Il carattere lapidario romano: il font prima di Trajan

Ai Romani piaceva scrivere sui muri, e lo facevano a forza di braccia e scalpello, ma con una precisione ed una grazia che oggi non sappiamo più riprodurre. Merito anche del carattere scelto, o come diremmo oggi, del font: il carattere lapidario romano. Prima di Arial e di Times New Roman c’era lui, all’origine di tutto. Con le sue lettere maiuscole così leggiadre, ma solide, accompagna gli edifici più importanti della storia antica, così come monumenti e addirittura dipinti. Scopriamo quindi insieme a cosa si deve il suo fascino immortale.

SPQR. Uno degli acronimi più antichi e conosciuti della storia, ossia Senatus Popolusque romanus, l’unione simbiotica di Senato e Popolo, gli organi custodi del potere della Roma che segue all’ultimo Re.

Siamo abituati a vedere gli eleganti caratteri graziati disegnare un simbolo trasformista, così indicativo e potente che fu utilizzato anche in epoca medievale per sostenere il potere della Città eterna.

Lo rivediamo prorompente anche nella propaganda fascista di Mussolini. Egli, all’apice dell’ideologia autocratica, ne abusa, indicando con questa sigla la forza militare ed espansionistica della Capitale.

Ed è vero che oggi SPQR si vede sullo stemma di Roma, ma forse la sua forma più evocativa è quella che vediamo apparire su numerosi edifici, scavata da un abile scalpello su tavole in pietra, colonnati e facciate di palazzi.

Quello che richiama subito alla memoria gli sfarzi dell’Impero però, è racchiuso anche nelle sottili barre che costituiscono le lettere dell’acronimo.

Iscrizione sull’Arco di Tito, Roma – Victor Ramos/Wikimedia Commons

Partiamo dall’inizio

Sappiamo ormai come la lingua si sia evoluta continuamente, ma è ormai assodato che il primo alfabeto codificato risale all’antica Grecia. Figlio della necessità di abbandonare la scrittura per ideogrammi, introduce per primo l’utilizzo delle vocali. Da esso deriva l’alfabeto latino così diffuso oggi.

Il latino inizialmente non conosceva lettere come la W. Invece, era composto di 23 litterae a cui mancavano però anche j e u, che sarebbero apparse più tardi così come la k.

La forme del latino

Ma come siamo arrivati a quella calligrafia ricca di grazie, sottile e geometricamente perfetta? Tutto nasce da una meravigliosa armonia di forme come il cerchio, il triangolo e il quadrato. Saggiamente suddivise in metà, quarti e ottavi, hanno dato forma alla Capitale romana quadrata, o carattere lapidario romano, genitore delle lettere maiuscole graziate che conosciamo oggi.

Nasce dai grafi abbozzati in Etruria e giunge al foro romano, dove viene veicolato da oratori e studiosi. Raggiunge il suo apice perfetto tra il I e il III secolo sotto gli Imperatori Augusto, Traiano, Adriano e Marco Aurelio che ne amano la forma virile e armoniosa e vi adornano i monumenti a loro dedicati.

LA lettera B in Capitale Romana quadrata di Francesco Torniello da Novara, Opera del modo de fare le littere maiuscole antique, Gotardo da Ponte, Milano 1517/Wikimedia Commons

Le grazie, quelle gradevoli punte che adornano la parte finale delle aste, sono un ricordo dello scalpello. Esso regala anche quell’effetto chiaroscurale tipico del carattere. I designer di oggi, conoscono perfettamente la differenza tra un carattere graziato e uno a bastoni, o lineare.

Il carattere lapidario romano verrà ripreso in modo importante con la nascita della tipografia. Sono proprio artisti e matematici a impegnarsi nello studio della proporzione perfetta e tra questi spicca la figura di Felice Feliciano, amanuense, calligrafo, rilegatore ma soprattutto umanista. E’ lui che ricostruisce graficamente e trasmette su carta l’Alphabetum Romanum, disegnando l’intero alfabeto latino con lettere alte 8 cm.
E’ il Pacioli che poi codifica definitivamente il carattere nel 1509, promuovendo la stampa di un rarissimo elaborato amanuense, il De Divina Proportione. Qui, aiutato da illustrazioni di Leonardo da Vinci, espone la proporzione aurea e la sua funzione nell’elaborazione dei caratteri di stampa.

Ma è a Damiano da Moile de dobbiamo la prima vera stampa del carattere lapidario romano. Nel suo “Disegno di lettere romane maiuscole” un libro di calligrafia pubblicato nel XV secolo e che tratta un modello di alfabeto in caratteri lapidari romani.

L’uso antico

Come abbiamo detto, ai Romani piaceva scrivere sui muri, tanto che per portare avanti questo hobby creativo, inventarono addirittura un carattere.

Noi, in Italia, ne abbiamo esempi sotto gli occhi praticamente ovunque, tanto furono prolifici gli scalpellini imperiali. Tutti questi esempi rientrano nella branca di studio dell’epigrafia latina, oggi raccolta nel database Corpus Inscriptionum Latinarum o CIL. Grazie all’epigrafia siamo in grado di capire determinare la proprietà di sepolcri, abitazioni o fondi rustici e aiutare a definire l’epoca di edificazione di monumenti e di edifici, sia pubblici che privati. L’epigrafia latina ci permette anche di comprendere maggiormente usi e costumi dell’epoca romana oltre che eventuali sviluppi linguistici.

Le iscrizioni in carattere lapidario romano decorano alcuni dei monumenti della Capitale più famosi: il Pantheon ad esempio. Esso riporta ben visibile un’iscrizione di Agrippa proprio nel font preferito dagli imperatori: Marcus Agrippa, Lucii filius, consul tertium fecit. L’iscrizione fu ricollocata da Adriano a causa di una precedente distruzione dell’edificio.

L’iscrizione di Agrippa sulla facciata del Pantheon, Suicasmo/Wikimedia commons

E oggi?

Forse però l’esempio migliore e più vicino a noi di utilizzo pubblico del carattere lapidario romano è quello che riguarda la Colonna Traiana. Ho per caso sbloccato un ricordo?

E’ più facile ora collegare il monumento a uno dei font più famosi al mondo. La colonna, imponente e riccamente decorata su una superficie di oltre 200 metri, racconta le imprese dell’Imperatore Traiano nella conquista della Dacia, l’attuale Romania.

L’iscrizione in questo caso si trova alla base. Riporta il committente del dono ossia il Senato romano e il destinatario, ossia l’Imperatore, passando poi ad un elenco di imprese di Triano: Pontefice massimo, investito della potestà tribunicia 17 volte, proclamato Imperatore 6 volte, eletto console 6 volte, Padre della Patria. Un bel curriculum sicuramente.

Tornando al carattere, oggi ringraziamo Traiano per aver ispirato il font Trajan. Amato dai designer e dai calligrafi di tutto il mondo, il Trajan è un font graziato, disegnato da Carol Twombly nel 1989 che studiò a fondo proprio la famosa colonna in Roma.

La Twombly ha un curriculum che non ha nulla da invidiare a Traiano, e ha inventato anche l’amato Myriad, arricchendo con alcune delle sue migliori idee proprio il team di Adobe che ha lasciato nel 1999.

Il Trajan è un carattere che, come il suo genitore antico, si sviluppa solo in maiuscole e performa al meglio in situazioni simili a quelle antiche: in grande formato e per iscrizioni semplici, mentre non è adatto alla stampa.

Ma il Trajan questo non lo sa, e appare oggi in alcune delle locandine di film più famose e amate di tutti i tempi, proprio per il suo carattere epocale e solenne. Tra queste Titanic, A Beautiful Mind, Il signore degli anelli e addirittura Sex and the City.

Il Trajan nelle locandine dei film

la tua finestra sul mondo

Iscriviti alla newsletter:

    SEGUICI: