Trieste e la questione della frontiera orientale

La politica estera e di difesa italiana per quasi 3 decenni fu orientata a est, lungo il confine italo-jugoslavo. Quale fu l’origine della questione giuliana dopo la Seconda Guerra Mondiale? Come si orientarono le Grandi Potenze durante la stesura del trattato di Pace?

La questione territoriale della frontiera orientale divenne il principale capitolo all’attenzione degli sforzi della politica estera italiana dopo la Seconda Guerra Mondiale.
I territori delle province della Venezia Giulia divennero l’obiettivo delle truppe della resistenza jugoslava che nell’ottobre 1944 aveva riconquistato praticamente tutti i paesi che avrebbero contribuito a formare la Repubblica Socialista Federale nel 1945.  

DURANTE IL CONFLITTO

L’offensiva jugoslava, comandata da Josip Broz, denominato Tito, partì il 20 marzo 1945, e aveva come obiettivo la liberazione dei territori dall’Austria alla Venezia Giulia dal fronte est. Mentre da ovest, le truppe dei Paesi Alleati superarono l’Adige diretti a est a seguito dell’insurrezione generale dell’aprile 1945. Le truppe tedesche ressero fino al 1° maggio 1945 quando l’armata jugoslava entrò a Trieste, vincendo di fatto quella che fu definita la race for Trieste; solo il giorno seguente arrivarono in città le truppe neozelandesi. 

Partigiani titini a Pola @wikicommons

La presenza jugoslava nella città rientrava nei termini dell’accordo di Belgrado del febbraio 1945, in cui Tito ed Alexander si erano accordati sulla Venezia Giulia: agli Alleati interessava il controllo di un corridoio fra Trieste e Tarvisio per assicurare le comunicazioni con l’Austria, mentre non veniva menzionata la questione relativa all’occupazione della zona triestina.

Il 6 maggio Alleati e jugoslavi firmavano un accordo provvisorio in cui si riconosceva il controllo jugoslavo sulla città. L’occupazione jugoslava durò circa 40 giorni, durante i quali venne tentata l’annessione che suscitò la reazione italiana contro la realizzazione da parte di Belgrado della creazione della settima repubblica socialista della Federazione nel territorio di Trieste.

VERSO IL TRATTATO DI PACE

Intanto i legati anglo-americani trattando con Tito sulla questione giuliana, il 9 giugno 1945, raggiunsero ad un accordo che prevedeva la divisione della Venezia Giulia in due Zone di occupazione militare, A e B, affidate rispettivamente agli anglo-americani e agli jugoslavi. La linea divisoria, chiamata in seguito linea Morgan, fu tracciata in modo da lasciare al Governo Militare Alleato il controllo di Trieste e delle linee di comunicazione che portavano verso l’Austria lungo la direttrice Gorizia, Caporetto, Plezzo e Tarvisio.

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Truppe jugoslave lasciano Trieste @IWM

Questa sistemazione, con opportuni aggiustamenti rimase in vigore fino dopo la firma del trattato di pace del 1947. In campo diplomatico si accese lo scontro tra Italia e Jugoslavia: entrambe le parti portarono all’attenzione dei Quattro argomenti geografici, storici, etnici ed economici, palese evidenza di come quel territorio fosse stato per lungo tempo un luogo dove più culture coabitavano, essendo il porto di ingresso più importante verso la Mitteleuropa.

La partita geopolitica rientrava nella discussione dei Quattro sulla sistemazione del bacino mediterraneo dopo il conflitto.

LA POSTA IN GIOCO

Gli Stati Uniti proposero di adottare la cosiddetta seconda linea Wilson. Tale soluzione  prevedeva: la costituzione di uno stato libero di Fiume, la Dalmazia al regno dei serbi, croati e sloveni; Zara città libera. 
La politica britannica tendeva alla supremazia nel Mediterraneo, come dimostrava l’atteggiamento di Londra nei riguardi dei territori d’oltremare italiani. Infatti  il cancelliere dello scacchiere, così come il generale De Gaulle,  aveva promesso al governo jugoslavo l’appoggio inglese per l’annessione di Trieste. Questa politica faceva leva sull’amicizia della Grecia e della Jugoslavia.
L’Unione Sovietica supportava la linea jugoslava fin dal 1942. 
Gli Alleati proposero di fare di Trieste un porto libero, mentre l’Unione Sovietica voleva che fosse integrata nel territorio della Jugoslavia. 

Per dirimere le controversie, i Quattro istituirono una Commissione d’inchiesta, formata da rappresentanti delle Quattro Potenze. Questi delegati avrebbero dovuto riferire sull’opportunità di delimitare il confine tra Italia e Jugoslavia su base principalmente etnica; sulla sistemazione internazionale per il porto di Trieste, in modo da assicurare l’uso a tutto il commercio internazionale. 

LA SOLUZIONE FINALE

I Quattro scelsero la linea d’azione francese che si intersecava con la sistemazione degli altri scacchieri internazionali. Venne così proposta la costituzione di uno stato cuscinetto tra Italia e Jugoslavia denominato Territorio Libero di Trieste (TLT). 

Questa proposta venne portata al tavolo della conferenza di pace – la conferenza dei 21- iniziata il 1°agosto 1946. In tale circostanza il governo italiano, presieduto dal De Gasperi, rifiutò la proposta presentando un lungo Memorandum, contenente alcune richieste lungo la linea dell’Isonzo. 

La questione territoriale animava anche lo Stato Maggiore Generale per la predisposizione di una linea difensiva dei territori orientali. La decisione dei Quattro portò alla nascita del TLT (formato temporaneamente da una “zona A” e una “zona B”) e al il ripristino dei confini dell’Italia a quelli esistenti alla data del 1º gennaio 1938.

La zona A, di 222,5 km² comprendeva la città di Trieste, includendo l’are tra San Giovanni di Duino e Muggia. Un Governo Militare Alleato (Allied Military Government – Free Territory of Trieste – British U.S. Zone) avrebbe temporaneamente amministrato questa zona.
La zona B comprendeva il territorio nord occidentale dell’Istria. La sua estensione era di 515,5 km² e circa 68 000 abitanti, sarebbe stata temporaneamente amministrata dall’esercito jugoslavo (S.T.T. – V.U.J.A). 

Vennero inoltre ceduti alla Jugoslavia i territori ottenuti  dopo la firma del  trattato di Rapallo del 1920. Questi territori erano: l’Alta valle dell’Isonzo, Valle del Vipacco, parte dell’Altipiano carsico, buona parte dell’Istria comprese le isole adriatiche di Cherso e Lussino, Lagosta e Pelagosa, la città di Zara.
La città di Fiume ottenuta nel 1924 in base al trattato di Roma, passò alla Jugoslavia. 
Benché a livello governativo fosse ritenuto opportuno che parte della popolazione italiana rimanesse nei territori istriani, iniziò un lungo esodo di italiani dalla Jugoslavia.  

QUESTIONI ITALO-JUGOSLAVE

La conclusione della questione triestina ebbe momenti ulteriori e la situazione si chiarì solo il 5 ottobre 1954 col Memorandum di Londra.
La Zona A con la città di Trieste e il suo porto franco internazionale transitavano dall’Amministrazione Militare Alleata all’amministrazione civile italiana; mentre la Zona B veniva posta sotto l’amministrazione civile jugoslava. Il passaggio di consegne nella Zona A avvenne il 25 ottobre 1954.

In tale consesso venne ridefinito il confine tra le due zone, collocandolo tra punta Grossa e punta Sottile. La Zona B venne ampliata di circa 11,5 km².
La conclusione finale della questione si ebbe con il trattato di Osimo del 10 novembre 1975.

Per approfondire:

  • Cuzzi- Rumici-Spazzali, Istria-Quarnero-Dalmazia. Storia di una regione contesa dal 1976 alla fine del XX secolo;
  • Cattaruzza, L’Italia e il confine orientale;
  • CEMISS. IL PROBLEMA DI TRIESTE 1945 – 1954. SUPPL. N° 7 LUGLIO 2004.
  • Pupo, Il lungo esodo, Istria: le persecuzioni, le foibe e l’esilio;
  • Valussi, Il confine nordorientale d’Italia.

Il tema della questione giuliana sarà discusso nella diretta Facebook “Il confine tra storia e memoria“. Vi aspettiamo mercoledì 10 alle ore 20, insieme a molti ospiti autorevoli:

Emanuele Di Muro. Si diletta a correre maratone attraverso i sentieri della storia.Il suo anno di nascita ha irrimediabilmente condizionato la sua propensione a elaborare strampalate previsioni geopolitiche.#Runninginhistory

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