Fantasie del complotto, tra rete e pandemia
Dalle leggende metropolitane alle fantasie di complotto
La tendenza a fantasticare trame e complotti non é certamente un’esclusiva del nostro tempo. In questa serie ci occupiamo di ipotesi e fantasie cospirative, ma se pensiamo a quale sia il processo creativo che le genera, ci accorgiamo che é lo stesso che fa nascere leggende, miti e religioni da sempre.
A partire da un evento o un personaggio storico reale, si costruisce una narrazione fittizia o comunque ipotetica, che nel caso delle teorie cospirative ha la pretesa di svelarne trame o cause occulte. Nell’era digitale la novitá é che anche le piú assurde di queste storie possono passare dal chiacchericcio o eventualmente qualche libro per appassionati, all’archiviazione nella piú grande enciclopedia della storia dell’umanitá, visitata quotidianamente da milioni di persone e principale fonte di informazione per molte di queste: internet.
Una volta in rete queste fantasie passano in alcuni casi dall’essere voci a documenti e documentari. Inoltre, spesso questi prodotti sono doppiamente ingannevoli dal momento che non solo circolano sugli stessi canali e le stesse piattaforme nelle quali si possono trovare saggi e programmi di informazione reale, ma vengono pure confezionati nello stesso modo. Vengono proposte con gli stessi formati e negli stessi spazi virtuali, e il rischio é quello di mettere sullo stesso piano l’informazione prodotto di ricerca rigorosa, e quella complottista, spesso piú accattivante ma frutto di fantasia o ricerche parziali.
Le fantasie di complotto sono premiate dalla rete
Questa confusione si amplifica ulteriormente dal momento che l’informazione che ci arriva dalla rete viene veicolata dai famigerati algoritmi, che come sappiamo tendono a proporci risultati in base alle nostre ricerche precedenti e alle pagine piú visitate, che reputa piú interessanti per l’utente a prescindere dalla verificabilitá del contenuto.
Le fantasie cospirative che circondano un evento controverso sono spesso molto piú accattivanti delle cause reali, piú attrattive agli occhi di un lettore. Per questa semplice ragione sono spesso piú lette, le pagine che le riportano sono piú visitate, e quindi premiate dagli algoritmi.
Immaginiamo che per spiegare come é iniziata la attuale pandemia ci siano due soli articoli. Il primo spiega con calma il processo di zoonosi, una storia della evoluzione del virus, facendo una analisi comparata dei diversi sistemi sanitari e approcci mantenuti per spiegarne la diffusione. Un altro racconta di una guerra virologica mossa da una piccola setta contro l’umanitá con lo scopo di ridurre la popolazione.
É ovvio che il lettore trovi piú interessante il secondo articolo rispetto al primo, anche solo narrativamente.
É una storia quasi cinematografica, che dà la sensazione di informarsi e soddisfa la voglia di intrattenimento allo stesso tempo; è piú facile da capire e coinvolge il lettore in prima persona, in quanto parte dell’umanitá sotto attacco. Inoltre, genera senso di appartenenza a una piccola minoranza detentrice della veritá che resiste contro un potere superiore, e lo mette nel duplice ruolo di protagonista e di vittima.
Il nemico é tanto piú potente di noi che poco si puó fare per combatterlo, solo informare e diffondere informazioni relazionate al presunto complotto a quanta piú gente possibile. Nel frattempo l’articolo documentato sulla zoonosi continuerá a circolare quasi esclusivamente nei circoli scientifici che si occupano del tema.
La pandemia amplifica la diffusione delle fantasie di complotto
La pandemia di Covid-19 é un evento epocale e come ogni evento cosí impattante ha dato origine a svariate ipotesi e fantasie di complotto, tuttavia alcune particolari caratteristiche lo rendono ancora piú controverso dei macroeventi precedenti.
Innanzitutto é un avvenimento globale come pochi a memoria d’uomo. Ha colpito contemporaneamente in sostanzialmente tutto il mondo, e ha cambiato drasticamente lo stile di vita e le prospettive di milioni di persone, dal lavoro alla vita privata.
Tutti noi siamo soggetti a quello che si chiama Bias di Proporzionalitá, che ci fa presupporre che grandi effetti debbano necessariamente avere grandi cause, e puó essere difficile accettare che semplicemente sia successo. Che una delle svariate malattie che ogni anno passano da animali a persone e viceversa sia risultata per noi piú problematica delle altre, che sia cioé il frutto della casualitá e di un normale processo biologico.
Soprattutto in occidente ci sembra impossibile che la natura abbia il sopravvento sulla nostra volontá, accettare che non la dominiamo e non ne siamo estranei né tanto meno superiori. Per alcuni la pandemia deve essere per forza conseguenza di una altrettanto grande azione voluta, se non nell’origine nella sua gestione da parte di noi umani.
Inoltre, la crisi sanitaria ha costretto moltissime persone a rimanere chiuse in casa per molto tempo, aumentando drasticamente l’uso della rete e dei social, e di conseguenza il consumo dei prodotti che vi circolano.
A causa di quel cortocircuito citato a inizio articolo, per il quale informazioni scientifiche e fantasie circolano con gli stessi formati e gli algoritmi tendono spesso a premiare i secondi, queste teorie e i loro sostenitori hanno sempre una maggiore visibilitá.
Confrontarsi in rete e di persona non sono la stessa cosa
Con la vita sociale ridotta al minimo, non solo quasi tutta l’informazione si muove nella rete, ma é sostanzialmente anche l’unica fonte di confronto che esiste. Il problema é che come abbiamo visto internet non é una immagine esatta del mondo reale, ma la rappresentazione del mondo di ciascun utente secondo i suoi gusti e le sue opinioni.
Le informazioni che si ricevono passano una prima selezione piú o meno volontaria da parte nostra delle voci da ascoltare, e poi una seconda da parte degli algoritmi che anche se decidessimo di uscire dai nostri siti di riferimento, tenderanno comunque a proporci fonti che confermano la nostra opinione.
Questo fenomeno é chiamato “effetto bolla di filtraggio” e al giorno d’oggi quasi tutti ne siamo vittime.
La mancanza di un confronto in ambienti reali e non influenzati da selezione delle fonti, sta compromettendo la nostra capacitá di mettere davvero in discussione la nostra opinione e di cambiare idea, o anche solo la nostra voglia di farlo.
Se prima una persona aveva un’opinione opposta ad un collega su un determinato argomento, vedendosi ogni giorno in ufficio capitava prima o poi di confrontarsi su quel tema, mentre oggi mancando l’occasione di incontro, col collega non si discute piú.
I social network tenderanno a non propormi fonti contrari alla mia opinione, e qualora dovessi imbattermici potrei bloccare il mio collega o non seguire piú i suoi post, non evitare la discussione ma pretendere direttamente che non esista.
Per molti anni si é discusso su internet e i suoi effetti, sostenendo che un’aspetto indiscutibile era la sua capacitá di diffondere informazione e la possibilitá che dava di confrontarci con persone da tutto il mondo.
Al giorno d’oggi invece sembrerebbe che proprio la nostra capacitá di informarci e di discutere rischiano di essere compromesse anche proprio da quel mezzo che pensavamo ci avrebbe aiutato a stimolarle.
Altri articoli di questa serie:
- Parliamo di complotti, ma senza cadere in complottismi
- Fantasie del complotto, tra rete e pandemia