Askia del Songhay: ascesa e caduta di un imperatore

A cura di Corrado Montagnoli

1528, un vecchio e solitario cieco vive su un’isola al centro del fiume Niger, condividendo i suoi ultimi giorni con zanzare e rospi. Nessuno potrebbe immaginare che quel vecchio fosse fino a pochi mesi prima Muhammad Askia “il Grande”, sovrano del più esteso impero della storia dell’Africa occidentale.

Alle origini del Songhay: una commistione di popoli

Tre furono i grandi imperi che dominarono l’Africa occidentale. Il primo fu l’Antico Ghana (IV- XI sec.), il secondo l’impero del Mali (XIII-XVII sec.). Il terzo fu l’impero del Songhay (XV-XVI sec.), che dei tre fu il meno duraturo ma anche il più esteso.

I Songhay si originarono dalla progressiva unione di più popoli, insediati lungo la sponda sinistra del fiume Niger. Tra le più importanti vi furono i Sorko, specializzati in ogni tipo di attività fluviale. Costruttori di barche e canoe, pescavano e cacciavano a bordo delle loro imbarcazioni e commerciavano con le altre città lungo il Niger. I Gow erano abili cacciatori di ippopotami e coccodrilli, mentre i Do erano più inclini a coltivare le fertili sponde del fiume.

Le sponde del fiume Niger, culla dell'Impero Songhay
Le sponde del fiume Niger, culla dell’Impero Songhay @Wikicommons

Questi popoli furono raggiunti e sottomessi da bellicose tribù di cavalieri settentrionali, di cui non conosciamo nulla se non che fossero di lingua songhay: questa si sostituì presto alle parlate locali. Infine, le sponde del Niger videro l’arrivo dei Tuareg, mercanti provenienti dal nord Africa, che fondarono un insediamento rivierasco: Gao, la futura capitale dell’impero Songhay.

Il regno di Gao

Mentre l’antico Ghana era all’apice della sua gloria (750-950), Gao divenne progressivamente il ricco capolinea commerciale delle rotte trans-sahariane meridionali. Intorno al X secolo i Songhay stabilirono un piccolo ma aggressivo regno, che cominciò ad occupare alcuni punti chiave delle piste nel deserto. Intorno al 1300, la fortuna e la ricchezza di Gao attirarono l’ingombrante vicino Impero del Mali, che nel frattempo era diventato la grande potenza locale.

Le rotte commerciali trans-sahariane tra il 1000 e il 1500. Gao era uno dei capolinea più importanti
Le rotte commerciali trans-sahariane tra il 1000 e il 1500. Gao era uno dei capolinea più importanti @Wikicommons

Mansa Musa, imperatore maliano, entrò nella città da dominatore nel 1324. Tuttavia, l’occupazione del Mali durò poco: un secolo dopo, la tumultuosa politica interna in patria costrinse i maliani a ritirarsi dal regno di Gao, regione periferica già di per sé difficile da governare. Nella città songhay ascesero nuovi leader, che iniziarono a nominarsi con il titolo di Sii: una nuova dinastia era nata.

L’ascesa del Songhay: Sii Ali Beeri

Intorno al 1460, i Sii diedero il primo violento morso al moribondo impero del Mali: il Songhay, capeggiato da Sii Sulayman Dama, occupò militarmente Mema, storica regione maliana. Quando Sulayman Dama morì, Ali Beeri (1464-1492) divenne il successivo Sii di Gao. Instancabile e ambizioso condottiero militare, il regno di Ali Beeri fu caratterizzato da uno stato di guerra costante. L’esercito del Songhay, composto principalmente da unità di cavalleria, si spostava rapido lungo il Niger, utilizzando canoe da guerra, dette kanta, manovrate dagli abili marinai Sorko. Grazie a questa marina fluviale, Gao inarrestabile occupò il medio corso del fiume africano, conquistando miniere d’oro e saline e puntando inesorabile verso le grandi città di Timbuktu e Djenné (entrambe nell’odierno Mali).

Alla fine del 1468, Sii Ali Beeri sbarcò le truppe a Kabara, porto fluviale di Timbuktu. Nonostante gli sforzi dei difensori, aiutati da truppe Tuareg (che volevano tenere lontani i Songhay dai commerci trans-sahariani), la città cadde nel gennaio 1469. Le truppe di Ali Beeri si abbandonarono quindi a saccheggi, incendi e devastazioni, in particolar modo ai danni dell’élite musulmana, rea di essersi opposta ai disegni di conquista del Sii. Molti intellettuali e religiosi islamici riuscirono comunque a mettersi in salvo nella vicina città di Walata, grazie ad una grande carovana allestita tempestivamente dai Tuareg.

La caduta di Djenné e un titanico canale

Non molto tempo dopo cadde anche la terza città più importante del Niger: Djenné, dopo esser stata assediata per quattro anni. Ali Beeri puntò infine contro Walata, ultimo baluardo da conquistare ma anche unica città non raggiungibile via fiume. Per questo il Sii diede l’ambizioso (e anche un po’ assurdo) ordine di costruire un grande canale, di circa 190 chilometri, che gli permettesse di far avanzare le navi. I lavori iniziarono ma ben presto le truppe Songhay furono attaccate dal regno Yatenga (odierno Burkina Faso) accorso in aiuto di Walata. L’esercito Songhay fu costretto ad abbandonare il titanico progetto del canale ma riuscì lo stesso a sconfiggere i Yatenga e a conquistare la città resistente.

La Grande Moschea di Djenné. Costruita intorno al XIII secolo, è la più grande struttura di fango e legno al mondo. La struttura attuale venne ricostruita sulle rovine dell'originale all'inizio del XX secolo.
La Grande Moschea di Djenné. Costruita intorno al XIII secolo, è la più grande struttura di fango e legno al mondo. La struttura attuale venne ricostruita sulle rovine dell’originale all’inizio del XX secolo. @Wikicommons

La figura storica di Ali Beeri fu con il tempo distorta dalle tradizioni orali, divenendo il “grande e pericoloso Za”, stregone che comandava grazie ai suoi poteri magici. L’origine di questa peculiare tradizione è dovuta alla fede del Sii. Sebbene ufficialmente musulmano, Ali Beeri nel privato professava più volentieri la religione tradizionale, legata al mondo degli spiriti. Questa antica religione, come molte dell’Africa occidentale, era amministrata dai sohanci, ovvero dei “dottori” a tutto tondo, che si occupavano della cura del corpo, della mente e dello spirito. I sohanci erano insieme medici, psicologi e sacerdoti. Ali Beeri ricevette una parziale educazione da sohanci. Ciò lo rese edotto di medicina e di numerosi altri campi: per questo fu spesso visto con grande sospetto dai fedeli di altre religioni. Questo, unita all’efferata violenza che esercitò contro i musulmani a Djenne e Walata, gli valse nelle cronache islamiche il titolo di “Re Stregone”.

Una vita in guerra: la morte di Ali Beeri

Anno dopo anno, territorio dopo territorio conquistato, il nascente e aggressivo impero Songhay passò ad una postura difensiva, faticando a governare quell’enorme dominio sovra-esteso. Le rivolte cominciarono ad essere sempre più frequenti, nei molteplici angoli dell’Impero.

Dopo aver regnato e condotto eserciti per 28 anni, Ali Beeri morì, lasciando l’onere di dover risolvere i gravi problemi governativi ai posteri. Gli succedette per acclamazione il figlio Sii Baru. Egli tuttavia regnò per soli cinque mesi, prima di essere deposto con la forza da un leader più forte.

L’ascesa del futuro Askia

Muhammad Turè, il futuro Askia, nacque intorno al 1443. Non sappiamo di preciso quali terre gli diedero i natali ma possiamo supporre con buona certezza che appartenesse ad una famiglia Tukulor, popolazione musulmana del Senegal, stanziata nella città di Gao.

Alla morte di Ali Beeri, Muhammad Turè rivestiva il ruolo di comandante dell’esercito Songhay, nonché di governatore provinciale. Opponendosi all’acclamazione di Sii Baru, sfidò quest’ultimo per il controllo dell’Impero. Dopo due sanguinose battaglie, nel 1493 Turè ne uscì vittorioso. Scelse per indicare se stesso e la propria dinastia il nome askia (o talvolta askiya), titolo che indicava un grado militare nell’esercito Songhay: da questo momento in poi, tutti i futuri sovrani dell’Impero saranno conosciuti come Askia.

Le riforme di Askia: costruire uno Stato

A differenza del suo predecessore, Askia Muhammad fu più uomo di Stato che guerriero, dovendo aver a che fare con un impero vasto ma poco organizzato.

Una statua dedicata ad Askia a Gao. Non esistono rappresentazioni del tempo che ci descrivano l'aspetto di Askia
Una statua dedicata ad Askia a Gao. Non esistono rappresentazioni del tempo che ci descrivano l’aspetto di Askia @online.infobase.com

La strutturazione di un’amministrazione efficiente fu quindi il primo obiettivo del nuovo sovrano. Cominciò dividendo l’impero in grandi provincie, ciascuna sotto la direzione di un governatore. Istituì poi un consiglio di 63 ufficiali, scelti tra i parenti stretti del sovrano. Come i moderni ministri, questi ufficiali erano selezionati per occuparsi di tutte le problematiche imperiali quali la finanza, la giustizia, la politica interna e l’agricoltura. Il ministero per noi più curioso fu quello delle “tribù bianche”, ovvero delle tribù arabe e tuareg del Nord Africa, che al tempo erano vassalle del Songhay. Queste fornivano all’esercito songhay squadroni di dromedari e unità di cavalleria scelta.

Askia, sovrano credente

Askia riformò anche l’aspetto religioso dell’Impero. In precedenza, non era stata mai scelta una religione di Stato ufficiale: nell’Impero l’Islam, religione del morente Impero del Mali, coesisteva con religioni legate a pantheon locali o legate al culto degli antenati. Askia proveniva da una famiglia di musulmani osservanti, quindi si impegnò a rendere l’Islam religione ufficiale (e obbligatoria) per la nobiltà songhay. Askia era molto credente ma non molto esperto negli affari prettamente teologici: quindi si circondò di dottori e intellettuali marocchini, che aiutarono l’imperatore ad armonizzare le leggi songhay con la religione di Maometto. Consigliato da questi esperti, nel 1496 Askia intraprese anche un hajj, ovvero un pellegrinaggio verso la Mecca.

La Torre di Agadez, odierno Niger, capitale dell'omonimo sultanato tuareg, vassallo di Askia
La Torre di Agadez, odierno Niger, capitale dell’omonimo sultanato tuareg, vassallo di Askia @Wikicommons

Accanto a motivi religiosi, con la scelta di una religione ufficiale Askia otteneva la possibilità di recuperare in sicurezza tutti i territori a maggioranza musulmana, precedentemente parte dell’Impero del Mali, nonché di legittimare il suo colpo di stato agli occhi dei nobili ancora fedeli ai Sii. Ottenne anche la possibilità di instaurare rapporti diplomatici di alto livello con i vicini Stati, quasi tutti islamici. Curiosamente, l’islamizzazione del Songhay sarà anche la causa della sua rovina, quando un secolo dopo il Marocco userà la religione comune come pretesto per invadere l’Impero africano. Quando Askia tornò dall’hajj fu pronto ad espandere i confini del già enorme impero.

Riforme militari e campagne di Askia

Nacquero un esercito permanente e una flotta di canoe da guerra, composti esclusivamente da soldati e marinai professionisti, agli ordini di un generale e di un ammiraglio supremo. Grazie a questa forza riformata, Askia riconquistò i territori ancora fedeli ai Sii, la precedente dinastia regnante. Rafforzati i domini lungo il corso del medio Niger, procedette fino al delta del grande fiume, nell’odierna Nigeria. L’impero divenne così ampio che l’esercito si divise in due parti: uno occidentale, con sede a Gao, e uno orientale stabilito a Timbuktu.

I confini dell'Impero del Songhay al tempo di Askia
I confini dell’Impero del Songhay al tempo di Askia @Wikicommons

Difficile stabilire con esattezza i confini dell’Impero Songhay. Secondo le cronache degli storici di Timbuktu, terminate le campagne militari il dominio di Askia si estendeva dall’Atlantico al sultanato vassallo tuareg Agadez, nell’odierno Niger. A nord, l’esercito Songhay arrivò fino alle miniere di sale del Teghazza, nell’odierno Mali, vicino al confine con l’Algeria. A sud conquistò Bussa, capitale del nord Borgu, nella presente Nigeria. Di certo, i confini dell’area di influenza songhay giungevano ben oltre il limes militare ma è per noi difficile comprendere fino a dove.

Un rinascimento e un problema con i figli

È corretto parlare di “rinascimento” pensando al regno di Askia. Sotto il suo dominio, il Songhay conobbe un’urbanizzazione e un rafforzamento amministrativo e fiscale che molte regioni non vedevano dai tempi d’oro di Mansa Musa e dell’apogeo del Mali. La ricostruzione di una rete diplomatica internazionale, di una politica interna organizzata e di forti e cordiali rapporti culturali con i centri culturali islamici, rappresentarono un’inversione di marcia completa rispetto all’idea di governo di Ali Beeri. Timbuktu tornò ad essere un importante polo culturale internazionale e conobbe una nuova età dell’oro.

Le cronache dell’epoca nominano con certezza almeno 37 figli di Askia, avuti da molteplici mogli e concubine. In realtà il numero stimato è maggiore: si stima che il sovrano ebbe, tra maschi e femmine, più di 400 figli. Questa grande famiglia allargata era ben lontana dall’essere amorevole e unita. I numerosi fratellastri erano in perenne rivalità e lotta per il potere: come si vedrà, queste guerre fratricide porteranno alla rovina dell’Impero.

Una fotografia scattata a Gao negli anni '30, la struttura visibile è la tomba di Askia
Una fotografia scattata a Gao negli anni ’30, la struttura visibile è la tomba di Askia @Wikicommons

Secondo le consuetudini dell’epoca, quando un nobile senza fratelli moriva, il titolo e i beni venivano ereditati dal figlio maggiore. In caso di morte del primogenito, l’eredità passava al secondogenito e così via. In una famiglia numerosa come quella di Askia, un sistema di questo tipo poteva portare solo a congiure e violenza.

L’incidente dei tamburi

Le prime avvisaglie si verificarono nel 1525, alla morte di uno dei governatori di Askia. Occorre sapere che nel Songhay del tempo, le figure pubbliche con le cariche più alte e importanti erano chiamate “signori dei tamburi”, perché avevano l’onore di dotarsi di un tamburino ufficiale. Ovunque la personalità di spicco andasse, il tamburino ne preannunciava l’arrivo, suonando il proprio strumento, riconoscibile e ricco di segni distintivi di autorità. Per fare un paragone, i tamburi dei signori avevano lo stesso valore simbolico degli stendardi araldici dei cavalieri medievali europei.

Quando morì uno dei ministri di Askia, il sovrano scelse Balla, uno dei suoi figli, rendendolo così un “signore dei tamburi”. Molti dei fratelli maggiori di Balla, tra cui Musa, minacciarono invidiosi di distruggere i tamburi del fratello. In risposta, Balla decise di portare i suoi tamburini fin sotto le finestre del palazzo reale, dove per legge solo i tamburi di Askia erano ammessi, suonando incessantemente per irritare i fratelli. Per questo affronto insopportabile, Musa meditò vendetta per anni, come si vedrà.

La tragica fine di Askia

Gli ultimi anni di Askia “il Grande” furono a dir poco tragici. Compiuti 70 anni, Askia Muhammad faticava a tenere a bada i turbolenti figli, che tramavano nell’ombra, desiderosi di conquistare il trono del padre. L’instabilità iniziò nel 1519, quando il comandante in capo, fratello del sovrano e addetto alla sicurezza imperiale, morì. La successione si spalancò per i numerosi figli e la corte reale divenne improvvisamente un posto pericoloso per un anziano cieco e dal fisico ormai debilitato. Per anni, l’imperatore visse nascosto da tutti, per mascherare il suo stato di salute. Finché, nel 1528, il figlio maggiore Musa architettò una congiura e dopo aver assassinato il generale al comando delle truppe, si pose a capo dell’esercito e detronizzò il padre, assumendo il titolo di Askia.

La vista dalla cima della tomba di Askia
La vista dalla cima della tomba di Askia @Wikicommons

Musa iniziò quindi a uccidere i suoi fratelli, per eliminare eventuali minacce. Finalmente ebbe anche modo di vendicarsi per l’affronto dei tamburi: fece catturare suo fratello Balla e lo mise pubblicamente a morte, con il pretesto di aver violato, anni prima, la linea invalicabile del palazzo reale.

Beffardamente, Musa mantenne il titolo per soli tre anni, prima di essere a sua volta assassinato da uno dei suoi fratelli più giovani.

Sulla tomba di Askia

Quanto al vecchio Muhammad, fu bandito su un’isola lungo il Niger, secondo le fonti “abitata solo da zanzare e rospi”, dove, completamente cieco, assistette impotente alle sanguinose lotte fratricide dei figli, mentre l’impero si sgretolava lentamente. Dopo 9 anni, nel 1537, il vecchio sovrano fu richiamato a Gao dal figlio Ismail, divenuto nel frattempo Askia. L’anno successivo, 1538, Muhammad, fondatore della dinastia Askia, si spense, lasciandosi alle spalle un enorme impero costantemente sul orlo della guerra civile. Fu sepolto a Gao, in una piramide di terra e legno, secondo lo stile architettonico dell’epoca. La tomba è ancora esistente ed è ora una moschea, punto di riferimento dell’Africa occidentale musulmana.

La tomba di Askia a Gao, in Mali, considerata patrimonio UNESCO. In realtà non è certo che sia la reale sepoltura del sovrano
La tomba di Askia a Gao, in Mali, considerata patrimonio UNESCO e oggi moschea. In realtà non è certo sia la reale sepoltura del sovrano @Wikicommons

Le guerre civili proseguirono fino al 1591, quando il sultano del Marocco, forte delle armi da fuoco fornite dagli Ottomani, attraversò il deserto, mettendo a ferro e fuoco le grandi città songhay e occupando le miniere di oro e sale. Il Marocco fu comunque costretto alla ritirata ma l’impero degli Askia era ormai collassato. Al suo posto nacquero numerosi piccoli regni, alcuni indipendenti, altri soggetti all’autorità marocchina. Questi instabili staterelli furono poi facilmente inglobati dai francesi nel XIX secolo.

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