L’impatto della droga sull’ambiente

L’articolo è stato scritto in collaborazione con L’EcoPost

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La droga fa paura. I suoi ganci chimici possono dare dipendenza fino a un’ossessione che, nei casi peggiori, può condurre alla morte.

Un meccanismo spiegato da alcuni esperimenti nel ‘900: dei topi venivano rinchiusi in gabbia e nutriti con due bottiglie d’acqua: la prima conteneva liquido non trattato, mentre nella seconda era stata disciolta eroina. Trascorso del tempo, la maggior parte dei roditori – con percentuali sopra il 90% – finivano per voler bere solo ed esclusivamente dalla seconda ciotola, fino a morire.

Ora, un qualsiasi essere vivente in gabbia – da solo – senza nulla da fare, non può che perdersi nell’eroina. L’esperimento è viziato da vari fattori. La pericolosità della droga sta tutta in questa dimostrazione. Esaminiamo ora un aspetto spesso tralasciato: l’impatto dell’indotto della droga sull’ambiente.

Nulla di verde

Se basta qualche istante di sballo per nuocere al nostro cervello, lo stesso vale per l’ambiente. Gli stupefacenti consumati ogni minuto nel mondo danneggiano il pianeta, esattamente come il nostro fisico e la nostra psiche.

Ecstasy e meth. Il sassofrasso, albero nella famiglia delle Lauracee, è presente nella foresta pluviale brasiliana e nel sudest asiatico; l’olio che produce è il principale ingrediente dell’ecstasy. Per procurarselo occorre abbattere piante sistematicamente – spesso tutelate e protette in riserve floristiche – e farlo senza scrupoli, per accontentare la richiesta mondiale di pasticche o liquido di ecstasy.

La situazione è poco dissimile se pensiamo agli altri derivati di alcaloide di origine vegetale (efedrina e pseudoefedrina), meglio noti come metanfetamine. Per produrre il crystal meth – noto anche con il nome di strada ice – vengono rilasciate nell’ambiente tonnellate su tonnellate di tossine che inquinano i canali in cui circolano instancabili e inarrestabili, finché non raggiungono il mare.

Cocaina. Nel caso della regina degli stupefacenti, la correlazione con l’ambiente sta tutta nel fatto che, per coltivarla, si strappano ettari di terreno alle foreste. La resa infatti è piuttosto modesta. Si stima che un metro quadrato di terreno adibito a coca fornisca soltanto 6 dosi.

La coltivazione della pianta contenente principio attivo è un vero e proprio cancro per l’America Latina: negli ultimi 30 anni sarebbero stati abbattuti oltre 2 milioni e 500mila ettari di macchia per lasciarle spazio e il governo peruviano ha calcolato come, ogni anno, si sversino nel Rio delle Amazzoni oltre 15 milioni di litri di sostanze tossiche – principalmente diesel e cherosene – impiegate per produrre pasta di coca.

Marijuana e cannabis. Qui la resa per metro quadrato aumenta: ogni singolo mq corrisponde infatti a 250 dosi. Ciononostante non dobbiamo lasciarci ingannare. Si potrebbe pensare che l’erba sia una coltura ecologica ma non è così. Consideriamo che circa il 50% della produzione annua di marijuana proviene dal Messico, paese in cui la pianta ha ormai invaso le aree protette sulle montagne della Sierra Madre Occidentale. Oltre il border, nella California statunitense, i coltivatori bisognosi di spazio per le loro piantagioni hanno irrimediabilmente deturpato parte della vegetazione indigena nel Sequoia National Park. Non paghi, hanno poi deviato i corsi d’acqua nel parco e ne hanno inquinato il suolo con additivi chimici capaci di aumentare la produzione.

Inquinamento ad ogni passaggio

L’impatto ambientale dovuto alle sostanze stupefacenti coinvolge ogni passaggio della filiera, fino allo smaltimento. Per liberarsi della sostanza – magari in caso di ispezione – il consumatore non si preoccupa certo di evitare problematiche serie agli ecosistemi.

Studi inglesi hanno dimostrato come le anguille che popolano il Tamigi stiano letteralmente impazzendo a causa della cocaina disciolta nel fiume, inalata quotidianamente. Similmente, all’interno dei gamberetti pescati nel Suffolk sono state ritrovate tracce di ketamina e farmaci. Anche negli insetti acquatici che popolano gli ecosistemi fluviali nei dintorni di Baltimora, Stati Uniti – città flagellata dalle droghe – sono state individuate anfetamine.

Non dimentichiamoci poi della cosiddetta lotta alla droga. Le politiche di contrasto a produzione e traffico spesso finiscono per devastare l’ambiente. La prassi è infatti la distruzione delle piantagioni, per danneggiare economicamente i trafficanti. Essi rispondono però alla devastazione di una piantagione insediandone altrove una nuova, raddoppiando il consumo di suolo. Gran parte delle coltivazioni sono nascoste, non è dunque raro che i governi ricorrano alla pratica – tutt’altro che ecologica – di inondare porzioni di territorio, adibite a colture di stupefacenti camuffate, con diserbanti, spesso a base di glifosato concentrato, capaci di distruggere qualunque vegetale colpiscano, buono o cattivo. Così la soluzione si rende peggiore del problema.

Le ripercussioni che gli stupefacenti causano all’ambiente sono serie; questo aspetto non va sottovalutato nell’elenco dei danni provocati dalla droga.

Mattia Mezzetti de L’EcoPost

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