La decade della ‘Ndrangheta

Il 2019 sta per volgere al termine e con esso si chiuderà una decade ricchissima di avvenimenti e tematiche. Gli autori di The Pitch hanno già affrontato alcuni dei macro-temi di questo decennio: dall’austerity a Netflix, da Angela Merkel al mercato dei dati, sino al recente periodo grigio della nazionale italiana di calcio, molteplici sono stati gli argomenti sviluppati dalle nostre redazioni.

Interpellati a riguardo, la scelta circa la parola d’ordine di questa decade in tema di mafie e antimafia ci è apparsa piuttosto ovvia: ‘ndrangheta.

Descritta come una organizzazione criminale profondamente rurale, ignorante e povera come la regione che l’ha vista nascere, la ‘ndrangheta ha vissuto gran parte della propria storia all’ombra mediatica delle sue ben più famose sorelle, Camorra e Cosa Nostra. Stragi di stato, maxiprocessi e film hollywoodiani hanno inculcato nelle nostre menti un immaginario mafioso particolare, spesso limitato, di cui solitamente la ‘ndrangheta non faceva parte perché troppo vaga, indefinita, sconosciuta.

Così, coperta dal baccano provocato dalla eco mediatica delle vicine mafie napoletana e siciliana, quella calabrese ha saputo crescere, darsi una forma ed una struttura precisa e peculiare. Piano piano ha mosso i primi passi fuori dal proprio nido, l’inaccessibile Aspromonte, puntando ferocemente in direzione dei soldi: il Nord Italia, il Nord Europa, il mondo. È ancora solo il 1989 eppure la studiosa Lidia Barone scrive in ‘L’ascesa della ‘ndrangheta negli ultimi due decenni’ come «la mafia calabrese abbia raggiunto un livello organizzativo pari, se non superiore, a quella dei clan siciliani».

Tuttavia, affinché anche i vertici dello stato italiano e l’opinione pubblica arrivino al medesimo grado di consapevolezza della Barone occorre passino vent’anni.

La strage di Duisburg, il giorno di Ferragosto del 2007, e l’eco mediatica che ne segue rappresentano le prime crepe nel muro di ignoranza che circonda la ‘ndrangheta. Occorre attendere il 2008 per trovare la prima relazione semestrale della Divisione Investigativa Antimafia prettamente incentrata sulla ‘ndrangheta e sempre nello stesso anno quest’utlima viene inserita dal governo degli Stati Uniti nella lista Foreign Narcotics Kingpins, cioè delle organizzazioni e persone dedite al narcotraffico.

L’indifferenza mediatica dietro cui per decenni aveva trovato rifugio la ‘ndrangheta, tuttavia, termina definitivamente solo nel 2010 con l’inizio del processo Crimine-Infinito.

Frutto delle indagini condotte dalle procure di Milano e Reggio Calabria che hanno portato all’arresto di oltre trecento persone, questo processo ha rappresentato un momento epocale per il nostro paese, dal momento che ha sancito in maniera inequivocabile la presenza ‘ndranghetista in gran parte del Nord Italia e della Lombardia. Proprio in quella regione dove solo pochi mesi prima il sindaco di Milano Letizia Moratti ed il prefetto cittadino Gian Valerio Lombardi avevano negato una simile possibilità, tuonando a mezzo stampa che la presenza mafiosa in Lombardia, e ancor più nel suo capoluogo, fosse qualcosa di impensabile.

L’inizio del processo costituisce pertanto uno squarcio nel velo di ignoranza e indifferenza perpetrato tanto dai vertici quanto dalla base della società italiana, e più precisamente settentrionale: la ‘ndrangheta c’è, esiste, e rappresenta un fenomeno ben più concreto e vicino di quanto si possa immaginare.

Inizia così la decade mediatica della ‘ndrangheta, di cui impariamo a conoscere la pericolosità, l’efferatezza, la ritualità. Le immagini degli incontri presso il Santuario della Madonna di Polsi, i traffici nella piana di Gioia Tauro, la stessa parola ‘ndrangheta che solo poco tempo prima era sconosciuta ai più, sono elementi che, seppur con colpevole ritardo, entrano nelle case italiane.

La presenza ‘ndrangehtista nel mondo. Fonte: Wikimafia.it

Da sorella minore, la mafia calabrese comincia a rivelarsi nella sua reale natura di mafia leader non solo a livello italiano, ma anche globale. Un male silenzioso, che senza che ce ne accorgessimo ha saputo prendersi tutto. Così ne parla Nando Dalla Chiesa nel 2018, nel tentativo di definirne la subdola espansione:

Non una alluvione, ma una marea salita lentamente fino a sommergere tutto. Così la ‘ndrangheta ha attuato la conquista dal basso.

Intanto si susseguono i processi: l’operazione Aemilia nel 2015, che ha portato alla individuazione di propaggini ‘ndranghetiste anche in Emilia-Romagna, ci spalanca ancora di più gli occhi sulla effettiva presenza della criminalità calabrese al Nord Italia, un tempo erroneamente ritenuto territorio immune dalle infiltrazioni mafiose. In questo caso sono 160 le persone arrestate tra Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, Calabria e Sicilia comprendenti tanto mafiosi quanto politici, funzionari pubblici e professionisti privati: ad essere colpita è infatti la cosiddetta area grigia, quella zona intermedia tra legale ed illegale che alimenta la mimetizzazione dell’economia mafiosa.

È notizia di questi giorni l’arresto di oltre 330 persone nell’ambito dell’operazione ‘Rinascita-Scott’, un’indagine ai danni della cosca dei Mancuso di Vibo Valentia che ha scoperchiato il vaso di Pandora sui legami tra ‘Ndrangheta, istituzioni e imprenditoria di tutta Italia. ‘La più grande operazione dopo il maxiprocesso di Palermo’ è stata definita dal Procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, che ha emanato gli arresti. L’ennesimo scandalo per lo stato italiano, la cui reale portata si comprenderà solo nel decennio che sta per iniziare.

Proprio il decennio che comincerà tra pochi giorni sarà fondamentale per la lotta alla ‘ndrangheta. Privata di una delle sue armi più importanti, l’indifferenza, questa non può più scappare dal ruolo che si è ritagliata, quello di organizzazione egemone tanto a livello italiano quanto mondiale.

Sappiamo chi è il nostro nemico, come si muove e come intacca la realtà che va ad infiltrare. Pertanto, se gli anni Dieci ci hanno svelato il crudo volto della ‘ndrangheta, vera protagonista della decade passata, gli anni Venti dovranno inevitabilmente mostrarci le reali capacità dell’antimafia italiana, europea e globale nell’ambito del suo contrasto, affinché diventino loro le protagoniste della decade futura.

Tomas Strada (1992), è l'orso digitale che gestisce la nostra comunicazione. Campione mondiale di video di gattini, black humour e lauree professionalmente non spendibili, racconta la criminalità organizzata sulle pagine digitali di The Pitch. Tra un reel e un articolo, è sinceramente convinto che The Pitch migliorerà il mondo. Ma credeva anche che i 30 anni non sarebbero mai arrivati. E invece.

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