Doppio cognome: Una sentenza destinata a far Storia

Una svolta normativa restituisce pari genitorialità rispetto al conferimento del cognome ai figli. E’ una sentenza storica?

La pronuncia della Corte costituzionale di alcuni giorni fa modifica in toto il sistema vigente disciplinato dall’articolo 262 c.c. L’ultima sentenza, in ordine di tempo in materia, risale all’11 febbraio 2021, nella quale era stato sottolineato come l’attuale disciplina non solo sia fonte di “disparità tra i genitori”, ma sia altresi fortemente penalizzante anche per il “diritto all’identità del minore”, in quanto nega a quest’ultimo la possibilità di essere identificato, sin dalla nascita, anche con il cognome materno. La Corte ha dichiarato l’illegittimità delle norme che attribuiscono automaticamente il cognome del padre, introducendo una nuova norma che prevede la possibilità di assunzione del cognome di entrambi i genitori, fatta eccezione per il caso in cui si decida, di comune accordo, di sceglierne solo uno. Una sentenza “storica”, che però lascia numerosi aspetti da chiarire. I giudici hanno ritenuto “discriminatorio” e “lesivo dell’identità del figlio”, l’automatismo dell’attribuzione del cognome del padre e che, “nel solco del principio di eguaglianza e nell’interesse del figlio, entrambi i genitori devono poter condividere la scelta sul suo cognome, che costituisce elemento fondamentale dell’identità personale”.

COME SI È ARRIVATI ALLA SENTENZA DELLA CONSULTA

Una sentenza a cui si è arrivati perché la Corte è stata chiamata a decidere nell’ambito di un procedimento, intentato da una coppia per dare al figlio solo il cognome della madre. Impugnando la sentenza di primo grado, i coniugi sono ricorsi in appello. Un processo nel quale la questione è stata rimessa al giudizio della Corte costituzionale.

COSA SUCCEDE ALLA LUCE DELLA NUOVA SENTENZA

“Il figlio assume il cognome di entrambi i genitori, salvo che essi decidano di attribuire soltanto il cognome di uno dei genitori, in caso di disaccordo resta salvo l’intervento del giudice”. Cambiamenti significativi riguarderanno i figli nati nel matrimonio, fuori e anche quelli adottati.

E CHI HA GIÀ UN DOPPIO COGNOME

Al momento, chi si trova in questo status può trasmetterne solo uno, con il risultato di eludere un ulteriore incremento dei cognomi nei rapporti futuri di filiazione.

L’INTERVENTO DELLA POLITICA

“Un altro passo in avanti verso l’effettiva uguaglianza di genere nell’ambito della famiglia”. Un’ affermazione di Marta Cartabia condivisa da diversi politici che, a differenza di altri si sono soffermati sulla necessità di intervenire sul tema con uno specifico provvedimento legislativo. Anche il ministro per le Pari opportunità Elena Bonetti ha parlato di urgenza, affermando che “in Commissione in Senato è già pronto un provvedimento”. Secondo Bonetti infatti, “il meccanismo automatico che fa attribuire il cognome paterno si fonda nella pretesa che sia sempre e comunque il maschile a prevalere”, aggiungendo che spetta “al governo” dare il via all’iter legislativo di questo cambiamento. Sono almeno seimila le richieste ricevute ogni anno dalle prefetture italiane, ricorsi di persone che vogliono cambiare nome o aggiungere il cognome materno a quello paterno, per ragioni di varia natura. Ed è proprio per dare una risposta adeguata a tutte queste esigenze che la Consulta ha deciso di pronunciarsi sul punto.

UNA BATTAGLIA INIZIATA ANNI FA

Quella di Iole Natoli, pittrice, scrittrice e giornalista, pioniera della parità genitoriale, è la storia di 40 anni di battaglie iniziate negli anni ottanta per invocare una legge mai arrivata. A maggio 2021, la stessa diceva: “il Codice Civile sancisce solo che ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito”. E per attribuirlo c’è solo una prassi: scartare a priori il materno. Ma per lei così non va. “Il cognome patrilineare è il burqa culturale delle donne – dice -”. La Natoli ha teorizzato che la genesi delle disuguaglianze fra uomo e donna scatta proprio in anagrafe, “dove si continua a trasmettere alle nuove generazioni un messaggio di prevaricazione maschile legittimata”. Il “dictat” stabilito dalla Corte Costituzionale secondo il quale è lecito attribuire alla prole, di comune accordo tra i coniugi, il cognome di entrambi i genitori, non basta: “in caso di discordia tra genitori nulla cambia”.

NOTe CONCLUSIVE

La sentenza della Corte costituzionale, che tenta di regolamentare in qualche maniera la questione della possibilità di attribuire ai figli anche il cognome materno, è segno di civiltà. Nella società del terzo millennio, nella quale molti ruoli, anche istituzionali, sono ricoperti da donne, non si può rimanere ancorati all’immagine vetusta di famiglia patriarcale di un tempo, dove si riconosceva esclusivamente l’importanza della figura maschile, sacrificando quella femminile, posta in una netta posizione di disparità rispetto all’uomo. Anche nel gergo giuridico si parla ormai da anni di potestà genitoriale, un’accezione che ha sostituito la vecchia terminologia di patria potestà. Un’evoluzione lessicale che rispecchia l’evoluzione sociale, risultato di lunghe lotte civili per il riconoscimento della pari dignità tra i sessi. La recente pronuncia della Consulta costituisce un ulteriore tassello verso una parità anche nel rapporto padre – madre, un cambio di rotta importante, non soltanto all’interno dello stesso nucleo familiare, ma anche per la comunità in cui viviamo.

Post a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

la tua finestra sul mondo

Iscriviti alla newsletter:

    SEGUICI: