Crisi di governo, la lezione di Pacciardi

PREMESSA

La crisi di governo aperta nei giorni scorsi pone quesiti sulle istituzioni e il funzionamento della macchina politica italiana. La situazione interna e internazionale vorrebbe che le forze politiche agissero per il bene del paese.

Quando nel 1990, in una delle sue ultime interviste, gli venne chiesta quale fosse la sua posizione su questioni interne al PRI, l’anziano leader repubblicano rispose: siamo in guerra non possiamo giocare con le sorti del paese per beghe interne ai partiti. La guerra era la Prima del Golfo e non ebbe lo strascico di quella che oggi si combatte in Europa orientale.

La lealtà verso il Paese Pacciardi l’ha dimostrata in tutta la sua vita. Combattente durante la Prima Guerra mondiale, oppose resistenza al fascismo attraverso Italia Libera, una associazione di ex combattenti. Andò in esilio e combattè in Spagna.

Rientrò in Italia e si sforzò per promuovere la repubblica nella declinazione mazziniana. Quando la formula centrista dei primi governi De gasperi andò in crisi, Pacciardi si oppose all’esperimento del centrosinistra. Fu proprio durante le trattative del primo governo Moro che Pacciardi si staccò dal Partito Repubblicano e fondò un nuovo gruppo politico.

Contro le crisi di governo fatte dalle segreterie dei partiti
Contro le crisi di governo fatte dalle segreterie dei partiti
LA CRITICA AL MODELLO REPUBBLICANO italiano

Durante quel periodo si iniziava già a parlare di partitocrazia e crisi della repubblica. Le cause erano dovute al balletto di parlamentari che erano legati alle correnti interne dei partiti. Egli contestava lo strapotere delle direzioni dei partiti a danno della discussione parlamentareIl mancato appoggio al governo Moro causò la sua espulsione dal partito repubblicano.

Da tempo Pacciardi affrontava i temi di una eventuale riforma costituzionale in senso presidenzialista.

Le drammatiche crisi di governo tra il 1960 -1964 spinsero Pacciardi e a proporre una riforma costituzionale. Fu così che un gruppo di personalità italiane diede vita con Pacciardi al Movimento  Unione Democratica per una Nuova Repubblica.

LA CRITICHE DI PACCIARDI E DELL’UDNR ALLA PARTITOCRAZIA

Il manifesto del movimento venne pubblicato sul quotidiano La Folla. Il movimento nasceva come movimento di opinione pubblica e non mirava a diventare partito. Infatti, vi si poteva iscrivere chiunque avesse a cuore la riforma costituzionale come proposta.

Nella critica alla politica di metà anni sessanta, Pacciardi e il movimento contestavano la direzione della cosa pubblica solo formalmente nelle mani del Capo dello Stato, del Governo, del Parlamento. In realtà era considerata nelle mani delle direzioni dei partiti o addirittura delle loro segreterie.

Nonostante l’articolo 67 tutelasse l’eletto, i partiti o più precisamente i loro apparati controllavano i parlamentari. Così il movimento criticava che il parlamento fosse il registratore della volontà delle direzioni dei partiti. Questi ultimi, secondo Pacciardi erano utili scuole di pensiero, ma non dovevano intromettersi nelle attività delle istituzioni e dei singoli parlamentari.

Nel manifesto di Unione democratica per una Nuova Repubblica si legge:

 Nella realtà il potere appartiene ad organi extracostituzionali, ossia ai partiti i  quali non sono altro che associazioni private e come tali non regolate da alcuna legge. Manovrano le tessere, fanno congressi, funzionano a loro arbitrio e ciò sarebbe legittimo se non pretendessero e di fatto non riuscissero a sovrapporsi abusivamente agli organi dello Stato. E’ assurdo che lo Stato sia diretto da associazioni che agiscono all’infuori della sua legge fondamentale. 

I partiti avendo questo immenso potere potevano scegliere i dirigenti degli Enti statali attraverso accordi privati a danno della collettività.

Le crisi di governo erano dovute non ai partiti in quanto utili centri di educazione politica, ma in quanto concepiti come strumenti di potere.

LE PROPOSTE DI PACCIARDI E DEL SUO MOVIMENTO

Il rimedio alle crisi di governo italiane era per Pacciardi, il ritorno alla divisione dei poteri.

Egli proponeva l‘elezione popolare del Capo dello Stato con un sistema elettorale che permettesse la scelta del candidato migliore. Inoltre egli considerava il sistema proporzionale alla base della decadenza delle democrazie.

In questo modo il Capo dello Stato avrebbe avuto il potere effettivo di nominare il governo anche fuori dal Parlamento. Il Potere Esecutivo avrebbe avuto la sua funzione autonoma rispetto agli altri poteri dello Stato.

La scelta del governo da parte del Capo dello Stato e anche fuori del Parlamento sarebbe stata effettuata col criterio della competenza e non con gli strani dosaggi politici del sistema attuale. Soltanto un Potere esecutivo stabile e con competenze autonome avrebbe potuto risolvere gli annosi problemi dell’ordinamento burocratico e amministrativo altrimenti insolubili, sfrondando la foresta degli Enti e riducendo la pubblica spesa.

I partiti non entravano nella formazione dei governi e, mancando l’oggetto, non si sarebbero divisi in correnti e sottocorrenti, gruppi e sottogruppi di pressione per l’assalto alla diligenza governativa. Questo aspetto appariva come la vera piaga dei regimi assembleari che non riuscivano mai ad esprimere governi stabili con programmi seri e continuativi. In questo modo, il Parlamento avrebbe riacquisito la dignità di organo legislativo e di controllo della Amministrazione.

La proposta di Pacciardi prevedeva anche un Senato costituito dai rappresentanti delle forze vive della società. In esso vedeva esponenti della produzione, dei sindacati, degli enti locali, dell’alta cultura, della scienza, della tecnica che non avevano voce in capitolo, se non indiretto e talvolta spurio nel Parlamento della Nazione.

Contro le Crisi di Governo. Appello apparso sulle pagine del quotidiano "La Folla"
Contro le Crisi di Governo. Appello apparso sulle pagine del quotidiano “La Folla”
IL BILANCIAMENTO DEI POTERI

La Magistratura sarebbe stata elevata alla dignità di Potere dello Stato, assolutamente indipendente in ogni ordine e grado. Si sarebbe costituito uno Stato democratico ordinato nel quale ogni organo costituzionale avrebbe la sua funzione con reciproco controllo. L’Esecutivo, legittimamente investito dalla fiducia popolare, non sarebbe sottoposto a crisi di governo perpetue. Così il nuovo sistema avrebbe ridimensionato i partiti come gruppi di potere, ma conservato la nobile funzione di guida spirituale, intellettuale, ideologica, nella Società nazionale della struttura partitica.

CONCLUSIONI

In questi momenti di crisi di governo occorre interrogarsi sul sistema politico nazionale. In questo contesto, il modello proposto da Pacciardi, ormai sessanta anni fa, è un utile punto di partenza per aprire un vero dibattito nel Paese, non come quello di fine anni ottanta e della bicamerale! Occorre interrogarsi seriamente su come garantire la governabilità nel rispetto dell’alternanza e della divisione dei poteri. Solo le risposte a questi quesiti possono garantire una vera e affermata democrazia, in un momento in cui le autocrazie avanzano.

Emanuele Di Muro. Si diletta a correre maratone attraverso i sentieri della storia.Il suo anno di nascita ha irrimediabilmente condizionato la sua propensione a elaborare strampalate previsioni geopolitiche.#Runninginhistory

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