La Commissione europea vuole il riconoscimento delle famiglie omogenitoriali

Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia. Oggi parliamo del regolamento proposto dalla Commissione europea per il riconoscimento delle famiglie omogenitoriali in tutti i Paesi dell’UE.

Da Bruxelles arriva una spinta per armonizzare le norme del diritto internazionale sulla genitorialità. Il regolamento proposto mercoledì 7 dicembre prevede infatti che la genitorialità stabilita da uno Stato dell’Unione Europea sia riconosciuta negli altri Paesi dell’UE senza ulteriori procedure. Ciò include anche le famiglie omogenitoriali o arcobaleno, riconosciute nel diritto internazionale e in quello dell’Unione. La misura proposta dalla Commissione ha il fine di tutelare i bambini e le bambine indipendentemente dal modo in cui sono nati o sono stati concepiti.

Si spingono quindi i Paesi che fanno parte dell’UE a riconoscere le famiglie omogenitoriali come tali senza indugi. La Commissione propone anche l’istituzione di un certificato europeo di genitorialità per facilitare la procedura all’interno dell’Unione.

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si è così espressa su Twitter: “Orgogliosa delle nuove norme sul riconoscimento della genitorialità nell’UE. Vogliamo aiutare tutte le famiglie e i bambini in situazioni transfrontaliere: perché se si è genitori in un Paese, lo si è in tutti i Paesi”. Ricorda inoltre che sono circa due milioni i bambini e le bambine che, quando si spostano in un altro Stato, non vedono riconosciuta la genitorialità precedentemente stabilita nel Paese d’origine.

Come ne ha parlato la stampa italiana?

Gay.it inserisce in apertura una serie di informazioni essenziali e un richiamo alla politica italiana, pensato per spingere a continuare la lettura: “Diritti per 2 milioni di bambini. Ursula Von der Leyen: ‘Se sei genitore in un paese, sei genitore in tutti i paesi’. Presto capiremo la scelta del Governo Meloni. Ecco cosa succederà”.

Si sottolinea innanzitutto l’obiettivo della misura: tutelare le bambine e i bambini “che si vedono negato il rapporto giuridico con i genitori, nel caso in cui la famiglia si trasferisca in un altro Stato membro che non riconosca la genitorialità precedentemente stabilita dal Paese membro di origine”.

Si fa poi riferimento alla situazione italiana: “presto capiremo se l’Italia sarà un alleato dell’Europa dei diritti, o se il Governo di Giorgia Meloni farà pesare sui diritti le sue radici di estrema destra”. Pur senza andare troppo in profondità, si lascia intendere il conflitto con il contesto culturale e politico italiano in cui le famiglie omogenitoriali faticano a essere riconosciute.

Il Corriere della Sera si concentra sulla specifica situazione italiana e, in particolare, sulle novità pratiche che la misura adottata dalla Commissione comporterà. Viene analizzata la procedura precedente: “Il diritto dell’Ue impone già agli Stati membri di riconoscere i legami familiari esistenti. Fino a un anno fa questo non valeva per le famiglie omogenitoriali e i bambini delle coppie gay e lesbiche ‘perdevano’ un genitore quando attraversavano alcuni confini interni.

Poi il 14 dicembre 2021 la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) si è pronunciato sul caso di una bambina, Sara, nata in Spagna da due madri, una delle quali bulgara, che la Bulgaria si rifiutava di riconoscere come figlia di entrambe le donne. I giudici hanno stabilito che se uno Stato europeo (non solo della Ue, ma dei 47 che aderiscono al Consiglio d’Europa) riconosce la genitorialità di una coppia lesbica o gay, allora tutti gli Stati europei devono farlo, per garantire al bambino il diritto alla libertà di circolazione, il diritto alla parità di trattamento e il diritto al riconoscimento del nome”.

Il nuovo regolamento, quindi, “riafferma il principio stabilito dai giudici della Cedu e lo amplia”. Se approvato, faciliterà il riconoscimento delle famiglie omogenitoriali in tutta l’Unione Europea. L’UE non può imporre agli Stati membri di modificare il proprio diritto di famiglia, che è di competenza nazionale, ma può intervenire quando le limitazioni del singolo Paese incidono sulla possibilità di spostarsi all’interno dell’Unione. Il regolamento firmato da von dr Leyen, quindi, aumenta la pressione politica su quegli Stati membri – come l’Italia – che riconoscono i diritti delle famiglie omogenitoriali solo in modo frammentario.

Ben diversi sono i toni del Giornale, che racconta la misura della Commessione come “Il diktat gender di Bruxelles”. Appare chiaro il riferimento alla fantomatica – e inconsistente – “teoria del gender”, unito al sospetto verso una dittatura che non ha alcun riscontro nella realtà dei fatti. Sempre nel titolo si parla di “genitori gay”, riducendo la complessità delle famiglie omogenitoriali al solo orientamento omosessuale dei genitori.

Il corpo del testo ha dei toni ben più pacato rispetto al titolo e si riportano con attenzione le dichiarazioni di Didier Reynders, commissario europeo alla Giustizia, che in conferenza stampa ha fatto riferimento in modo esplicito alle coppie di persone dello steso genere. Solo nella chiusa torna il piglio polemico, attraverso le dichiarazioni di Fratelli d’Italia che, nella persona dell’eurodeputato Vincenzo Sofo, ha definito la misura europea come “grimaldello per imporre l’agenda LGBT”.

Infine si muove lungo la stessa traiettoria Avvenire, che dichiara nel titolo “L’UE scavalca il diritto degli Stati”, mostrando il regolamento della Commissione come una sopraffazione. In apertura vengono messo a confronto i commenti di Reynders sulla necessità di tutelare bambine e bambini e di Fratelli d’Italia, riassunti in “si liberalizza l’utero in affitto”, che naturalmente non viene citato nella misura.

Dopo un breve riepilogo del regolamento proposto, se ne analizzano gli aspetti considerati critici. La voce consultata è quella di Alberto Gambino, prorettore dell’Università europea di Roma e presidente di Scienza e Vita. Secondo lui il problema sta nel fatto che “Storicamente i Paesi hanno conferito all’Unione una delega di sovranità sulle materie economiche. Non sui temi che affondano le loro radici nei valori più profondi di un popolo, come sono quelli che chiamano in causa la famiglia”. Bisogna però considerare che la materia in oggetto nel regolamento della Commissione non riguarda il piano ideologico ma quello dei diritti umani.

Leggo, scrivo e ne parlo. Sono una giornalista, un'insegnante. Mi occupo di diritti e conduco il podcast Cristianə a chi?

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