DI CHE COLORE È UNA SIRENA?

Una volta ci si chiedeva: “Qual è il sesso degli angeli?”. Oggi, per scatenare una lite su Twitter, basta chiedere: “Di che colore è una sirena?”. Oltre che degli elfi, della personificazione della Morte e di domatori di draghi. Può sembrare un dibattito sterile e di poco conto. Ma implica divisioni sociali e dinamiche discriminatorie che invece sono molto reali.

Il pomo della discordia è un teaser trailer. Pochi fotogrammi che anticipano un film di prossima uscita e molto atteso in tutto il mondo, l’adattamento live-action del classico Disney La Sirenetta. Già da due anni, all’annuncio che l’attrice e cantante Halle Bailey era stata scelta per interpretare la sirena protagonista, c’erano state delle polemiche. E ora che abbiamo le prime immagini del film, quelle polemiche hanno ripreso forza sui social, fino a raggiungere le prime pagine dei giornali. Il motivo? Halle Bailey è afroamericana.

Halle Bailey nei panni della sirenetta Ariel – Credits: Disney

L’aspetto fisico dell’attrice non coincide con quello di Ariel nella versione animata – bianca e con gli occhi azzurri. Molte delle voci più critiche, però, respingono le accuse di razzismo sostenendo che il loro disappunto è dovuto a una presunta pretesa di fedeltà all’originale. Oppure al rifiuto nei confronti di un’operazione percepita come biecamente commerciale da parte del colosso Disney. Ma quanto sono credibili, davvero, queste argomentazioni?

Se si parla di aderenza all’opera “madre”, bisognerebbe guardare non tanto al film animato del 1989, quanto alla fiaba di Hans Christian Andersen che ne fu l’ispirazione. Una fiaba danese, con un finale tragico ben diverso dal classico lieto fine targato Disney, che era anche allegoria della solitudine e del dolore del suo autore, segretamente omosessuale e respinto dall’uomo che amava.

Vivienne Acheampong in una scena di The Sandman – Credits: WB, Netflix

Perciò, quanto alla fedeltà, forse sarebbe meglio ricordarsi che da quando esiste l’umanità nessuna storia è rimasta per sempre uguale a sé stessa. Tutti i racconti arrivati fino a noi, anche i più antichi, hanno subito processi di adattamento e rimaneggiamento dalle persone che li hanno trasmessi.

Le fiabe non sono immutabili come sembrano. Cambiano insieme alla società in cui vengono raccontate. Trovano nuovi interpreti, nuovi snodi di trama, nuove sfumature di significato. E non è nemmeno detto che ogni nuova versione sostituisca la precedente. Possiamo ancora goderci il vecchio cartone della Sirenetta. Così come la novella di Andersen.

Il confronto tra più interpretazioni è un valore da apprezzare, non da temere. Nessuno vuole toglierci niente, anzi. Siamo noi, quando rifiutiamo ottusamente il cambiamento, a privarci di qualcosa.

Una scena di House of the Dragon – Credits: HBO

Quanto alle accuse di eccesso di politicamente corretto, viene da chiedersi: e se anche fosse? Chi potrebbe biasimare un colosso dell’intrattenimento se cercasse di ampliare il proprio bacino d’utenza, rivolgendosi a fasce della popolazione che finora hanno avuto poche occasioni di vedersi rappresentare nei media di massa? Basta pensare alle reazioni estasiate dei bambini della comunità afrodiscendente nel vedere per la prima volta su uno schermo il nuovo volto della sirenetta, per capire che qualsiasi considerazione commerciale va messa in secondo piano.

Ma soprattutto, l’apparente ragionevolezza di queste e altre argomentazioni contrarie al live-action non riesce a nascondere una vena di razzismo e rifiuto della diversità che scorre profondamente nella nostra società. Una vena resa ancora più evidente dal fatto che le stesse polemiche, le stesse obiezioni sono state sollevate in tempi recenti da molti altri prodotti di intrattenimento di massa. Di nuovo in casa Disney, con la Fata Turchina di Pinocchio interpretata dalla star afro-britannica Cynthia Erivo. Ma non solo.

Attrici e attori di varie etnie interpretano oggi elfi e nani nella serie tv Gli Anelli del Potere, famiglie reali in House of the Dragon, personificazioni di entità sovrannaturali in The Sandman. Tutti accolti con ostilità e rifiuto da una parte forse non maggioritaria, ma di certo molto rumorosa del pubblico. Commenti negativi e stroncature che non dicono granché dei prodotti a cui sono rivolte, ma dicono moltissimo di chi li esprime.

Sophia Nomvete in Gli Anelli del Potere – Credits: Amazon Prime Video

Davvero non siamo capaci di immedesimarci in qualcuno che non sia della nostra stessa etnia? Le storie servono anche a farci calare nei panni di qualcun altro. A darci la possibilità di condividere l’esperienza altrui, per quanto avventurosa e impossibile. Abbiamo così poca empatia? Siamo tanto attaccati al nostro privilegio da trasformarlo in un limite che ci impedisce di goderci spettacoli totalmente innocui per noi. E che però sono molto importanti per le comunità che in passato spesso non hanno avuto modo di vedersi rappresentate al cinema o in televisione.

Ancora una volta, perdiamo tempo prezioso a dibattere su questioni superficiali. Ma che dimostrano quanto radicato sia il razzismo nella nostra società. E non ci facciamo certo una bella figura.

Forse il film live-action della Sirenetta sarà bellissimo, o forse si rivelerà deludente. Ma una cosa è sicura. Lo spettacolo peggiore lo abbiamo già visto.

Maria Antonietta Carroni (31), sarda nostalgica, romana per colpa di un master in cinema e tv. Inventa storie ma le piace anche commentare quelle degli altri. E usarle come occhiali per vedere meglio la realtà. “Siamo tutti storie, alla fine”.

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