”. L’aspetto interessante, insieme alle conseguenze a livello sociale e burocratico, è il modo in cui i principali giornali italiani ne hanno parlato. Le parole scelte per riportare una notizia, infatti, sono dei filtri che ne modificano la percezione. Cos’è accaduto in questo caso?

In realtà questa dicitura nei documenti d’identità non è del tutto un elemento nuovo. Nel 2015, secondo un decreto del Ministero dell’Interno, la formula presente sui documenti era proprio “genitori”. Nel 2019 sono invece state introdotte delle modifiche, sostituendo genitori con padre e madre. Ciò è avvenuto su spinta dell’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, il quale sosteneva di voler recuperare il lessico della a sua detta “famiglia naturale”, una decisione che già allora aveva suscitato delle criticità relative alla tutela della privacy dei minori.

La recente proposta di ritorno alla dicitura “genitori”, oltre a essere un superamento delle modifiche del 2019, è un adeguamento al quadro europeo e permette il rilascio della carta d’identità elettronica anche nel caso in cui le figure genitoriali non sono riconducibili al ruolo materno e paterno. Fino ad ora, infatti, queste situazioni costringevano a ripiegare sul documento cartaceo – che impedisce o ostacola l’accesso a vari servizi – perché su quello elettronico non è possibile inserire formule più complesse come “nome dei genitori o di chi ne fa le veci”.

La discussione non ha ancora portato ad effetti concreti, sebbene molte testate parlino di un cambiamento già avvenuto. Lamorgese ha infatti dichiarato che: «Il nuovo schema di decreto ministeriale ha già ottenuto il concerto del ministero dell’Economia e di quello della Pubblica amministrazione, ed è in attesa del parere del Garante della protezione dei dati a seguito del quale sarà sottoposto all’esame della conferenza Stato-Città». Vista l’opinione del Garante espressa negli anni precedenti, è molto probabile che questo cambiamento avvenga, ma non è ancora confermato.
Si inizia quindi a notare una discrepanza tra i fatti e la loro narrazione. Cos’altro ha raccontato la stampa italiana?

Sicuramente i fatti concomitanti a questa dichiarazione – la crisi di governo e il nuovo DPCM – le hanno concesso poco spazio, ma le principali testate non hanno rinunciato ad occuparsene e il modo in cui ne hanno parlato presenta delle costanti. Partiamo dai titoli:

  • Via “madre” e “padre”. Sulla carta d’identità degli under 14 torna “genitore 1” e “genitore 2” è la scelta della Repubblica.
  • Carta d’identità under 14, via “madre” e “padre”. Tornano “genitore1” e “genitore2” scrive La Stampa.
  • Carte identità, su documento minorenni torna “genitore 1-2” al posto di “padre” e “madre” presenta Il Messaggero.
  • Lamorgese: torna la dicitura “genitore 1-2” sulla carta d’identità dei minori è l’opzione di Tgcom24
  • Il grande assente in questo panorama informativo è il Corriere della Sera che, per quanto riguarda la versione online, ha scelto di tacere.

I numeri dopo il termine “genitore” compaiono anche all’interno degli articoli e addirittura nel virgolettato attribuito alla ministra stessa (in tutte le testate considerate). Eppure Lamorgese non nomina mai i tanto citati genitore 1 e genitore 2, come si nota ascoltando il suo discorso alla Camera:

Perché allora parlare di “genitore 1 e 2” se la ministra non li ha mai citati e se non sono davvero presenti nei documenti? L’unica testata ad affrontare parzialmente la questione è La Repubblica di Bologna, che riporta la storia di chi vive realmente gli ostacoli dovuti all’assenza dei “genitori” nella burocrazia. Con le parole dei Papà Per Scelta, poi postate sui social dal quotidiano, si ricorda infatti che “le diciture genitore 1 e 2 sono un argomento propaganda usato al fine di ripristinare la famiglia tradizionale come unico modello possibile. Ma nei documenti d’identità non sono mai esistiti”.

Fare appello, sia nei titoli che all’interno degli articoli, ai cosiddetti genitori 1 e 2 significa richiamare una precisa campagna politica e con ciò una specifica risposta da parte di chi legge. Questa reazione, infatti, non tarda ad arrivare. I commenti degli utenti sia sui siti web dei quotidiani sia sulle loro pagine social sono ricolmi di indignazione per un presunto declassamento delle figure materne e paterne e una forzatura delle coppie eterosessuali a stabilire una gerarchia interna. Chi sarà disposto, si chiedono, a essere il “genitore 2”? È una scelta giornalistica che si discosta parzialmente dai fatti per richiamare delle informazioni probabilmente note al pubblico e suscitare una sua risposta. Con la notizia raccontata in questo modo, il focus dell’attenzione rischia di allontanarsi dallo snellimento burocratico di chi si trova in una famiglia che non ha una madre e un padre e i commenti di chi legge i quotidiani lo dimostrano.

Leggo, scrivo e ne parlo. Sono una giornalista, un'insegnante. Mi occupo di diritti e conduco il podcast Cristianə a chi?

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